La rivista

Dibattito pedagogico

Educazione civica e cultura del lavoro: nuove linee guida, sicurezza e sfide didattiche nella scuola

Abstract

Le nuove Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica segnano un cambiamento significativo rispetto alla versione sperimentale, anche per l’introduzione, tra le otto tematiche già previste, della sicurezza sul lavoro. Un’aggiunta voluta dal Senato e accompagnata da perplessità dell’opposizione.

Le Linee guida, pur facendo riferimento a valori fondamentali per l’educazione civica, rivelano le contraddizioni di un disegno ambiguo e improntato a una visione individualistica, come evidenziato nel numero monografico di Articolo 33 del maggio 2024[1].

L’introduzione della sicurezza sul lavoro amplifica tali criticità, ma al contempo apre spazi di riflessione su un aspetto cruciale: il ruolo del lavoro come fondamento della cittadinanza.

Proprio il richiamo alla cultura del lavoro, definito dalle Linee guida “parte fondamentale di una educazione alla cittadinanza”, offre una chiave per ricomporre i molteplici riferimenti presenti nel testo.

Si propone un progetto educativo radicato nei saperi disciplinari, in cui il lavoro diventa principio ordinatore, da trasmettere fin dal primo ciclo di istruzione.

In questa prospettiva, Il Capolavoro[2] si configura come uno strumento prezioso per supportare gli insegnanti nel tradurre queste indicazioni in una proposta didattica.

 “… la contraddizione esplosiva fra un lavoratore, cittadino nella ‘polis’, abilitato al governo della ‘città’, ma privato (dagli uomini, non dalla natura) del diritto di perseguire anche nel lavoro la realizzazione di sé e di conseguire la propria ‘indipendenza’, partecipando alle decisioni che si prendono nel luogo di lavoro; del diritto di essere informato, consultato e abilitato a esprimersi nella formulazione delle decisioni che riguardano il suo lavoro. E l’esercizio effettivo di tali diritti pone immediatamente l’esigenza di riunificare nel lavoro quello che era stato separato da un muro invalicabile: come la conoscenza e l’esecuzione; come il lavoro e i suoi strumenti prima di tutto in termini di saperi; come il lavoro e l’attività creativa…

…. In altri termini, la questione della libertà nell’epoca moderna è divenuta la questione della riunificazione, anzitutto in termini di diritti e opportunità del lavoro e dei suoi strumenti di conoscenza e di decisione. L’imperativo delle forme moderne di democrazia, “conoscere per poter partecipare alle decisioni”, diventa irrealizzabile, se non coincide sempre più con l’affermazione di nuove forme di democrazia nel lavoro, che ne liberi le potenzialità creatrici, che riunifichi tendenzialmente il lavoro, l’opera e l’attività.

La possibilità di ricostruire un legame, una continuità fra questi diversi momenti dell’attività umana, e di ricostruire tale legame prima di tutto nel rapporto di lavoro subordinato, dipende però sempre più dalla possibilità di mettere in atto un’iniziativa consapevole volta a ridurre le forme di oppressione e di discrezionalità che gravano su tutte le forme di lavoro eterodiretto. La possibilità di trovare, in qualsiasi tipo di lavoro l’opportunità di realizzare un progetto personale è inestricabilmente legata alla conquista di sempre nuovi spazi di libertà e partecipazione alle decisioni in modo da sottomettere a un controllo effettivo tutte le forme di etero direzione”.

Bruno Trentin, da La città del lavoro, University Press, Firenze, 2014, pp. 219-222

La scuola si trova oggi a dover affrontare una sfida complessa ma essenziale: integrare in modo efficace i temi della sicurezza sul lavoro e del lavoro stesso nei percorsi educativi. Un obiettivo che, pur avendo trovato spazio nelle nuove Linee guida per l’educazione civica, rischia di essere depotenziato da approcci frammentati e da un’impostazione eccessivamente normativa.

