L’attività degli operatori che lavorano con persone in condizioni di estrema marginalità si configura come lavoro sociale o social work, operando in contesti che richiedono contatto diretto ed esposizione a rischi fisici e psicologici. Essi creano percorsi di cura e cambiamento per il benessere degli assistiti, affrontando sfide legate a politiche sociali, risorse finanziarie e trasformazioni demografiche. A partire da un progetto di dottorato presso l’Università degli Studi di Bari, il presente contributo analizza i bisogni formativi degli operatori locali, con un’indagine sulle loro aspettative professionali. I risultati hanno portato allo sviluppo di un progetto formativo specifico per chi lavora con persone senza dimora, supportato da enti locali.
Molti studi mostrano una relazione positiva tra il rendimento degli studenti e la partecipazione della famiglia alla vita scolastica. La partecipazione delle famiglie può rappresentare un beneficio anche per l’intera comunità scolastica, contribuendo a condividere la responsabilità nei processi educativi e formativi. Il contributo prende in esame le motivazioni e gli obiettivi pedagogici e metodologici delle comunità di apprendimento che da più di venti anni sono andate consolidandosi con sempre maggiore frequenza all’interno del panorama educativo iberoamericano. Situando tale progetto all’interno della riflessione teorica circa la crescente importanza di un’educazione diffusa e continua lifelong, lifewide, lifedeep, necessaria per promuovere una cittadinanza attiva nell’attuale società dell’informazione, s’intende approfondire tanto il quadro concettuale che le buone pratiche che caratterizzano questa progettualità. Al contempo, attraverso uno studio di caso presso la scuola primaria Di Donato di Roma, vengono messi in evidenza anche alcuni possibili limiti e problemi che tale progetto comporta e, di contro, la possibilità di ovviarli assumendo solo parzialmente la metodologia originaria.
L’articolo esplora il tema della povertà educativa, le cui ripercussioni si estendono oltre l’ambito scolastico, alimentando disuguaglianza ed esclusione col rischio di esporre alla dipendenza economica, sociale e culturale alcuni individui rispetto ad altri. Contrastarla costituisce un impegno a tutela della libertà e dell’uguaglianza delle opportunità e una strategia vincente perché rafforza il capitale umano e favorisce inclusione e coesione. La via maestra indicata muove da un’interpretazione positiva della condizione di vulnerabilità che apre alla possibilità di sperimentare pratiche educative e policies mirate alla cura dei singoli affinché sviluppino il loro pieno potenziale e diventino parte attiva e responsabile della società.
Il presente studio di caso, condotto in una scuola secondaria di secondo grado della Campania ad alto rischio di dispersione scolastica, indaga le vulnerabilità sociali (Rumberger, 2011; Batini, 2023). L’analisi dei focus group rivolti agli studenti e delle interviste a docenti e Dirigente Scolastico rivela fragilità socioeconomiche, culturali e relazionali (Batini, 2014; Dell’Anna & Ianes, 2021). I risultati evidenziano l’importanza di relazioni educative autentiche e dell’ascolto attivo (Rogers, 1970) per intercettare i bisogni formativi. Dalle narrazioni dei partecipanti, la scuola emerge come potenziale spazio di rigenerazione umana e culturale, capace di offrire supporto e prospettive. La ricerca invita a riflettere sulla vulnerabilità educativa per lo sviluppo di interventi inclusivi contro la dispersione.
I siblings vivono esperienze complesse caratterizzate da specifiche vulnerabilità. La loro quotidianità è segnata da sentimenti contrastanti: dall’amore incondizionato alla frustrazione, dal senso di responsabilità alla percezione di essere in secondo piano nelle dinamiche familiari. Il dolore dei siblings può manifestarsi attraverso difficoltà relazionali, sensi di colpa e preoccupazioni sul futuro. I percorsi educativi dedicati a loro dedicati si configurano come occasione per elaborare questi vissuti e sviluppare forme di resilienza. Percorsi psicoeducativi, esperienze narrative, supporto emotivo ed educazione alla genitorialità rappresentano interventi efficaci per trasformare la vulnerabilità in risorsa, valorizzando il ruolo unico che i siblings ricoprono e promuovendo la qualità della vita.
L’articolo esplora il tema della fragilità sociale negli ambienti formativi, proponendo una rilettura critica della vulnerabilità come spazio generativo anziché deficitario. Attraverso una prospettiva interdisciplinare che attinge alla filosofia, alla sociologia e alla pedagogia critica, si sostiene che l’interazione con l’altro – in contesti segnati da disuguaglianze – rappresenti un’esperienza relazionale capace di attivare processi trasformativi individuali e collettivi. La vulnerabilità, lungi dall’essere ridotta a condizione da gestire tecnicamente, emerge come ambiente educativo in cui empatia, solidarietà e riconoscimento reciproco diventano princìpi fondanti per una pedagogia inclusiva. L’incontro con l’altro, in questa ottica, si configura come fulcro di una pedagogia della speranza, dove la fragilità si trasforma in risorsa per co-costruire sapere e promuovere giustizia sociale.
Il contributo esplora il Metodo Analogico di Camillo Bortolato (MAB) come approccio pedagogico innovativo per l’inclusione sociale in contesti di vulnerabilità. L’obiettivo è analizzare come il MAB promuova l’educazione in quanto atto di cura, valorizzando autonomia, relazione e apprendimento. La metodologia dell’articolo si basa su una revisione della letteratura e un caso studio. Le ricerche preliminari mostrano un impatto significativo del MAB sulle abilità numeriche, motivazione e attenzione, configurandosi come un approccio promettente e innovativo per un apprendimento efficace e inclusivo.
Il contributo riflette sulla vulnerabilità adolescenziale nel panorama contemporaneo con particolare attenzione ai giovani con background migratorio in contesti di povertà educativa. In questo scenario, la scuola assume un ruolo centrale come potenziale spazio di crescita e inclusione se si rivela in grado di promuovere processi di dialogo intergenerazionale e interculturale. Vengono discussi in particolare gli spunti provenienti dall’esperienza di Cantieri di dialogo, azione pilota realizzata all’interno del progetto Reinventare la cittadinanza (FAMI 3867), volta a promuovere azioni innovative di dialogo e partecipazione democratica in una scuola secondaria del quartiere San Siro di Milano.
L’articolo esplora il ruolo cruciale della scuola come spazio di rigenerazione sociale e culturale in risposta alle crescenti forme di vulnerabilità sociale. Attraverso un approccio pedagogico inclusivo e critico, si evidenzia l’urgenza di superare i modelli educativi assimilazionisti, valorizzando invece le diversità e promuovendo la giustizia sociale. Richiamandosi alle esperienze di Freire, Milani e Montessori, il testo propone un’educazione orientata all’emancipazione e alla cittadinanza attiva. La scuola è chiamata a costruire alleanze educative per contrastare esclusione, precarietà e diseguaglianze.
L’articolo presenta i primi risultati di un’indagine longitudinale sull’impatto dell’organizzazione flessibile del tempo scuola in una secondaria di primo grado. La ricerca evidenzia che la riorganizzazione oraria favorisce lo sviluppo di competenze personali, di autoregolazione e strategie di apprendimento degli studenti, migliorandone motivazione, concentrazione e atteggiamento verso la scuola, contribuendo al benessere complessivo e riducendo il rischio di abbandono scolastico.