Cultura

27 maggio 2022

Il cinema Odeon di Firenze cambia. Continua la protesta della città

FIRENZE- Dopo l’acceso dibattito nato nella città sulla trasformazione del cinema Odeon e l’appello, lanciato da Leonardo Bigazzi su Change.org e firmato da intellettuali e cittadini, Martino Montanarini, amministratore delegato di Giunti editore, e Gloria Germani, direttrice del cinema Odeon, hanno rivelato, in una nuova conferenza stampa, i più importanti cambiamenti che subirà lo storico cinema: una libreria a marchio Giunti con scaffali installati al posto della platea, il palco utilizzato durante il giorno per cultura, musica e teatro, mentre in galleria resteranno circa 180 poltrone per guardare i film che saranno proiettati soltanto la sera.

Leggi Una lettera d'amore per salvare l'Odeon

Ma i cittadini non ci stanno e continuano la loro protesta.

Abbiamo raccolto alcuni commenti:

“Ho cominciato ad amare il cinema da piccolina al mare. Lo zio della mamma possedeva una sala all'aperto. Una sala estiva. La casa era proprio attaccata allo schermo ed io mi addormentavo col suono di quelle voci. Con quei bisbigli misteriosi che parlavano a emozioni sconosciute. Poi il mio lavoro di attrice alla radio, in teatro e in cinema. Le mie collaborazioni ai grandi festival: France Cinéma,  Festival dei Popoli, dove curai la prima rassegna di Cinema africano, Cinema delle donne,  Cinema Svizzero, CinEuropa ecc ecc...e che dire dell'emozione di essere scelta in quanto attrice ed anche interprete di simultanea da Truffaut per la prima mondiale della “Donna della porta accanto”? Cinema appunto che tiene, trattiene e dà emozioni in uno scambio tra chi quel cinema lo guarda e chi lo fa. Uno scambio al buio, nel silenzio. Oggi é stato detto che la platea dell'Odeon sarà smantellata, tolte le avvolgenti, comode poltrone per lasciar posto a scaffali, che però si sarebbe potuto vedere documentari a ciclo continuo sentendoli col bluetooth, seduti, dove su panchetti?- in mezzo a chi parla, compra, entra e esce ....é una ferita per tutto ciò che il cinema rappresenta: emozioni condivise nel buio della sala. E così mi viene ancora un pensiero intimo e personale. Il mio primo documentario- docufiilm- fu proiettato in un Odeon strapieno. E sì conosciamo bene la galleria noi amanti del cinema, nonostante ciò era pieno...e mi dico che fortuna ho avuto a proiettarlo allora. Pensa che tristezza veder passare le immagini della guerra di Russia, le lacrime di chi racconta con una platea che segue e non segue, che paga, chiacchiera, in una monade isolata con auricolari...e no non potrei mai essere d'accordo, proprio per l'amore che ho per il cinema e di chi quel cinema lo fa, o essere felice di questa proiezione. Ogni pausa nel racconto, ogni suono, ha nel montaggio un suo perché che certo non sarebbe colto con questa fruizione mista. Mista che parola brutta...e io amo i libri, ne compro tantissimi ma lasciate vi prego la platea per il cinema. Pensate ad altre soluzioni per le idee che avete...per i libri...è pieno di spazi l'Odeon...pensateci.  L’Odeon è un cinema che ci invidiano anche all'estero”

(Ornella Grassi, attrice e regista)

“Il cinema Odeon di Firenze è stato inaugurato nel 1922. Si chiamava Savoia. Le “prime” italiane più prestigiose spesso si facevano all'Odeon. Ci andavamo con tutta la famiglia, almeno una volta alla settimana, se non due. Io ero una bambina. Seduta sulla poltrona gialla di velluto, guardavo in alto, sopra il palcoscenico, la grande scritta dorata a caratteri maiuscoli che riportava una celebre frase di Lorenzo il Magnifico, che diceva così: "Chi vuol esser lieto sia, del domani non c'è certezza."