La sicurezza sul lavoro: tra obbligo normativo e opportunità educativa

Il tema della sicurezza sul lavoro entra nel dibattito politico e scolastico con forza ogni volta che si verificano eventi drammatici di grande impatto emotivo. Episodi come l'incendio alla ThyssenKrupp, le morti di studenti durante tirocini in azienda o la strage nel cantiere di Firenze hanno suscitato indignazione e spinto all'adozione di interventi legislativi volti a sensibilizzare l’opinione pubblica e le giovani generazioni. Tra le proposte più significative, avviate da forze politiche di diverso orientamento, emerge quella dell’introduzione dell’insegnamento della sicurezza sul lavoro nelle scuole.

Dall’idea legislativa all’applicazione nella scuola

Il percorso legislativo ha preso avvio nel 2016, con la proposta avanzata dal deputato Antonio Boccuzzi[3], superstite dell’incendio alla ThyssenKrupp. In questa prima fase, la sicurezza sul lavoro era concepita come una materia strutturata, con l’esigenza di definire linee guida, formare i docenti e prevedere finanziamenti dedicati. Tuttavia, con atto del Senato[4], si è scelto di integrare la sicurezza sul lavoro all’interno del più ampio insegnamento dell’educazione civica. Questo “scioglimento” ha sollevato numerose critiche, soprattutto da parte delle forze di opposizione, che avrebbero preferito mantenere l’insegnamento della sicurezza come ambito autonomo, dotato di una propria consistenza didattica.

La modifica legislativa ha avuto conseguenze rilevanti sull’organizzazione scolastica: le 33 ore che avrebbero dovuto essere dedicate esclusivamente alla cultura della sicurezza sul lavoro, come proposto dal M5S e da FdI nel 2022[5], sono state invece ricomprese nelle 33 ore totali dell’educazione civica. Un compromesso che ha portato molti osservatori, come la Federazione Lavoratori della Conoscenza (FLC), a definire l’intervento «una montagna che ha partorito un topolino»[6]. Nei tre articoli legislativi che regolano questo trasferimento vengono stabilite finalità, contenuti e modalità didattiche: dalla formazione di cittadini consapevoli dei diritti e doveri del lavoratore, alle conoscenze di base in materia di diritto del lavoro e sicurezza, fino all’uso di testimonianze dirette di vittime di incidenti sul lavoro.

Sicurezza sul lavoro: una sfida educativa

L’introduzione della sicurezza sul lavoro, come parte dell’educazione civica, potrebbe rappresentare un passo avanti nella sensibilizzazione su temi cruciali per i cittadini del domani. Tuttavia, la riduzione delle ore dedicate previste e l’assorbimento di questo insegnamento in un contesto più ampio rischiano di limitarne l’impatto.

Il tema della sicurezza non può essere confinato a un elenco di norme o adempimenti burocratici: deve invece diventare un’esperienza viva e concreta per gli studenti.

Il Decreto Legislativo 81/08[7], che ha reso possibile l’introduzione della gestione della sicurezza in ambito scolastico, offre spunti preziosi per un approccio didattico che valorizzi la partecipazione attiva degli studenti.

Questo strumento legislativo, oltre a promuovere la sicurezza nei luoghi di lavoro, prefigura percorsi formativi interdisciplinari che integrano la sicurezza nella didattica in modo trasversale, arricchendo l’offerta educativa[8].

La scuola, infatti, potrebbe essere un laboratorio privilegiato per sperimentare comportamenti sicuri e coinvolgere gli studenti nella gestione della sicurezza.

Nonostante le intenzioni, però, l’approccio adottato si è rivelato riduttivo in quanto è prevalso l’aspetto normativo, mentre si sono perse di vista le potenzialità educative e formative che il tema della sicurezza può offrire.

