Attualità

14 aprile 2022

Il 14 aprile del 1980 moriva Gianni Rodari. Il nostro ricordo in un colloquio con Ermanno Detti

Il 14 aprile ricorre l’anniversario della morte di Gianni Rodari. Maestro, partigiano, giornalista iscritto al Partito Comunista Italiano, viene ricordato soprattutto per le sue opere destinate a bambini e ragazzi.

Abbiamo chiesto un ricordo dello scrittore a Ermanno Detti, giornalista che da sempre si occupa di letteratura per ragazzi e che dirige la rivista "Pepeverde. letture e letterature giovanili”, edita da Edizioni Conoscenza.

Rodari è stato lo scrittore che, a partire dalla metà del secolo scorso, ha radical­mente rinnovato la letteratura giovanile in Italia, riuscendo a costruire un nuovo mondo letterario destinato ai bambini del quale nes­suno dopo di lui ha potuto fare a meno. Nella letteratura per l’infanzia esiste dunque un “avanti Rodari” e un “dopo Rodari”?

Sì, e mi spiego. Fino alla fine degli anni Quaranta nelle letture per i ragazzi dominavano i retorici eroismi di piccoli alpini, il vuoto e lacri­mevole patriottismo, il sentimentalismo, le marachelle un po’ goliardiche alla Gian Burrasca, le straordinarie abnegazioni di “donnine” tutte dedite al ricamo, alla cu­cina, all’economia domestica. C’erano alcune lo­devoli eccezioni che l’Italia possedeva da tempo, pensiamo a grandi autori come Carlo Collodi, Emilio Salgari o Sergio Tofano, che infatti furono i pochi autori italiani a cui Rodari fece riferimento. C’erano in verità anche molti giornalini cattolici ben fatti e c’era anche un giornalino laico, il “Corriere dei Pic­coli”, diffuso soprattutto nelle famiglie della borghesia (era nato nel 1908 come supplemento del “Corriere della Sera”). Ma quasi tutte queste gloriose testate erano state inquinate durante il fascismo da ragazzini in camicia nera e nel dopo­guerra sembrava che stentassero a ri­trovare la strada della democrazia piena.

In sostanza toccò a Ro­dari il compito di inventarsi una nuova poetica per l’infan­zia che a voler essere sintetici si potrebbe riassu­mere in una frase: unire i grandi valori dell’umanità al sano e semplice umorismo che caratterizza l’infanzia.

Credo sia proprio questo il grande contributo della sua letteratura, l’aver portato in opere per i piccoli idee e valori di un dibattito politico generale e averceli portati in modo così semplice e originale da ren­derli gradevoli a bambini, famiglie, bi­bliotecari, scuola. Rodari non dimentica mai che certe idee, certi valori possano essere substrato “morale” da intrecciare nelle opere rivolte ai ragazzi, perché crede che i ragazzi stessi siano intelligenti e riescano a comprenderlo anche nella metafora narrativa. Forse fino a oggi non è stato posto sufficientemente in primo piano il fatto che il grande autore di libri per ragazzi sia stato comunista, respon­sabile di settori della stampa di partito. Un aspetto che potrebbe apparire trascurabile, ma in questo caso le scelte politiche di Rodari ri­sultano utili proprio per capire il valore della sua letteratura.

Sull’orlo di una guerra nucleare, quando in Italia tra PCI e forze governative si era in pieno scon­tro, Rodari porta nelle sue storie gli ele­menti base dello stesso scontro frontale caricandoli però di ironia. Pensiamo a Cipollino, romanzo del 1951, dove il puz­zolente monello di famiglia operaia si ribella al principe Limone e al prepotente maggiordomo Pomodoro. Sempre evi­dente, ma più allusiva, questa istanza è nel divertente Gelsomino nel Paese dei bugiardi (1958), dove il piccolo Gelsomino combatte contro il bugiardo re Giacomone e fa trionfare la ve­rità.

Difatti negli anni Sessanta i toni dell’arte di Rodari sembrano mutare…

Sì, perché mentre gli anni Cinquanta furono un periodo di scontro e di aperta guerra fredda, dopo la ca­duta del governo Tambroni (1960) soste­nuto dalla destra, la tensione politica si andò allentando. Il pericolo della guerra fredda incombeva ancora sul mondo, ma in Italia arrivò il centrosinistra e per quanto il PCI restasse decisamente all’opposizione iniziò un dialogo più co­struttivo tra le forze politiche. Allora anche i toni di Rodari mutarono.

Quella degli anni Sessanta è la sua epoca più felice. Inizia a proporre con più chiarezza ai bambini tematiche fon­damentali per il futuro dell’umanità: la pace, l’uguaglianza, l'onestà, la democrazia, la solidarietà, l’attenzione verso i poveri e gli sfruttati, lo sviluppo dei popoli e la loro integrazione, la giustizia, la libertà, il progresso, le scoperte scientifiche, la dignità del lavoro, una profonda avversione verso gli egoi­smi.

