Politiche educative

28 febbraio 2022

Antonio Ruberti, il primo ministro dell'Università e della Ricerca

Lo scorso 8 febbraio il Comune di Roma ha celebrato la figura di Antonio Ruberti scoprendo una targa toponomastica a lui intestata in uno slargo adiacente l’ingresso dell’attuale Ministero dell’Università e della Ricerca. L'intitolazione è riferita all’artefice dell’istituzione del Ministero, il primo dei ministri che ne hanno assunto la responsabilità. La manifestazione e un’occhiata all’attempata platea che vi ha assistito, mi ha generato il dubbio che proprio coloro ai quali è stata maggiormente indirizzata la lungimirante azione di Ruberti, i giovani, (soprattutto se nati nel nuovo millennio) non sappiano bene chi sia stato nè il motivo per il quale gli si intesti una strada.

Ripercorrere le vicende politiche e parlamentari che hanno comportato la nascita del Ministero dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, credo sia un giusto tributo al promotore di un’iniziativa che ha segnato un salto di qualità nel governo di questo settore. Penso, al tempo stesso, possa essere anche l’occasione per svolgere un’aggiornata riflessione sulla strada seguita dalla politica universitaria e su quella eventualmente ancora da percorrere per rendere concrete e attuali le aspirazioni che hanno animato vita, idealità e impegno di Antonio Ruberti. Per riproporre un esempio di passione e di impegno per l’università e la ricerca che non sia nostalgico ma trainante per riprendere il filo di un discorso che, inevitabilmente il passare del tempo e le innovazioni economiche e sociali hanno reso datato. Che ha necessità urgente però di una responsabilità e visione profetica conforme a quella che traspare nei documenti parlamentari di quegli anni. Opinioni differenti, qualche volta conflittuali, appaiono sempre e comunque convergenti per un obiettivo condiviso e prioritario di offrire al Paese un’istituzione degna del suo passato ma al tempo stesso capace di proiettarsi al futuro*.

Non saprei dire, con franchezza, se l’università di oggi si mostri ancora degna della sua tradizione. Di certo è difficile immaginarla tedofora per una nuova società di cui si avverte l’esigenza e si intravede l’avvento. Il quadrifoglio di Antonio Ruberti, trent’anni fa ha disegnato e costruito i pilastri necessari per un sistema universitario adeguato alle aspettative della comunità in cui opera: governo del sistema, autonomia accademica, diritto allo studio e ordinamenti didattici. I pilastri restano comunque validi, la missione però deve rapportarsi a un mondo diverso e a una platea con cultura, costumi e attitudini dirompenti rispetto a quelle delle generazioni precedenti. La frattura attuale con il passato non ha riscontri con il graduale passaggio di testimone delle generazioni precedenti. Ai giovani avvezzi ad un contesto globale,  all’uso della rete e delle potenzialità che mette a disposizione, che hanno perso il senso dei confini tra paesi, culture, economie, ideologie, possono ritenersi tuttora appropriate istituzioni di formazione e trasmissione del sapere che non abbiano lo stesso respiro universale? Che non traggano dall’indistinto patrimonio culturale e scientifico comune a tutta l’umanità metodi e indirizzi per accompagnarli nei processi formativi e scientifici senza limitazioni corporative, settoriali o nazionalistiche?

Antonio Ruberti, ingegnere, divenne professore ordinario nell’Università di Roma nel 1964, e nel 1973 preside della Facoltà. Nel 1976 fu eletto rettore dell’ateneo e svolse il mandato fino al 1987. In quell’anno fu chiamato come Ministro nel primo governo Goria. Subito iniziò la sua battaglia per l’istituzione del nuovo Ministero che era stato previsto nel programma di governo. Ciò nonostante, il primo agosto Marcello Sorgi, sulla Stampa annotava: “Contrasti tra Galloni ( DC) e Ruberti ( PSI) per il nuovo ministero. Università, prima grana.  La gestione degli Atenei deve passare alla Ricerca scientifica. I socialisti: “Presto un decreto”. Replicano i democristiani: nessuna fretta.  Goria prende tempo e ricorda: ci sono degli impegni, li rispetteremo “. Sono le prime avvisaglie di un conflitto, più o meno latente, tra parte della democrazia cristiana e i socialisti, che soltanto la convinta e motivata determinazione di Ruberti, come vedremo, sarà in grado di superare positivamente. Le ragioni che giustificavano il suo affanno e la sua decisione, peraltro da tutti apprezzata, per giungere al  traguardo possono ben comprendersi se si ha riguardo alle discussioni che hanno animato il percorso legislativo e che gli interessati potranno leggere sulla rivista. Rileggendoli potremo giudicare se i propositi che le ispirarono abbiano valso la pena di tanto impegno, se l’Università di oggi sia coerente con la proiezione che si ipotizzavano al tempo. Soprattutto se il disegno dell’epoca, e quanto ne è coerentemente derivato, siano ancora funzionali alle esigenze del turbinio economico e sociale che contraddistingue la nostra epoca rendendo quanto mai incerta qualsiasi ipotesi di sviluppo. La stessa accezione di progresso di una società è sottoposta a riconsiderazione con variegate ridefinizioni. Sarà in grado l’Università, ridisegnata a quel tempo, ma sostanzialmente ancora attuale, dedita, per sua natura, a modalità di acquisizione e trasmissione del sapere più legate alla tradizione che al salto nel buio, a mostrarsi ancora attrattiva e in sintonia con una gioventù che sembra non accettare la gradualità del cambiamento?  Soprattutto che respinge spesso la condivisione dei valori e delle idealità che si stagliano netti da quei documenti parlamentari? A differenza degli anni ’90 è stravolta e stravolgente la società. Cultura, economia, formazione e ricerca scientifica non seguono gli stessi paradigmi di un tempo.Appare allora artificioso e improduttivo perseverare in qualcosa che non corrisponde più a un comune sentire. E’ tempo di lasciarsi alle spalle l’ignavia di un sostanziale immobilismo recalcitrante ad avventurarsi in sentieri impervi. Serve urgentemente mostrare la stessa caparbia fermezza di Antonio Ruberti e di quanti con lui si sono impegnati con ardore per offrire al paese un’istituzione con sembianze accattivanti per la platea cui si rivolge,  adeguata alle sue aspettative.

*Sul primo numero della nuova Articolo 33, in stampa, verrà approfondito il tema e si darà conto delle opinioni, dei dialoghi, delle convergenze e divergenze delle diverse forze politiche e parlamentari. Soprattutto però della vibrante passione con la quale si è affrontato quel dibattito.

L'autore

Fabio Matarazzo