La sicurezza come opportunità interdisciplinare

L’introduzione della sicurezza sul lavoro nell’educazione civica può comunque rappresentare un’opportunità se affrontata con un approccio trasversale e interdisciplinare. Affinché ciò avvenga è necessario considerare la sicurezza come parte integrante del più ampio concetto di lavoro, evitando di decontestualizzarla dai valori e dalle forme che il lavoro ha assunto nel tempo. Una visione riduttiva, centrata esclusivamente sugli adempimenti normativi, magari da imparare a memoria, rischia di svuotare di senso l’insegnamento, trasformandolo in un obbligo formale privo di una reale incidenza educativa. Adottare un approccio esperienziale, invece, consente di trasformare la scuola in un ambiente di lavoro simulato, una palestra per l’acquisizione di competenze che si rivelano fondamentali per la vita quotidiana e professionale.

In questa prospettiva, il tema della sicurezza potrebbe essere declinato non solo per gli studenti delle scuole superiori, ma anche per quelli più giovani, attraverso attività pratiche di monitoraggio e gestione dei rischi

Metodologie didattiche innovative: laboratori e compiti di realtà

Una didattica centrata sull’esperienza rappresenta la chiave per rendere questi temi significativi e coinvolgenti.

- Laboratori pratici e interdisciplinari: affrontare situazioni di rischio, progettare piani di sicurezza, analizzare casi studio reali.

- Testimonianze e incontri con esperti: coinvolgere sindacalisti ed esperti e vittime di incidenti sul lavoro, facendo leva anche su aspetti emotivi.

- Compiti di realtà: proporre agli studenti di gestire concretamente la sicurezza nell’ambiente scolastico, mappando rischi e promuovendo soluzioni pratiche, anche in collaborazione con le figure della prevenzione presenti nella scuola.

Questi strumenti, uniti a un’educazione della percezione del rischio, non solo sul lavoro ma in tutti gli ambiti della vita, sviluppano competenze essenziali come il problem solving, il pensiero critico, la collaborazione e la comunicazione efficace.

Dal dibattito tecnico all’arricchimento educativo

Il D.lgs. 81/08 ha aperto un dibattito tra i sostenitori di un approccio tecnico e normativo alla sicurezza e coloro che ne colgono il potenziale educativo e interdisciplinare. La scuola, vista come ambiente di lavoro, offre l’opportunità di sperimentare dinamiche relazionali, gestire situazioni di rischio e sviluppare competenze trasversali. Tuttavia, affinché ciò avvenga, è necessario inquadrare la sicurezza all’interno di una più ampia riflessione sul lavoro come valore sociale e culturale.

La sicurezza rimane dunque un aspetto imprescindibile, ma va affrontata nella sua complessità, tenendo conto delle molteplici variabili implicite nel lavoro. Solo così è possibile evitare letture semplicistiche e adempimenti formali, cogliendo invece l’opportunità di educare i giovani a comportamenti responsabili e consapevoli.

Il lavoro nelle Linee guida

Nelle Linee guida, la cultura del lavoro emerge come un «concetto fondamentale della nostra società», e il lavoro è riconosciuto non solo come elemento di definizione personale ma anche come cardine della vita comunitaria. La scuola, in questa prospettiva, diventa il luogo privilegiato per educare i futuri cittadini a una visione etica del lavoro. Le Linee guida affermano che «la cultura del lavoro è parte fondamentale di una educazione alla cittadinanza» e sottolineano l’importanza di insegnarla già dalla scuola, fin dal primo ciclo di istruzione. In considerazione del legame profondo tra scuola e società, il lavoro viene assunto come tema centrale per coinvolgere gli studenti, futuri cittadini, nella realizzazione di una convivenza più giusta e nella creazione di progetti lavorativi basati su equità, dignità, gratificazione, utilità sociale, rispetto, sicurezza e salubrità.

