Attualità

05 aprile 2024

Le azioni fuori luogo (e fuori legge) del Ministro Valditara

Da quando a Palazzo Chigi si è insediato il Governo in carica e al Ministero dell’istruzione siede il Ministro Giuseppe Valditara, le scuole stanno subendo un profluvio di molestie che vanno respinte anche tramite lo strumento dell’ignorare. Respingimento per ignoramento è il miglior modo di fare in alcune occasioni. In altre occasioni, invece, occorre rispedire al mittente ingerenze, sollecitazioni, richieste, laddove esse attingano sia pur alla lontana il tema della didattica e dell’organizzazione scolastica che dal 1999 appartengono esclusivamente all’autonomia scolastica sancita poi dal Titolo V della nostra Carta fondamentale che quell’autonomia ha costituzionalizzato (anno 2001).

Quello che spesso accade, infatti, è che dal Ministero vengano messi in atto interventi che hanno tutto il sapore dell’intromissione in un territorio che è tutelato e protetto al più alto livello, cioè dalla Costituzione italiana, da quello che è il suo Articolo 33: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento”.

Quando il Ministro il 9 novembre 2022 scrive direttamente agli studenti per ricordare il crollo del muro di Berlino, egli sta commettendo un abuso di potere, che (e questo è uno dei casi di respingimento per ignoramento) può essere bellamente ignorato. Egli non può rivolgersi agli studenti imponendo di fatto una visione della storia che è solo sua, di parte, antiscientifica e propagandistica. Una riflessione sul comunismo che egli non ha titolo di fare. E non in quanto storico ma in quanto Ministro. Egli non può scegliere date e ricorrenze a suo piacimento e impartire lezioni su questo e su quello. Quando ciò avviene, la sua iniziativa deve essere semplicemente ignorata. Non c’è una legge, come per il giorno della memoria o il giorno del ricordo, che “prevede” (e non obbliga) l’organizzazione di iniziative specifiche. Il Ministro si colloca fuori legge quando scrive direttamente agli studenti. Nessuno può rivolgersi su nessuna questione, e tanto meno su questioni storiche, agli studenti. Questo è un compito esclusivo della relazione didattica. Egli tutt’al più può scrivere ai docenti che, poi, in assoluta autonomia, decidono cosa farne dei suoi messaggi più o meno storiografici.

Un altro intervento che colloca il Ministro fuori legge avviene quando nel febbraio 2023 a Firenze una Dirigente scolastica, a seguito di un’aggressione fascista avvenuta in città a danno di studenti antifascisti, prende una posizione pubblica molto bella ed educativa pronunciando queste parole, riprese da Gramsci: «non siate indifferenti ma impegnatevi perché l’indifferenza può portare alla fine della libertà».

Cosa fa il Ministro in questa occasione? Invece di lodare la Dirigente scolastica minaccia di sanzionarla. Un diluvio di prese di posizione delle scuole italiane a difesa della Dirigente scolastica e le manifestazioni di solidarietà antifascista che ne conseguono lo paralizzano letteralmente. Senza tralasciare il motivo della sua presa di posizione (possiamo immaginare da cosa nasca il suo zelo “anti antifascista”) e tornando alla nostra analisi, il Ministro commette, ancora una volta, l’errore fuori legge di voler dettare sulla relazione didattica dallo scranno del ministero. La legge consente alla Dirigente di intervenire nella relazione didattica che si pratica a scuola. Ma non lo consente a lui.