Rodari insomma fa della militanza politica una militanza letteraria, raccontando ai bambini, ai ragazzi e spesso agli adulti, non certo la politica quotidiana del suo partito, ma quei valori umani fon­damentali, quei principi previsti dalla nostra Costituzione a cui, tra­scurati dai partiti di governo, attingeva l’ideologia dell’opposizione di sinistra. E seppe comprendere fino in fondo il mondo che cambiava attorno a lui.

Un valore importante pare essere quello della libertà, Rodari non mostra mai il minimo entu­siasmo per i regimi dittatoriali.

Il valore della libertà è così profondamente sentito che nel 1974 scrive un’opera specifica, dedicata al­l’importanza dell’essere liberi. L’opera, più volte rielaborata, si intitola Marionette in libertà e racconta la ribellione delle marionette contro il burattinaio che le fa muovere a suo piacimento grazie ai fili sulla testa. Le marionette, manco a dirlo, vincono e si liberano dal tiranno.

Il PCI continua la sua forte opposizione e soprattutto si consolidano nei partiti idee di pace e di democrazia. Allora Rodari inizia a proporre ai ragazzi sulle pagine liberali del “Corriere dei Piccoli” storie di progresso, di sviluppo e di pace. Qualche esempio: un piccolo gambero si ribella alla famiglia perché vorrebbe farlo camminare all’in­dietro mentre lui vuole andare avanti; compare lo scannone, arma efficace per disfare la guerra; il personaggio Giovannino Perdigiorno con la sua umanità indica strade alternative allo stress del capitalismo e del consumismo dilagante. In molte favole sono poi presenti i diritti fon­damentali dell’uomo, il valore della co­noscenza e della scienza, l’importanza del ridere e della felicità della vita.

Ci sono poi nella sua produzione elementi non sempre vicini alla rigida politica di partito e fino ad allora quasi assenti nella letteratura per bambini, come la speranza, l’utopia e il sorriso…

In tutte le sue composizioni, anche in quelle più serie, c’è la battuta, il gioco di parole, la trasgressione, lo sberleffo alla frase fatta o proverbiale. È una sorta di mondo alla rovescia, un guizzo che capovolge il punto di vista e strappa il sorriso o la risata. Fa parte della sua filosofia, che ripete più volte nei suoi articoli destinati agli adulti su giornali come “Paese Sera”, o “Giornale dei genitori”. Su “Noi donne” scrive nel 1961 delle sue filastrocche: “Ci sono filastrocche allegre e ce ne sono tristi, proprio come nel calendario si incontrano giornate d’oro e giornate nere; ma filastrocche senza speranza non ce ne sono, non le so fare”. Rispetto all’importanza del sorriso, utile alla crescita sana dei bambini, è sempre lapidario. Nella Grammatica della fantasia (1973), Rodari sa che questa idea del divertimento, della speranza e dell’immaginazione utopica è la chiave di successo proprio tra i bambini, che lo amano perché con le sue storie e le sue filastrocche li fa ridere e allo stesso tempo li fa sentire liberi e proiettati verso il futuro. E se lo sentono accanto.

Proprio nella Grammatica, Rodari sostiene che il bambino va aiutato ad allenare “l’immaginazione, a deragliare dai binari troppo consueti”. E aggiunge: “Con i bambini, nel loro interesse, bisognerebbe stare attenti a non limitare la possibilità dell’assurdo. Non credo che abbia a scapitarne la loro formazione scientifica. Anche in matematica, del resto, ci sono dimostrazioni per assurdo”. Difatti spesso nelle sue poesie si lascia andare alla costruzione di nonsense che, confessa più volte apertamente, ha mutuato dalla letteratura inglese.

Da queste idee, reiterate nelle opere suc­cessive, nasce la sua proposta generale nella Grammatica della fantasia, opera sulla letteratura per ragazzi ma destinata a un pubblico adulto: l’istru­zione, la conoscenza, i saperi, la creatività debbono essere alla base di una nuova società.

C’è, accanto all’idea della conoscenza, la necessità di formare una nuova coscienza sui principi di giustizia sociale. E in primo luogo l’uso della parola libera deve essere non solo con­sentita, ma posseduta da tutti “non perché tutti siano artisti ma perché nessuno sia schiavo”. Una strada semplice da capire ma difficile da realizzare quella che ci indica il grande scrittore. Consapevole del lungo cammino degli uomini verso la libertà vera, in alcuni momenti di scoraggia­mento scrive con una certa amarezza che è davvero difficile “liberare gli schiavi che si credono liberi”. Un ammonimento forte e valido per noi moderni che con le nuove tecnologie ci sentiamo spesso assolutamente liberi. Sì, diceva Rodari di fronte all’espandersi della tv di fine anni Settanta, le novità tecnologiche sono importanti, tutto dipende però dall’uso che di esse si fa. E soprattutto devono servire a risvegliare la coscienza e non ad addormentarla. Sono idee nuove e allo stesso tempo universali quelle che sorreggono le sue storie, per questo sono sempre valide.

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L'autore

Manuela Colaps