Ne consegue la necessità di valorizzare la dimensione del lavoro come luogo emblematico di innovazioni tecnico-scientifiche, ma anche come spazio di conflitto per la rivendicazione e l’esercizio di diritti, dalla libertà d’impresa alla tutela della salute. Questa prospettiva rafforza il ruolo sociale della scuola: «Una scuola che riflette sul lavoro mette sé stessa e i suoi studenti nella condizione di dialogare con gli attori presenti sul territorio, che siano agenzie formative, enti pubblici o privati, aziende produttrici di beni o servizi, al fine di promuovere un apprendimento permanente».[9]

Il lavoro diventa dunque centrale in un processo educativo che mira a formare giovani capaci di dialogare con i loro simili e con l’ecosistema di cui fanno parte. Il lavoro si configura come sintesi, un perno intorno al quale ruotano e si ricompongono le conoscenze frammentate nelle varie discipline. Si propone così un’educazione alla cittadinanza basata sull’interdisciplinarità e sull’integrazione curricolare. Le Linee guida suggeriscono infatti di «far emergere all’interno dei curricoli di istituto elementi già presenti negli ordinamenti e di rendere più consapevole ed esplicita la loro interconnessione». Questo approccio riconosce che le coordinate tecnologiche, sociali e organizzative legate al lavoro, insieme all’analisi delle loro forme storiche, sono già parte dei saperi disciplinari.

Grazie alla sua natura poliedrica, il lavoro può diventare il “significante”, ovvero il punto di riferimento ideale – l’ansatzpunkt, per usare una nozione dello storicismo critico tedesco – per sviluppare i saperi in modo organico, imprimendo coerenza e favorendo il coordinamento delle conoscenze. L’approccio tematologico può inoltre rappresentare una soluzione al rischio di frammentazione tematica presente nelle Linee guida, fungendo da principio ordinatore. Questa scelta trova conferme teoriche sia in ambito accademico sia tra gli autori di manuali scolastici, che considerano la tematologia una strategia didattica particolarmente valida per discipline come italiano e storia, auspicandone una gestione sinergica. [10]

Attraverso la lente del lavoro è possibile rileggere la Costituzione italiana, che rappresenta uno dei tre nuclei tematici dell’insegnamento dell’educazione civica previsti dalle Linee guida. Il carattere "lavoristico" della nostra Carta costituzionale facilita questo approccio: la Costituzione pone il lavoro come fondamento della cittadinanza – si è cittadini se si lavora[11] – e prevede che questa cittadinanza si esprima anche attraverso la partecipazione attiva al lavoro. Una concezione che assegna al lavoro una valenza etica e lo eleva a dovere civico, in quanto deve riferirsi a «un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società» (Cost. art. 4). Tale concezione include sia il lavoro subordinato sia l’attività individuale, purché contribuiscano al progresso sociale, ed esclude atteggiamenti che si configurino come forme di parassitismo sociale. [12]

L’approfondimento della Costituzione in chiave lavoristica consente inoltre di contrastare l’ideologia neoliberista che permea le nuove Linee guida. Queste ultime promuovono una visione individualistica e utilitaristica della società, enfatizzando la cultura d’impresa, l’iniziativa economica privata e la competitività dei rapporti sociali. L’idea dell’individuo come imprenditore di sé stesso, difensore della proprietà privata e promotore dell’impresa deve essere analizzata criticamente non attraverso prese di posizione ideologiche, ma attraverso dati concreti. È necessario mettere in evidenza le dinamiche economiche, sociali ed etiche legate a fenomeni come l’autoimprenditorialità giovanile, che spesso diventa l’unica alternativa occupazionale in un contesto di scarsità di altre opzioni.

Aspetti metodologici

Il lavoro, per il suo carattere concreto e per la possibilità di attualizzazione e contestualizzazione che lo caratterizza, si presta in modo particolare a promuovere, come indicato dalle Linee guida, un “apprendimento esperienziale”. Questo approccio mira a valorizzare, dal punto di vista metodologico-didattico, attività di carattere laboratoriale, casi di studio, seminari dialogici basati su fatti ed eventi di attualità, nonché esperienze di cittadinanza attiva vissute dagli studenti in ambito extra-scolastico.

La dimensione esperienziale avrebbe dovuto essere il fulcro dei percorsi di Alternanza scuola-lavoro, introdotti nel 2015 nella scuola secondaria di secondo grado. Tuttavia, questa innovazione è stata accolta dalla scuola – un’istituzione con una cultura e un’organizzazione spesso atipiche rispetto ad altri contesti lavorativi – con una certa diffidenza. In molti casi, è stata tradotta prevalentemente in adempimenti formali piuttosto che come una vera e propria metodologia didattica[13], risultando percepita come un ulteriore aggravio burocratico.

