Attualità

15 settembre 2021

Egitto, Il processo contro Patrick Zaki rinviato al 28 settembre, con un nuovo e diverso capo d’imputazione

Patrick Zaki non nega di aver scritto l'articolo sulla minoranza copta in Egitto per il quale è stato messo sotto processo, ma respinge l'accusa di avere commesso un reato, avendo esercitato il diritto alla libertà di espressione. Nella prima udienza di un processo deciso all'ultimo momento con una nuova accusa, riguardante appunto l'articolo sui copti, il giovane ricercatore egiziano dell'Università di Bologna, in carcere "preventivo" per altre accuse da un anno e 7 mesi, ha ribadito la richiesta di scarcerazione, sostenuto in questo dalla sua difesa. Giunto ammanettato nell'aula del tribunale di Mansura, a 130 chilometri e circa 3 ore di auto dal Cairo, è stato liberato per il tempo in cui ha rilasciato le sue dichiarazioni. In aula è apparso in discrete condizioni di salute. Su richiesta dell'avvocata del giovane, che fa parte della ong umanitaria Eipr (l'Iniziativa egiziana per i diritti personali), il tribunale metterà a disposizione della difesa il fascicolo contenente le nuove accuse. La speranza è che il nuovo capo di imputazione, di cui si è saputo solo poche ore prima della convocazione dell'udienza, possa significare che le accuse che hanno determinato l'arresto di Zaki siano nel frattempo decadute. Per saperlo, è necessario che la legale abbia la possibilità di esaminare il nuovo dossier prima della prossima udienza fissata per il prossimo 28 settembre. All'udienza del 14 settembre, su sollecitazione dell'ambasciata italiana al Cairo i cui esponenti erano presenti in aula, hanno partecipato anche i rappresentanti delle sedi diplomatiche di Germania e Canada, oltre a un'avvocatessa egiziana che lavora per la delegazione dell'Unione europea in Egitto. L'accusa per cui Zaki è chiamato a giudizio è la diffusione di informazioni false, diversa da quella di "insurrezione" con la quale era stato arrestato al suo rientro da un soggiorno in Italia, nel febbraio 2020. "Tutto quello che sappiamo al momento è che Zaki viene giudicato per un articolo pubblicato nel 2019 sul sito Daraj", ha detto all'AFP la madre del giovane, Hala Sobhy Abdelmalek.

"La decisione del giudice del tribunale di Mansura di aggiornare al 28 settembre quella che risulta essere stata un'udienza lampo è comunque una notizia che evita lo scenario peggiore, quella di una sentenza emessa dopo la prima udienza", questo il commento all'ANSA di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, sull'udienza di Patrick Zaki. "Ora c'è tempo davanti per preparare la difesa, per sperare che ci sia un giudice imparziale, per vedere finalmente Patrick libero e non in manette come lo abbiamo visto oggi. E come sempre questo tempo che passa da un momento all'altro della vicenda processuale di Patrick dovrebbe essere utilizzato per fare pressioni sulle autorità del Cairo perché pongano fine a questo incubo", aggiunge Noury, ribadendo che "però, per il momento, nonostante la situazione drammatica, è quasi un sospiro di sollievo, perché lo scenario peggiore era quello di una condanna immediata e inappellabile".

Il testo dell’articolo di Zaki incriminato

"Non passa mese senza tragici episodi ai danni dei copti", i cristiani d'Egitto, "dai tentativi di espatrio nell'Alto Egitto, ai rapimenti, alla chiusura di chiese o agli attentati dinamitardi e simili": è una delle frasi dell'articolo pubblicato sul sito Daraj e sulla base del quale Patrick Zaki è stato rinviato a giudizio. "Questo articolo è un semplice tentativo di rilevare incidenti in una sola settimana dei diari copti egiziani", aggiungeva nel 2019 firmandosi "Patrick George, un ricercatore egiziano". "Ogni mese si verificano tra gli otto e i dieci dolorosi incidenti a danno dei copti", sosteneva il cristiano Patrick prendendo spunto da "un gigantesco atto terroristico" che costò la vita a 14 uomini della sicurezza egiziana: in quell'occasione gli abitanti di una città "protestarono contro la decisione dell'esercito" di intitolare una scuola a una recluta cristiana. "Un razzismo sistematico esercitato dagli abitanti del villaggio che i responsabili non hanno affrontato", cedendo alle pressioni della folla. Un altro caso descritto da Patrick è quello di un processo per una disputa ereditaria intentato dalla sua attuale legale, Hoda Nasrallah, non tanto per se stessa "ma per il bene di ogni donna cristiana" che affronta "ingiustizie" a causa della legge egiziana in vari campi, dal divorzio alle successioni. "Molti uomini cristiani approfittano del mancato riconoscimento della religione cristiana da parte della giustizia egiziana nella sua legislazione sull'eredità", denunciava il ricercatore. Il testo, che segnalava anche il caso di un giudice che aveva "respinto la testimonianza" di un ingegnere "perché è copto", manca però di evidenziare come la comunità cristiana d'Egitto appoggi convintamente a tutti i livelli il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi, considerandolo un loro difensore nei confronti della cristianofoba Fratellanza musulmana e dei tagliagole dinamitardi dello Stato islamico.

Bologna e l’Italia si mobilitano per la sua liberazione

"Come 19 mesi fa, Patrick è a Mansura e Bologna ritorna in piazza. Abbiamo sperato che non ce ne fosse bisogno ma ci tocca. Ci saranno tante persone come l'8 febbraio del 2020 a Bologna in piazza Maggiore a chiedere 'Free Patrick Zaki'", Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia annuncia un flashmob nel capoluogo emiliano, città dove Patrick frequentava un master europeo presso l'Alma Mater. E la stessa Alma Mater di Bologna è "in apprensione" per la sorte di Patrick. Un caso su cui il rettore Francesco Ubertini promette di tornare alla carica con il premier Mario Draghi, a Bologna. "La coccarda rossa che ho qua purtroppo da febbraio 2020 è proprio per ricordarmi in tutte le occasioni di citare Zaki, di pensare a lui e di chiedere aiuto alle persone che incontro", afferma il rettore Ubertini. L'apprensione però "è molta - insiste Ubertini - quello che ho letto sulle accuse continua a lasciarmi allibito. Si parla di una difesa della minoranza copta, quindi stiamo parlando di un reato di opinione: è una violazione della libertà di pensiero". In ogni caso, ribadisce il rettore, "con molta trepidazione aspettiamo quello che accadrà. Spero che, anche se con grandissimo ritardo, venga ristabilita la giustizia. Da parte nostra, e spero anche dai Paesi dell'Europa, questo è il momento di alzare ulteriormente l'attenzione. Io sono sicuro che ciascuno per la propria parte lo stia facendo. Noi ci attiveremo per organizzare momenti o azioni nei prossimi giorni", promette Ubertini.

L'autore

Pino Salerno