Ricerca

01 ottobre 2021

Francia. Ricerca scientifica: il j’accuse di Le Monde

“Da qualunque parte lo si guardi, il paesaggio si incupisce”: è appena l’incipit del duro editoriale che il direttore di Le Monde, Jérôme Fenoglio, dedica alla Ricerca scientifica francese, nel decennale del supplemento “Science & Medecine” del più noto, e più venduto (con oltre 400mila copie cartacee) quotidiano francese. “A poco a poco, l’irradiamento della ricerca francese si spegne, in un panorama della ricerca mondiale nel quale essa s’inscrive come una potenza sempre più mediana. Scarsità delle risorse pubbliche, della parte di Pil che ad essa viene destinata, di numero di pubblicazioni, di salari e di posti proposti: le ragioni di questa discesa sembrano numerose”, scrive il direttore di Le Monde. E aggiunge che la sua analisi non la si fa “per cedere al declinismo, ma per prendere le giuste misure dei rischi che comporta una tale tendenza, resa molto concreta di recente a causa dei ritardi nell’affrontare la pandemia da Covid 19”. E da qui parte un violentissimo atto d’accusa nei confronti della politica e del governo.

Scrive Fenoglio: “questo cedimento avrebbe dovuto situarsi al centro delle preoccupazioni dei governi che si sono succeduti negli anni scorsi, anzi, avrebbe dovuto costituire uno dei più temi importanti della campagna presidenziale che si apre. Ma non è il caso. Gli attuali governanti, come i loro predecessori, hanno di certo pronunciato parole di buona volontà e lanciato piani di grande respiro. Ma la causa della scienza non è mai stata prioritaria, l’attenzione verso essa non è mai stata sostenuta, come poco sostenuti sono stati gli sforzi conseguenti per invertire radicalmente il corso delle cose. Le politiche pubbliche, come gli investimenti privati, sembrano concepiti solo per limitare i danni, senza mai dare l’impressione di imprimere nuovo slancio”. Insomma, prosegue Fenoglio, “nel dibattito va ancora peggio. La ricerca di certo figura come un passaggio obbligato nei programmi di tutti i partiti. Tuttavia, essa non appare che troppo marginalmente nei confronti delle idee e delle opinioni. La traccia della campagna elettorale presidenziale che si disegna in questi giorni non fa che fornire una illustrazione deprimente e imbarazzante”.

La dura reprimenda di Fenoglio prosegue citando un “candidato nascosto” dell’estrema destra che ha riscritto “senza alcuna vergogna il passato”, episodio che dimostra la “necessità di una scienza storica che possa opporsi ai falsificatori di professione”. Ed ecco la stoccata, che ricorda molto da vicino una tendenza politica italiana a proposito della cosiddetta fuga dei cervelli. Per Fenoglio, “si mostrano ossessionati dagli stranieri che arrivano, ma molto meno tormentati dal numero di francesi che partono, come accade ai giovani titolari di un dottorato, i quali finiscono per espatriare a causa della stanchezza di attendere un posto all’altezza delle loro legittime ambizioni - e il caso del Nobel per la Chimica 2020 a Emmanuel Charpentier, ne fornisce un esempio illuminante”.

“Nel complesso”, scrive amaramente Fenoglio, “i dibattiti si concentrano su temi come la sicurezza o l’identità, al contrario di quanto accaduto nel corso delle legislative tedesche, nelle quali Verdi e liberali hanno ripetutamente sollecitato il loro pubblico soprattutto inscrivendo la ricerca come uno dei dossier centrali della loro campagna elettorale. In Francia, le scienze sono deliberatamente scartate dalla scena, poiché il tema della laicità possa giocare l’unico ruolo affidato alle scienze fin dal loro apparire in epoca moderna, ormai da tre secoli: opporre lo spirito illuminista, e il vigore del suo universalismo, nei confronti di tutti gli oscurantismi”. Secondo Fenoglio, tutto ciò può anche essere una buona cosa ma si dimentica che “la ricerca scientifica è uno degli elementi essenziali della vita democratica”. Perché? Perché “il suo metodo si oppone ai fantasmi e alle manipolazioni. La sua esperienza fornisce la misura dei rischi, come quelli legati a una crisi climatica che non cessa di aggravarsi, o come quella della pandemia da covid 19 che ci sta colpendo. Il bisogno della collaborazione ampia, spesso internazionale, si oppone alle mentalità localistiche”. E dunque, “è essa che detiene anche la chiave delle deliberazioni che devono condurre i cittadini a scegliere tutti i possibili destini futuri”. Ecco, conclude Fenoglio, “perché compia in modo durevole questa missione, occorre dotare la ricerca scientifica di una protezione, di mezzi e di considerazione pubblica. Ed è esattamente questo che rischiamo di perdere in Francia, se una presa di coscienza collettiva non impone il rilancio e la protezione delle risorse specifiche quali obiettivi essenziali del prossimo quinquennio presidenziale”. Fin qui il direttore di Le Monde, Fenoglio. Ma v’è da ricordare che Le Monde ha contestualmente pubblicato articoli assai critici e allarmati sul declino della ricerca francese. In uno di essi si lamenta che la ricerca francese è stata “sorpassata perfino dall’Italia nella top ten mondiale”, scrive con perfidia tutta transalpina David Larousserie in un articolo dal titolo “Les raisons du déclin de la recherche en France. Dépassée par ses concurrents en termes de productivité scientifique, la France voit son modèle miné de l’intérieur, dessinant une trajectoire qui l’éloigne toujours plus de son rang historique”. Pensando all’Italia, si potrebbe altrettanto perfidamente concludere che mal comune è mezzo gaudio, data la considerazione scarsissima che la ricerca ha nel dibattito pubblico e politico. Ma ha ragione Larousserie a chiedersi: dove ci porterà questa “oscena gara al ribasso nella ricerca pubblica dei paesi europei?”.

E quando potremo leggere su uno dei quotidiani italiani più letti un’analisi così vera e spietata sul destino della ricerca scientifica?

L'autore

Pino Salerno