Di conseguenza, il lavoro, già depotenziato nella società della sua valenza etica e valoriale, è stato vissuto con sospetto anche nella scuola. Questo ne ha impedito una piena integrazione nelle attività educative con gli studenti, portandolo a essere considerato estraneo alle finalità scolastiche e, in generale, un ostacolo al “fare scuola”. Il passaggio dall’Alternanza scuola-lavoro ai PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento) non ha attenuato significativamente le criticità. Nonostante il minore impatto sulla curricolarità, i PCTO non hanno eliminato la contrarietà della scuola verso questi strumenti. L’approccio esperienziale, che avrebbe potuto arricchire il percorso educativo, ha prodotto spesso risultati inadeguati o, in alcuni casi, del tutto fallimentari. Lo stesso può dirsi per l’annunciata progettazione interdisciplinare, teoricamente aperta alla collaborazione con la comunità territoriale, che si è ridotta, in molti casi, a una concezione funzionale alle esigenze del mercato. La scuola è stata così percepita dagli studenti e dalle famiglie come un semplice “centro per l’impiego”, schiacciata dalle necessità delle imprese.

Un diverso approccio alla didattica attiva può nascere considerando e presentando agli studenti l’istituto scolastico come un vero e proprio ambiente di lavoro.

Estendere questa visione a tutti gli ordini scolastici potrebbe ampliare i presupposti per agire consapevolmente nel contesto fisico e sociale. Per esempio, sarebbe opportuno adottare universalmente l’obiettivo oggi previsto solo per la scuola primaria: «Individuare, con riferimento alla propria esperienza, ruoli, funzioni e aspetti essenziali che riguardano il lavoro delle persone con cui si entra in relazione, nella comunità scolastica e nella vita privata».

Un percorso storico-letterario per educare al lavoro

Il lavoro, inteso nella sua complessità, può fungere da principio ordinatore per superare la frammentazione disciplinare. La sua centralità consente di affrontare temi trasversali e interdisciplinari, spaziando dalla storia e dalla letteratura, che analizzano l’evoluzione del lavoro e dei diritti, alle scienze e alla tecnologia, che esplorano gli ambienti lavorativi e le innovazioni tecniche. Inoltre, approfondire la Costituzione italiana attraverso una prospettiva lavoristica offre agli studenti una chiave di lettura valoriale, contrastando visioni individualistiche e utilitaristiche presenti nelle nuove Linee guida.

Un esempio concreto di come il lavoro possa diventare un tema centrale nell’educazione civica è rappresentato da un libro in tre volumi, Il Capolavoro[14], un progetto che utilizza la storia e la letteratura per esplorare le molteplici dimensioni del lavoro. Attraverso un percorso cronologico, i volumi del progetto propongono laboratori che collegano il passato al presente, stimolando riflessioni su temi come i diritti dei lavoratori, le trasformazioni tecnologiche e i valori etici.

La metodologia laboratoriale incoraggia gli studenti a produrre contenuti, dibattere, confrontarsi con esperti e collaborare, sviluppando competenze trasversali e una consapevolezza critica indispensabile per il loro futuro.

La percezione del rischio, solitamente approfondita in relazione alla sicurezza sul lavoro, ma che trova applicazione trasversale in tutti i contesti di vita, con particolare rilevanza per gli adolescenti, è stato il punto di partenza di un’esperienza[15] che ha condotto alla stesura de Il Capolavoro. Tre volumi che propongono un percorso storico-letterario fondato sul lavoro, inglobando molti temi connessi all’educazione civica.

Se l’educazione è il lievito che deve far emergere la “dimensione civica” dei diversi saperi disciplinari, il lavoro ne rappresenta il principio attivo. Esso può fungere da filo conduttore e principio ordinatore per affrontare l’ampiezza degli ambiti previsti, offrendo una prospettiva capace di sintetizzare e favorire l’osmosi tra le discipline.

