Martedì 21 giugno la FLC CGIL ha promosso un confronto fra Andrea Gavosto, presidente della Fondazione Agnelli e Francesco Sinopoli, segretario generale della Federazione Lavoratori della Conoscenza. Il dibattito ha preso spunto dall’ultimo libro di Andrea Gavosto dal titolo: La scuola bloccata (Laterza 2022), un lavoro nel quale il presidente della Fondazione Agnelli denuncia quelli che ritiene essere i problemi cronici del sistema scolastico italiano come l’assenza di una politica selettiva e motivante del personale e l’assenza di formazione, e propone una serie di soluzioni.
Il confronto è avvenuto in un momento particolarmente “caldo” per la scuola perché si è svolto mentre era in atto la conversione in legge del decreto 36, una norma che contiene una serie di articoli riguardanti proprio riforma del reclutamento e formazione dei docenti, contro la quale buona parte delle lavoratrici e dei lavoratori della scuola ha scioperato il 30 maggio scorso.
Il dibattito è stato introdotto da Massimiliano De Conca del centro nazionale FLC CGIL e coordinato da Graziamaria Pistorino, segretaria nazionale della Federazione, che ha aperto la discussione chiedendo ai due ospiti: “La scuola è davvero bloccata o piuttosto è vincolata? Da questioni di bilancio, da scarsa lungimiranza, dalle troppe riforme che spesso si contraddicono tra loro. Cosa le impedisce di esprimere tutte le sue potenzialità? “
C’è innanzitutto un problema di “tempi lunghi” per Gavosto, una riforma fatta oggi nella scuola vede effetti dopo una generazione, dopo almeno un ciclo scolastico di 13 anni, è chiaro dunque che, con un’aspettativa di vita politica breve come quella attuale nel nostro Paese, è difficile impostare una riforma. Diventa allora prioritario per riformare la scuola: “Far parlare il Paese di scuola, coinvolgere le famiglie sulla qualità degli apprendimenti e avere una strategia lungimirante, di piccoli passi.
Il segretario generale della FLC CGIL pur concordando sulla necessità di aprire un dibattito pubblico sulla scuola, ha segnalato subito un altro problema: le riforme a costo zero e prive di una vera attenzione ai bisogni reali della scuola: “L’ultima vera riforma della scuola è stata quella della primaria (Legge 148/90 ndr) perché ha impattato realmente sulla vita del Paese e sulla vita dei bambini e delle bambine. In quel caso alla parola riforma corrispondeva una visione, era una risposta a dei bisogni e non coincideva con l’esigenza di realizzare un contenimento della spesa pubblica”. “Perché è questo il punto centrale, ha sottolineato Sinopoli, anche oggi affrontiamo l’ennesima riforma (dl 36/22 ndr) e lo facciamo in un contesto che vede il capitolo dell’istruzione come un capitolo su cui risparmiare. Si riforma il reclutamento senza investire nel sistema del reclutamento. Ma ogni volta che il sindacato pone questo problema gli viene rimproverato di guardare solo alle risorse senza badare all’efficienza, quando invece è chiaro che è nelle leggi finanziarie che si che si misura il peso delle scelte per il Paese”.
Il presidente della Fondazione Agnelli ha concordato sulla scarsità degli investimenti in Istruzione, ma ha aggiunto: “Bisogna dare molto di più alla scuola, ma chiederle anche di più: in termini di impegno orario, orari formalizzati di programmazione didattica e formazione, soglie di ingresso molto selettive in modo che diventi una professione di enorme prestigio sociale. Una professione che diventi molto impegnativa per tutti e con una vera progressione di carriera”.
Il segretario Sinopoli è invece convinto che “rispetto alle condizioni che vive, la scuola italiana riesce a fare tanto. Se ascoltiamo i racconti di chi la scuola la fa, riscontriamo un vero e proprio eroismo. Chi lavora nella scuola si sente perennemente abbandonato dallo Stato e così si sentono anche i cittadini che ci mandano i loro figli, perché si scontrano con limiti organizzativi evidenti del sistema”.
Allora cosa serve nella formazione dei docenti per cambiare la scuola? Per Gavosto c’è una parte positiva del decreto 36: finalmente antepone la formazione al reclutamento. È un passo avanti per il presidente della Fondazione Agnelli, che ritiene ugualmente importante arrivare a un percorso unificato di ingresso nella professione. Per troppi anni ci sono stati troppi modi diversi per accedere all’insegnamento.
Sinopoli ha subito aggiunto un elemento fondamentale nel malfunzionamento del sistema: il grado di precarietà, l’instabilità strutturale dell’organico scolastico: “Negli ultimi 4 anni mediamente abbiamo avuto un insegnante precario su 2: una situazione insostenibile. Sul reclutamento, ha aggiunto, abbiamo sempre insistito per la qualità della formazione, sempre voluto percorsi di formazione molto più strutturati attraverso il rafforzamento della formazione universitaria e dei tirocini perché, dice il segretario citando Bruno Trentin, più investi nella formazione, meno diventerà determinante la selezione. In questo decreto invece, quello che spacci per formazione è competizione. Non si può schiacciare la scuola nella sola dimensione individuale, si deve investire S nella formazione per tutti valorizzando la dimensione collegiale e dell’autonomia. E ricordarci anche dei collaboratori scolastici, gli assistenti amministrativi, i dsga anche per loro vale la formazione.
Il presidente Gavosto si è trovato d’accordo con Sinopoli sull’importanza della formazione in ingresso e sul fatto che 220mila precari sono un’oscenità, ma ha rimproverato al sindacato l’essere rimasto troppo a lungo attaccati al modello del doppio canale di immissione in ruolo.
Per Sinopoli il punto di convergenza per promuovere un cambiamento nella scuola è il salario. “Quando un docente laureato in una secondaria guadagna in ingresso 1350 euro e un assistente amministrativo 1040, questo è un problema che va affrontato, non è un problema del sindacato, non si può accettare. I salari vanno alzati, vorrei che si convergesse su questo e vorrei che lo dicesse anche la Fondazione Agnelli”.
Gavosto ha riconosciuto che le retribuzioni italiane sono basse, ma non è d’accordo che chiunque sia in classe meriti uno stipendio più alto, proprio per quello ripete: bisogna dare molto più alla scuola ma chiederle molto più.
Il segretario generale della FLC ha concluso con un impegno: “Lavoreremo perché alla scuola venga riconosciuto ciò che fa innanzitutto al tavolo contrattuale, dove si risolverebbero con grande soddisfazione molti problemi se venissero fatti i giusti investimenti”. Ancora una volta la scuola più che bloccata appare povera, in termini di investimenti e di visione politica. La scuola non è un capitolo di bilancio come gli altri e le andrebbe riconosciuta la giusta centralità nella vita e nello sviluppo futuro del Paese.