Cultura

24 novembre 2022

FOVEA PORTA COELI, una favola dell'anima

FOVEA PORTA COELI, scrive Fabio Campagna, autore del testo e degli spartiti, è un’opera poetica in musica che si ripropone di individuare un “symbolon” esteso: il corpo, la materialità come porta d’accesso al cielo. Era da tempo che le porte del cielo non vibravano dai gangheri. Perfino l’acqua di ogni liquido amniotico - passato, presente e futuro - ha avvertito l’estasi di quelle musiche. Ai quattro angoli del palco uno spazio sacro, ring apotropaico dell’anima, si è consumato un viaggio estatico. La chitarra (Fabio Campagna), struttura portante dell’intera opera, marcava sempre le stesse note, un mantra la cui risonanza accendeva il legno del flauto (Jordan De Maio), le corde del violino elettrico (Manuela Lioy) e i tasti del piano (Danilo Caposeno): il quartetto de La Muerte Roya. Lo spettacolo si apre al buio. Tutto è nero davanti agli occhi quando, dal lato sinistro fuori del palco, una luce e una voce si fanno corpo di adulto-e-bambina. Il loro sguardo è rivolto all’Eternità. È l’incipit del mondo che apre all’Opera: l’Arte si manifesta nella triplice unità del Bello, del Buono e del Giusto e, attraverso l’Invisibile, si fa Forma fisica e permea silenziosa nei Corpi degli Eletti a riformare l’Uno Unico, Originario, Acquatico. Il Mistero dell’Arca cozza con la magia degli anfibi: nascono girini e nuotano come i pesci proprio come il fragile embrione umano nel liquido amniotico e si adattano poi alla vita terrestre respirando coi polmoni. Non fu il diluvio, ma la separazione degli oceani la Grande Trasformazione. Il salto nell’Arca diventa l’apologia di un Viaggio Astrale (I've seen things you people wouldn't believe…) dall’essere al divenire, soffio vitale, “l’Ancora di Salvezza. Archetipo di Rinascita”.

Scena prima: FOVEA – Fabula Animae. Un faro verticale, stretto a cono, illumina la nebbia e i vapori che sembrano emergere dal cerchio di terra, in risveglio da un’alba umida. È Virgilio che scrive e racconta l’evento profetico, della Sibilla, nel corpo velato di Mariaelena Masetti Zannini, la cui visione descrive, attraverso le tre scene che compongono l’opera una rappresentazione simbolica della civiltà del Mediterraneo. Siamo sulla soglia, giunto è il momento. Eccola, l’epifania del Dio che indica il sentiero e dona la chiave della sacra Porta. L’ora di chiedere ai fati il responso attraverso la direzione del vento, il movimento delle foglie, l’Albero d’oro e il Ramo di vimini. La presenza di Proserpina scuote la terra tra l’ululato dei cani e il fruscio dei boschi, l’ombra della Dea si avvicina e Roma mostra in Amor il suo speculare doppio e mostra nella “Puglia, la linea di separazione tra Occidente e Oriente”.

Scena seconda: PORTA – Mortis Resurrectionis. Ecco apparir dal fondo della scena la Madre ctonia (Jessica Harris), Madonna bianca, biondo angelo di luce, Mutter Courage, che prima di entrare nella porta sacra compie con la figlioletta stretta nella mano otto giri attorno al cerchio, a espiar le colpe, a rigenerar la Vita, a riproporre il senso e far risorgere l’energia del femminile. (“Nell’abbraccio della Santa Madre Nicola e Giovanni da Foggia scolpiscono dell’uomo la Storia”)

Scena terza: COELI – Katabasis. La terza figura femminile è San Michele Arcangelo (Giuditta Sin) che con la sua lancia apre il solco e ed è essa stessa “il seme che cuce insieme la luce all’ombra, il corpo e l’anima”. La musica va in un crescendo sempre più veloce, sfrenato – si riconoscono i ritmi della pizzica – è la discesa agli inferi, l’attacco al Male. Dal pubblico si leva verso San Michele alta una voce, quasi interrogativa: Dalla civiltà dell’anima all’inciviltà dei data! e la Sibilla e l’Arcangelo si uniscono per mano a testimonianza dell’avvenuto patto di Rinascita.

Il pubblico, stregato e affascinato dall’apertura della porta mistica, a ogni inspirazione portava l’invisibile dentro di sé e si univa a quelle forme, colori e suoni della scena prendendo parte attiva a quell’evento mitico-rituale e chiudendo lo spettacolo con calorosi e prolungati applausi.

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L'autore

Marco Fioramanti