Il terzo episodio avviene a marzo di quest’anno, quando il Ministro invia un’ispezione alla scuola Iqbal Masih di Pioltello di Milano perché essa ha organizzato il calendario scolastico in modo tale che non si facciano lezioni il giorno conclusivo del Ramadan, visto che il 43% degli studenti è di fede musulmana. E così Valditara si colloca di nuovo, obbedendo ai furori degli esponenti del suo partito che sproloquiano di valori cristiani traditi, fuori legge. Perché lui non ha poteri di determinare l’organizzazione del calendario scolastico (può solo controllare che non vengano fatti meno di 200 giorni di lezione), perché la regione può aggiungere ai 200 giorni altri giorni e stabilire l’inizio delle lezioni in quella determinata regione, perché l’autonomia delle scuole ha il potere di adattare il calendario alle esigenze del territorio e delle famiglie. Cosa che è effettivamente avvenuta. Lo sfortunato ispettore si scervella per trovare l’introvabile e alla fine scopre che al calendario regionale (si badi, regionale) è stato sottratto un giorno. Fatichiamo ancora a capire dove sia lo “sgarro” della scuola. Ma, visto che tutto il mondo scolastico, senza eccezione alcuna, e anche la chiesa cattolica condannano senza mezzi termini l’intervento ministeriale, il Ministro si copre di ridicolo: il problema infatti non è già più quello di aver chiuso la scuola per il giorno conclusivo del Ramadan, ma quello di aver sbagliato il calendario regionale. Ma se non si fosse verificata questa coincidenza il Ministro se ne sarebbe accorto? E in quel caso sarebbe intervenuto? Probabilmente no. Alla fine la comunità educante della Iqbal Masih conferma la chiusura per il giorno conclusivo del Ramadan. Ad essere fuori legge (e fuori dalla nostra laicissima Costituzione) ancora una volta, è il Ministro. Perché, da quando esiste l’autonomia organizzativa e didattica, le scuole hanno armonizzato il calendario con le festività (pasquali, religiose e civili) partendo proprio dal fatto che in quelle giornate intermedie o finali le famiglie avrebbero fatto “ponte” e la frequenza sarebbe stata di fatto ridotta e conseguentemente ridotta anche l’attività didattica (non si va avanti con il “programma”, per dirla alla vecchia maniera). Ma c’è, a questo proposito, un’altra considerazione da fare: il Ministro chiede le “motivazioni didattiche” che hanno portato alla decisione della scuola Iqbal Masih. Ebbene, le motivazioni per consentire la chiusura non devono essere esclusivamente didattiche ma anche solo organizzative. Ciò prova ancora una volta l’ignoranza della legge da parte del Ministro, evidentemente offuscato da velame ideologico o pressato da ordini partitici.

Ora, arrivati ad oggi, siamo alla folle proposta di costituire classi differenziali che torna sulla questione di gelminiana memoria, riducendo addirittura dal 30 al 20% la percentuale massima di alunni migranti nelle classi. Ma ancora una volta: dov’è la legge? L’articolo 3 della nostra Costituzione non fa distinzioni di razza, di lingua e di religione, e lo straniero è tutelato dalle norme e dai trattati internazionali a cui la nostra legge deve conformarsi (art. 10 comma 2). Un consiglio, dunque al nostro Ministro del merito: desista da questa intenzione, in fondo figlia del peggiore sentimento di stampo nazionalistico; una legge di questo tipo sarebbe incostituzionale e un qualsiasi ricorso arriverebbe facilmente alla Consulta. Le classi plurali, plurali sotto ogni punto di vista, sono un’acquisizione civile del  nostro ordinamento; se egli vuole risolvere il problema, che pure qua e là potrebbe esserci,  di una differenza di apprendimento dovuto al fattore linguistico, si ricordi che l’individualizzazione dell’insegnamento è patrimonio della docenza italiana da tempo immemorabile e di cui forse egli stesso è stato beneficiario: si stanzino risorse aggiuntive con insegnamenti e potenziamenti linguistici dedicati laddove il fenomeno appare e…la questione è risolta. Ma, ripetiamo, eviti egli, come è solito fare, di collocarsi fuori legge, pena il respingimento per ignoramento che è quanto deve essere riservato a questi che altro non sono che maleodoranti deliri ideologico/politici.

L'autore

Armando Catalano