Questa frase mi ha accompagnato per tutta la vita e mi sembrava, e ancora mi sembra, che essendo stata posta sopra il palcoscenico di un cinema, fosse quanto mai azzeccata e propiziatoria sia per la vita dei cittadini che per lo spettacolo tutto.

Adesso sembra che l'Odeon diventi una specie di supermercato di libri in mano alla Giunti, ditta dell'editoria fiorentina.

Peccato! Ci sono dei luoghi che dovrebbero essere preservati, come si preserva un lago, un bosco, un castello. Dov'è il Comune di Firenze? E' sempre presente quando si tratta di aprire Minimarket, ristoranti, pelletterie o per annaffiare i turisti che siedono sulle scale delle chiese ma è totalmente assente quando si tratta di nutrire lo spirito dei cittadini. Possiamo fare qualcosa? “

(Vanna Paoli, regista cinematografica, sceneggiatrice e scrittrice italiana)

“Purtroppo dopo l'incontro di oggi i nostri dubbi sono diventati certezze. Il progetto GIUNTI-ODEON intende stravolgere irrimediabilmente la sala storica del Cinema Odeon di Firenze trasformandola di fatto in una libreria con uno schermo.

A questo punto il nostro appello non può che essere rivolto alle istituzioni pubbliche perché facciano tutto il possibile perché questa trasformazione non avvenga e si trovino soluzioni alternative. Più di 5000 cittadini aspettano delle risposte Rosa Maria Di Giorgi, Eugenio Giani, Dario Nardella, Alessia Bettini, Cecilia Del Re, Cristina Giachi”.

(Leonardo Bigazzi, curatore de “Lo Schermo dell’Arte”)

