Ricerca

23 giugno 2021

PNRR: come e dove aggiungere la R di ricerca al Piano nazionale di cui tutti parlano…

Gli acronimi nel mondo della ricerca sono molto diffusi e, qualche volta, generano difficoltà interpretative. Fino a un anno fa, ad esempio, gli unici dubbi relativi alla sigla PNR (Programma Nazionale della Ricerca) erano relativi al fatto che la P iniziale stesse per Piano o Programma.

La distinzione non è solo semantica, come si può intuire, e riguarda la visione, il grado di vincolo, la natura e le caratteristiche dell’impegno sottoscritto da chi approva. Ma pure la governance dei processi che si vogliono attivare, tanto più che nel panorama italiano l’unica certezza è data dal fatto che, per la nota condizione di instabilità, il governo che promuove la strategia non sarà quello che la attuerà, se non per la fase iniziale.

Ma proprio mentre si dava seguito alla progettazione del nuovo PNR (approvato a fine 2020 e pubblicato nei primi mesi del 2021) e, contemporaneamente si stava concludendo l’iter per la definizione del nuovo Programma quadro Europeo per la ricerca e l’innovazione (Horizon Europe, in sigla HE), anche questo lanciato ufficialmente in queste settimane, l’emergenza pandemica ha sconvolto piani e programmi e ha attivato un processo coordinato di sostegno ai paesi e alle loro economie, a livello europeo, che non ha precedenti.

Come ci ricorda Irene Tinagli in una nota su “ItalianiEuropei” il dibattito pubblico sulla adeguatezza della governance economica europea la accompagna dal suo avvio che risale al Trattato di Maastricht del 1992 e al Patto di stabilità e crescita del 1997.

Next Generation EU, del luglio 2020, rappresenta quindi una novità: di strumento, di contenuti, di procedure e di modalità di finanziamento, affidata a regole, valutazioni e controlli. Una novità complessa e articolata, difficilmente assimilabile con poche frasi ad effetto. Tanto più se la banalizzazione che ne viene fatta, relativamente al suo strumento più rilevante, il PNRR (altra sigla, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), è quella di un “serbatoio di risorse da spendere”.

Nel Piano la ricerca trova posto all’interno della “quarta missione”, insieme all’Istruzione, sotto il titolo “Dalla ricerca all’impresa” che già indica l’obiettivo e prefigura i percorsi. Complessivamente oltre 11 miliardi di solo PNRR sui cinque anni, integrati da circa 1.5 di ReactEU e Fondo complementare. Quasi 13 miliardi, quindi, su una capienza complessiva di oltre 235. Sono pochi, sono ben posizionati, sono coerenti con le scommesse e le esigenze?

La FLC CGIL nelle sue schede di lettura presenta con dettaglio contenuti e problemi e a queste rimandiamo per gli approfondimenti. Il giudizio complessivo segnala sia i (piccoli) cambiamenti intervenuti rispetto alla versione precedente di gennaio, sia il permanere di una inadeguatezza nel risolvere le principali debolezze, a partire da una sottovalutazione della ricerca di base.

Serve quindi aggiungere, con convinzione, una R di ricerca al PNRR, potenziandone ad esempio le, deboli, presenze in altre missioni. Ma anche fare leva, con le risorse straordinarie, sul bilancio “ordinario” e sui comportamenti degli attori, per adeguarli alle sfide e allinearlo alle esigenze.

Questo articolo verrà approfondito nel prossimo numero di Articolo 33 che è attualmente in stampa.

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L'autore

Alberto Silvani