Ogni volume de Il Capolavoro include cinque proposte didattiche, organizzate cronologicamente. Attraverso l’analisi delle caratteristiche del lavoro nel passato, emergono spunti di riflessione tecnici, giuridici, sociali ed economici, che vengono rilanciati nei laboratori didattici in chiave di attualizzazione. I rimandi temporali tra passato e presente favoriscono una comprensione storica e suggeriscono analisi complesse su temi attuali, ad esempio: il confronto tra il soldato di ventura e il contractor moderno, tra le corporazioni medievali e i sindacati, o tra l’Europa rinascimentale e la “fuga dei cervelli”. Parallelismi come quello tra la filologia umanistica e il fact-checking o tra l’Encyclopédie e Wikipedia permettono agli studenti di connettere eventi storici con realtà contemporanee, mentre esperienze come quella di Adriano Olivetti offrono spunti per riflettere sulla “responsabilità sociale d’impresa”.

Questa strategia è coerente con l’indicazione di Chiara Moroni”[16], secondo cui è necessario sviluppare una storia che consenta di riflettere sul passato per agire sul presente. Come affermava Dewey, «Una delle funzioni dell’educazione è rendere gli individui capaci di scorgere i difetti dell’organizzazione sociale esistente e di lavorare per migliorarne le condizioni»[17].

Il ruolo degli insegnanti e la centralità del lavoro

In questa visione, gli insegnanti assumono il ruolo di agenti di cambiamento. Il Capolavoro si rivolge a quei docenti che, riconoscendo la centralità e il valore del lavoro, considerano quest’ultimo imprescindibile da un progetto educativo. Negli istituti orientati al mondo del lavoro, il legame tra educazione, lavoro e società deve guidare la preparazione degli studenti, formando futuri cittadini in grado di sviluppare capacità e talenti anche in funzione della loro utilità sociale. Come sostiene Dewey, «la società in ultima istanza viene servita dalle professioni dei vari tipi, e non da quegl’individui che, per quanto colti possano essere, considerano la loro cultura come una cosa così personale e privata da non collocarla in un rapporto vitale e organico con l’operosità del mondo».[18].

La letteratura, analizzata in chiave “lavoristica”, arricchisce l’offerta educativa. In particolare, la sezione dedicata alla “letteratura precaria” conclude Il Capolavoro utilizzando racconti di esperienze lavorative per indirizzare i giovani verso scelte di vita consapevoli e progetti socialmente significativi.

Proposte didattiche e modelli imprenditoriali

Le proposte didattiche de Il Capolavoro rispondono agli obiettivi delle Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica, includendo anche la complessa e controversa[19] questione dell’iniziativa economica privata. Ad esempio, si confrontano due modelli imprenditoriali emblematici: quello di Giovanni Agnelli («Un padrone che non esige che un’impresa dia profitto è un pessimo padrone» [20]) e quello di Adriano Olivetti («La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia» [21]).

Didattica laboratoriale e competenze trasversali

Al centro de Il Capolavoro c’è la didattica laboratoriale, che prevede attività come la realizzazione di prodotti, dibattiti argomentativi, confronti con esperti, ricerche di gruppo e role-playing. Queste pratiche sviluppano competenze trasversali quali problem-solving, collaborazione, creatività, comunicazione efficace e pensiero critico. Tali abilità, oggi riconosciute come indispensabili nei percorsi formativi, sono anche previste dal DDL 845[22], che introduce nei percorsi di istruzione e formazione le cosiddette “competenze non cognitive”. Esse rappresentano i presupposti fondamentali per partecipare alla vita democratica e accedere al mondo del lavoro con una “sicurezza psicologica” che favorisca l’autorealizzazione.