“Tornando in treno, a fine giornata, capita di riflettere. Insomma, prendi la fine del cinema Odeon a Firenze. Aspetta, mettiamola giù così, la trasformazione del cinema Odeon. La capisco. Eppure non mi piace. Perché eppure? Perché a livello razionale ne posso anche capire le motivazioni. Arrivo pure a dire che comunque, anche se di fatto sparisce il cinema così come lo abbiamo conosciuto, almeno il matrimonio è con una libreria, benché l’officiante sia il sempiterno ristorante, piccolo, nascosto, in sordina (?), comunque un tributo a quei terribili mantra del food e del fashion, connubio che in questa città si moltiplica più dei piccioni (e dire che i piccioni ci danno dentro mica poco). E allora perché il progetto Odeon non mi piace? Perché rientra nel declino, tutt’altro che lento, ma anche tutt’altro che privo di responsabilità, dell’idea di città che alcuni di noi pervicacemente hanno e che, in parte, hanno vissuto. Il centro città, a geografia variabile, ma a destino comune, anche se più o meno cool in fatto di stravolgimento, è entrato almeno dalla fine degli anni Novanta in una spirale di decadenza, culturale, funzionale, sociale, e anche, in un certo senso, umana. La fortuna e la dannazione della bellezza. L’eterno ieri da spremere, a favore di rendita, di iban, di destini personali. Non si tratta solo di elencare la lunga schiera di cinema trasformatisi in mangiatoie, para-mangiatoie con qualche libro a far da arredo, serrande chiuse, alberghi, negozi di moda in serie, o, ai più fortunati, in librerie che resistono. Certo, l’Odeon era ed è l’ultima frontiera. Un po' come il famoso fortino del giapponese. O forse come l’avamposto di un posto che non esiste più. Un cinema in cui ognuno ha lasciato un ricordo, un primo appuntamento, un bacio, una comitiva di amici, una serata sì o una serata no, comunque un pezzo di memoria e di biografia. Ma lasciamo stare la sorte dei cinema, passati da luoghi dell’anima e delle pellicole da godersi in vagabondaggi notturni, specie invernali, a scatole replicanti senza l’odore, la vita e il calore del cinema quando era cinematografo e ci si andava per il film e non per il parcheggio. Il problema non è solo la scomparsa dei cinema. Il problema è la scomparsa della città. O meglio, la sua delocalizzazione in un altrove in cui non sempre si distingue Firenze da un qualsiasi altro agglomerato urbano a carattere residenziale. Una città che a un certo punto ha messo a rendita sé stessa. In un corto-circuito in cui le responsabilità stanno un po' ovunque. Nelle scelte pubbliche. Nei comportamenti privati. Si usa dire che le persone se ne vanno dal centro perché non ci sono servizi. Vero. Ma non di meno è vero che i servizi se ne vanno perché non ci sono più le persone. Il quartiere che corrisponde al centro storico si è progressivamente svuotato. Oggi conta circa sessantamila residenti, ventimila studenti stranieri (solo quelli Born in the Usa, poi ci sono gli altri), flussi di turisti che pre-Covid superavano i 15 milioni ufficiali all’anno a cui si devono sommare quelli “non ufficiali”, per arrivare a una cifra stimata superiore ai 23milioni. Una città iper-fruita, ma non sempre fruita bene. E si badi bene, qui non c’è nessuna polemica verso il turismo. Ben venga, lo immaginava (forse un po' diverso), pure l’Elettrice Palatina, figuriamoci se Firenze può non essere città del mondo. Ma una città non è solo un casello informale in cui il biglietto si riscuote in gelati, shopping, schiacciate (geniali a farne un “brand”, altra parolaccia, ma diciamoci la verità, ce ne sono tante altrettanto o più buone dove non osano gli influencer del panino), e consumi vari. Una città è la sua storia ma anche la storia che farà. E se ben sappiamo quale storia arriva dal passato, sfugge un po' quella che ancora va scritta. Una città sono anche i suoi abitanti, il sangue che scorre nelle sue strade, le vene della vita quotidiana. Le storie al piano terra della Storia. Una città è la rilevanza delle sue scuole, delle sue università, della sua cultura. Qualche centinaio di anni fa quei posti erano le botteghe dei Michelangelo, Vasari, Botticelli e compagnia. Oggi? Possibile che nel futuro della città tutto ciò sia a margine? Una città è anche l’idea di città di chi la deve amministrare. Ma anche di chi la deve vivere. E no, non basta preservare le scale elicoidali del Franchi. Non bastano nemmeno gli Uffizi, Boboli, Santa Croce, Ponte Vecchio, Palazzo Vecchio, il Duomo, il Piazzale, la Galleria dell’Accademia, e le altre innumerevoli testimonianze della incredibile capacità dell’essere umano di migliorare la natura integrandola con l’arte. Siamo partiti dall’Odeon. Cambierà. Inevitabilmente. Magari poi cambieranno altri luoghi: Costa San Giorgio. E altri ancora. Cambiare non è il problema. Il problema è il criterio con cui si cambia. Si cambia in nome di cosa? Di un’idea? Di un concetto di bellezza? Di un modello di sviluppo? O di una resa alla rendita di qualche gruppo internazionale? Anche qui, il profitto è legittimo, specie se crea lavoro per i membri di una comunità. L’intento non è demonizzare qualcuno o qualcosa. Questa è una città capace di dividersi su tutto, tutti, ovunque e comunque. Fa parte della sua storia, del suo carattere. Al tempo stesso è una città che sa “stare sul monte”, dell’umanità, della cultura, della pace, della bellezza, della storia. Un po' come il Sommo poeta, il più grande di tutti, e non di meno un rompipalle mica da poco. Prendendo spunto dall’Odeon l’intento era quello di auspicare una nuova primavera per questa città. Fatta di scelte e non di abiure. Fatta di persone e luoghi, investimenti duraturi e infrastrutture, orizzonti e non cartoline. Insomma, una primavera che non si limiti a ficcare su un grembiule a 20 euro la tela del Botticelli. Nel mentre le lapidi del glorioso passato di Firenze stanno a guardare, storcendo il muso”.

(Lorenzo Viviani, professore universitario)

L'autore

Vincenza Fanizza