Cultura

09 febbraio 2022

“E allora le foibe?” di Eric Gobetti, storia di un ricordo (mal) condiviso

Anche quest’anno, come ormai avviene dal 2004, anno di approvazione della legge che istituisce il Giorno del Ricordo (la cui proposta era firmata da soli rappresentanti di Alleanza Nazionale e la cui approvazione è stata bipartisan), assistiamo a un moltiplicarsi di eventi volti a celebrare i fatti avvenuti sul confine orientale negli ultimi anni del secondo conflitto mondiale. Eventi su cui per troppo tempo si è avuto un vuoto. Ed è proprio in questo vuoto che si è innestata una narrazione pseudo-storica di quanto accaduto. Come chiarisce lo storico Eric Gobetti nel suo “E allora le foibe?”, titolo provocatorio di quelli che caratterizzano la collana Fact Checking, curata da Carlo Greppi per la Laterza.

Sono molteplici i luoghi comuni del tutto privi di fondamento e le definizioni inappropriate che permeano la narrazione delle vicende del confine orientale. Si parte dalla pulizia etnica, si passa per l’appellativo di “la nostra Anne Frank” affibbiato a Norma Cossetto, per (non) concludere con quello che probabilmente davvero dovrebbe preoccuparci: “la nostra Shoah”.

Attraverso un percorso limpido e, soprattutto, con il supporto delle fonti, Gobetti ci guida all’interno delle complesse vicende della Resistenza antifascista nei Balcani e dell’esodo istriano. Siamo nell’area che va dal Friuli Venezia Giulia (con gli ultimi due termini accostati all’area nell’Ottocento dal linguista Graziadio Isaia Ascoli per sostenerne l’italianità) all’Istria, oggi in Croazia. Le cosiddette terre irredente, che una visione più suprematista che storica vorrebbe italiane in quanto possedimenti di società lontane, complesse e articolate quali l’Impero romano o la Repubblica di Venezia, secondo il più classico schema colonialista per cui, se si conquista un territorio, è perché se ne ha il diritto.

Peccato che questa narrazione non tenga conto in alcun modo delle popolazioni slave, che nella follia pseudo-scientifica razziale del fascismo sarebbero giusto un gradino sopra gli ebrei, ma comunque al di sotto degli italici conquistatori. Da qui il processo di italianizzazione forzata portata avanti dalle squadracce già prima della presa del potere (dal 1922), si pensi alla trasformazione in –ich dei cognomi slavi uscenti per –ić, per fare un esempio.

Né, nell’uso delle definizioni di cui dicevamo, si tiene conto del fatto che “pulizia etnica” entra nel linguaggio comune tramite i mass-media negli anni ’90, in riferimento alle guerre in Jugoslavia; del fatto che Norma Cossetto, certamente arrestata e uccisa dai partigiani, non ha subito la sua sorte in quanto italiana, ma poiché figlia del principale e pertinace esponente del fascismo nell’area: Giuseppe Cossetto, già podestà e anch’egli ucciso negli stessi giorni mentre ancora militava nella Milizia Volontaria, ed essa stessa attiva nel G.U.F. di Padova. A ciò si aggiunga che continuare imperterriti a celebrare Norma Cossetto come martire italiana, in questo modo associando la violenza fisica subita dalla studentessa a un’offesa alla Patria offende la stessa donna che si vuole celebrare, che diviene simbolo e non persona (la donna come simbolo del Paese è il presupposto di tante discutibili narrazioni contemporanee).

Altro elemento privo di fondamento, già in parte accennato a proposito di Norma Cossetto, è quello che vede i barbari slavi comunisti andare a caccia di italiani. Non tiene conto questo argomento, delle divisione “Garibaldi”, costituitasi in Montenegro, e della divisione Italia, entrambe composte solo da Italiani che, dopo l’8 settembre 1943, decidono di imbracciare il fucile contro il nazifascismo, con le stesse modalità e persino (casualmente) con gli stessi numeri del partigianato in Italia nello stesso periodo (tra le 20 e le 30.000 unità).

E, a proposito di numeri, le cifre delle vittime delle foibe si gonfiano e si sgonfiano un po’ troppo spesso. Basti pensare che, in qualche trasmissione andata in onda sui canali nazionali, si è giunti a contare un milione (sic!) di infoibati.

Quello di Gobetti è un testo breve e narrato con un linguaggio che si adatta benissimo a un pubblico non specialistico. Ciò che, insomma, è utile per sfatare il falso mito degli italiani vittime, addirittura, di genocidio. Per far sì che si ponga fine all’accostamento inaccettabile tra la sorte dei deportati vittime della Shoah, messa in atto dai nazisti e dai fascisti, e quella di chi ha partecipato agli scontri tra la Resistenza slava (ma multietnica come tutte le Resistenze d’Europa) e gli occupanti fascisti, giunti nei Balcani nel 1941 dopo la discesa dell’esercito nazista che andava in soccorso del regio esercito sconfitto in Grecia.

Il libro di Gobetti rivela molto altro sulla questione, senza mai negare nessuno degli scabrosi avvenimenti avvenuti nell’area del confine orientale. Solo vi entra nel merito dal punto di vista storico, sia che si tratti della pratica di gettare i cadaveri nelle foibe (o nelle miniere come quella di Basovizza, impropriamente fatta assurgere a simbolo di ciò che non è), sia che si tratti del cosiddetto esodo istriano, in merito al quale sottolinea come, in realtà, fu proposto agli abitanti dell’area di fare una scelta, per quanto dolorosa per molti. Si tratta quindi di uno strumento che ognuno dovrebbe avere nella propria cassetta degli attrezzi, per evitare che si crei quel “corto circuito della memoria” che fa da titolo alla splendida intervista di Elisa Spadaro a Tullia Catalan, docente di Storia Contemporanea a Trieste. Certo, porre a una manciata di giorni di distanza la Giornata della Memoria delle vittime dell’Olocausto e l’artificioso Giorno del Ricordo, non aiuta nessuno nel processo di elaborazione dell’accaduto, figurarsi quei giovani studenti che si ritrovano, nel peggiore dei casi, a celebrare entrambi gli eventi nello stesso giorno, per non scontentare le parti (ma davvero ci possono essere parti?); così come non aiuta le giovani generazioni ritrovarsi esponenti politici nei corridoi delle scuole, intenti a “donare” fumetti come Foiba Rossa, o Una vita per Pola. Il risultato è una voluta confusione, tale per cui se i fascisti e i nazisti hanno portato avanti la folle impresa dello sterminio degli ebrei, dei Rom, di tutti coloro che non rientravano nel loro ordine malato, si può sempre rispondere con Viki di Casapound: «E allora le foibe?».

L'autore

Giuseppe Virone

FLC CGIL Pavia