Cittadinanza digitale e relazioni con il territorio

I laboratori de Il Capolavoro offrono anche occasioni per concretizzare gli obiettivi della “Cittadinanza digitale”, come la capacità di accedere in modo critico, responsabile e consapevole a informazioni, fonti e contenuti digitali. Inoltre, il lavoro viene utilizzato come pretesto per attivare relazioni con istituzioni ed enti pubblici. Questo “filo rosso” collega iniziative che coinvolgono esponenti delle parti sociali e del terzo settore, offrendo occasioni di partecipazione e conoscenza del contesto sociale, nonché opportunità di orientamento per gli studenti (ad esempio, tramite incontri sul funzionamento dei Centri per l’impiego o la gestione di contratti di lavoro).

Un approccio etico al lavoro

L’analisi storica ed evolutiva di mestieri e professioni, anche non convenzionali, come quelle di soldati, insegnanti, imprenditori o attori, introduce elementi di complessità soprattutto sul piano etico. Questo approccio permette di identificare i criteri per definire un lavoro dignitoso, creativo e compatibile con le esigenze sociali, stimolando gli studenti a riflettere su scelte lavorative che siano gratificanti sia a livello personale sia collettivo.

Conclusioni: la scuola come palestra di cittadinanza

Il lavoro, fondamento della dignità e dei diritti della persona, è essenziale non solo per la realizzazione individuale, ma anche per il progresso sociale e civile. Questa visione trova attuazione nella scuola, luogo privilegiato per formare coscienze e competenze. Integrare il lavoro e la sicurezza nei percorsi educativi non è solo un obbligo, ma un'opportunità per trasformare la scuola in una “palestra di cittadinanza”. Attraverso approcci interdisciplinari e partecipativi, la scuola può educare i giovani a essere cittadini consapevoli, critici e responsabili, capaci di coniugare progresso, giustizia, dignità e rispetto per l’ambiente. Educare al lavoro significa mostrare il legame tra diritti, responsabilità e giustizia sociale. Attraverso il lavoro, gli studenti possono comprendere valori come solidarietà e partecipazione, sviluppando competenze professionali unite a una sensibilità morale che vede nel lavoro un contributo al bene comune.

A chiusura di questo contributo pare opportuno richiamare quanto affermato da Maura Striano: La formazione deve contribuire a sviluppare la consapevolezza storico-sociale del valore del lavoro. Il lavoro è parte integrante e costitutiva dell'esperienza umana. E quindi deve far parte dei curricoli formativi, tenendo anche conto che in esso è profondamente implicata una matrice educativa e autoeducativa.[23]


[2] [2] L. Bellina, S. Garzi, Il Capolavoro, Un percorso storico-letterario sul lavoro, 3 Volumi, Edizioni Conoscenza, 2020.

[3] Proposta di legge d'iniziativa del deputato Boccuzzi Introduzione dell'insegnamento dell'educazione alla sicurezza del lavoro nelle scuole secondarie di secondo grado Atto Camera 4184 del 21 dicembre 2016.

[4] Atto Senato 1060-A 26, dicembre 2016 Modifica all'articolo 3 della legge 20 agosto 2019, n. 92, concernente l'introduzione delle conoscenze di base in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro nell'ambito dell'insegnamento dell'educazione civica (in attesa dell’approvazione in ultima lettura della Camera).

[5] Atto Camera 373, 17 ottobre 2022 deputata Barzotti (M5S) Introduzione dell’insegnamento della cultura della sicurezza nelle scuole secondarie recepita dall’Atto Camera 630, 24 novembre 2022 deputato Rizzetto (F.d.I.) Introduzione dell’insegnamento, nelle scuole secondarie di secondo grado, del diritto del lavoro e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

[6] Insegnamento della sicurezza e prevenzione sul lavoro: la montagna ha partorito il topolino https://m.flcgil.it/scuola/insegnamento-della-sicurezza-e-prevenzione-sul-lavoro-la-montagna-ha-partorito-il-topolino.flc

[7] Art. 11 D.lgs. 81/08 “l’inserimento in ogni attività scolastica e universitaria…di specifici percorsi formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche, volti a favorire la conoscenza delle tematiche della salute e sicurezza, nel rispetto delle autonomie didattiche”. Il comma 4 dello stesso articolo contempla la possibilità di sviluppare ulteriori percorsi interdisciplinari nell’ambito e nei limiti delle risorse disponibili da parte degli istituti.

[8] L. Bellina, A. Cesco Frare, S. Garzi, D. Marcolina Gestione del sistema sicurezza e cultura della prevenzione nella scuola INAIL, MIUR 2013 Il manuale propone un’integrazione tra gli aspetti di tutela della salute a scuola e la promozione della cultura della sicurezza anche attraverso il coinvolgimento degli studenti.

[9] G. Bagni, F. Sinopoli Educazione e lavoro. Idee e proposte per un curriculo, Prefazione in L. Bellina, s. Garzi Il Capolavoro Edizioni Conoscenza 2020

[10] Tra gli altri Cesarani e De Federicis ne Il Materiale e l'immaginario, Luperini, Cataldi, D'Amely ne La scrittura e l'interpretazione e R. Luperini nel saggio Critica tematica e insegnamento della letteratura (cfr. A. Viti, I temi letterari per l'insegnamento scolastico, Note per una sperimentazione, 2013).

[11] G. Mari e al. (a cura di), Idee di lavoro e di ozio per la nostra civiltà, Firenze University press pag. 1217.

[12] G. Di Gaspare Il principio lavoristico nella Costituzione della Repubblica 2009 https://www.astrid-online.it/static/upload/protected/G_De/G_De-Gaspare_Cost-econ_Lavoro_02_02_09.pdf

[13] MIUR, Attività di Alternanza scuola lavoro Guida operativa per la scuola 5 ottobre 2015 p. 11.

[14] L. Bellina, S. Garzi, Il Capolavoro, Un percorso storico-letterario sul lavoro, 3 Volumi, Edizioni Conoscenza, 2020.

[15] S. Garzi, l. Bellina, A. Bruscagli, A. Cesco Frare Sicurezza in cattedra Progetto di promozione della sicurezza del lavoro per gli istituti ad indirizzo tecnico-professionale ISPESL Roma 2009.

[16] C. Moroni, La narrazione storica come strumento scientifico e creativo della Public History, Officine della storia, marzo 28, 2018 https://www.officinadellastoria.eu/it/2018/03/28/la-narrazione-storica-come-strumento-scientifico-e-creativo-della-public-history/ URL consultata 1.2.2024..

[17] J. Dewey, L’educazione di oggi, La Nuova Italia, Firenze, 1986 p. 331.

[18] J. Dewey. L’educazione di oggi, La Nuova Italia, Firenze, 1986 p. 308.

[19] Pubblicate le nuove Linee guida per l’educazione civica. Permane l’impostazione centralistica e la curvatura ideologica, ignorati quattro anni di esperienze nelle scuole, parziali e imprecisi gli accoglimenti delle indicazioni del CSPI 11/09/2024 https://m.flcgil.it/scuola/pubblicate-nuove-linee-guida-educazione-civica.flc

[20] Giovanni Agnelli junior, in Intervista ad Arrigo Levi sul capitalismo moderno, Laterza 1983.

[21] Adriano Olivetti, Citato in Furio Colombo, “L'Olivetti dei sogni perduti”, Il FattoQuotidiano.it, 27 novembre 2011.

[22] Introduzione dello sviluppo di competenze non cognitive e trasversali nei percorsi delle istituzioni scolastiche e dei centri provinciali per l'istruzione degli adulti nonché nei percorsi di istruzione e formazione professionale Seduta n. 243 del 20 novembre 2024

https://www.senato.it/leg/19/BGT/Schede/Ddliter/votazioni/243_318.htm

[23] M. Striano Il Lavoro come progetto educativo nel pensiero di John Dewey, in G. Mari e al. (a cura di), Idee di lavoro e di ozio per la nostra civiltà, Firenze University Press p. 824.

L'autore

Arturo Campanella

Già dirigente scolastico dell’Istituto Tecnico A. Malignani di Udine, dirigente tecnico con funzioni ispettive presso la Direzione Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per il Friuli Venezia Giulia