Le Indicazioni Nazionali 2025 per il curricolo di Scuola dell’infanzia e Scuole del Primo ciclo hanno innescato, sin dalla prima bozza per il dibattito pubblico dell’11 marzo scorso[1], una discussione profonda tra le associazioni professionali e sindacali, il mondo accademico e le scuole stesse per la portata del cambiamento pedagogico in esse contenuto e per la decisa inversione di marcia rispetto al paradigma culturale delle Indicazioni Nazionali per il curricolo del 2012[2]. In verità si è trattato di un vero e proprio sussulto, nella scuola e nella società civile, che ha respinto con consapevolezza un modello percepito come ideologico, orientato al passato, identitario, decisamente fuori dal tempo e non adatto ad affrontare le sfide sempre più drammatiche del nostro presente. Un vasto movimento di opposizione, sorto spontaneamente dal basso come risposta critica al documento proposto dalla cosiddetta Commissione Perla, ha dato vita a un soggetto collettivo composto da più di 25 tra associazioni e sindacati del mondo dell’educazione denominato Tavolo nazionale per la scuola democratica in difesa dei valori costituzionali della scuola stessa. Una reazione a quella che molti hanno definito una pericolosa operazione di revisione della cultura democratica non solo della scuola.
Decisamente travagliata anche la stesura stessa delle nuove Indicazioni caratterizzata da un percorso alquanto criticato per il frettoloso e inautentico ascolto del mondo della scuola, per una composizione unidirezionale e unilaterale degli esperti facenti parte della commissione a cui è seguito un non parere del CSPI[3] che ha messo in rilievo numerose criticità del testo di natura anche sostanziale. Il supremo organo collegiale ha sottolineato infatti una non chiara definizione di obiettivi, conoscenze, abilità e competenze. Una scarsa valorizzazione del concetto di comunità e di cittadinanza globale. Una eccessiva centratura sulla trasmissività delle conoscenze in alcuni tratti ritenute prescrittive. E proprio la prescrittività, a volte reale, a volte solo percepita, è la linea ideale che intesse tutte le Indicazioni Nazionali 2025 che hanno, come da più parti sottolineato, una premessa ideologica nel saggio scritto a quattro mani dalla prof.ssa Perla e dal prof. Ernesto Galli Della Loggia coautori del libro "Insegnare l'Italia"[4], che racconta della necessità di rafforzare il legame identitario degli studenti con il Paese. Un libro che interviene direttamente con giudizi e suggerimenti anche sulla costruzione del curricolo scolastico specie di storia e geografia in cui proprio l’identità appare, per gli autori, un antidoto al multiculturalismo alla base delle Indicazioni Nazionali 2012 improntate invece a un carattere aperto, plurale e costruite sul principio dell’interazione e del dialogo. Si legge tra le righe dunque che le precedenti Indicazioni Nazionali sarebbero da archiviare proprio per quel tratto plurale di incontro tra soggetti, tra differenze, tra il dentro e il fuori della scuola, tra le discipline. Insomma quel famoso paradigma della complessità che necessariamente ha alla sua base l’inclusione sembra superato. Caratteristica delle nuove Indicazioni Nazionali 2025 è invece proprio la logica binaria del paradigma della linearità che, per sua natura, esclude e tende a separare e a stabilire linee nette e a tracciare confini. Confini della scuola, della cultura, delle discipline ottenendo un effetto semplificatore. Infatti, le nuove Indicazioni Nazionali 2025 ci restituiscono una chiara riduzione della lettura della realtà che ci circonda. La semplificazione, possiamo dire, che si appaia con la prescrittività che evidentemente offre ordine e gerarchia alla complessità. Molto poco coerentemente con gli strumenti che servirebbero oggi di fronte alla tragica ipercomplessità che stiamo vivendo. Il contrario di quello che le Indicazioni Nazionali del 2012 avevano intuito con la logica del dispositivo aperto e autoregolativo e di revisione a fronte dei cambiamenti. Sono definite infatti «testo aperto, che la comunità professionale è chiamata ad assumere e a contestualizzare, elaborando specifiche scelte relative a contenuti, metodi». [5]
Discutibili nel merito e nel metodo
Anche il Consiglio di Stato, da ultimo, nell’adunanza del 9 settembre scorso, nonostante una prima revisione della bozza per il dibattito pubblico che ha dato alla luce la versione del 7 luglio 2025 (epurata per la verità delle parti più manifestatamente improprie ma che ha mantenuto l’impianto ideologico inziale)[6], ha emesso un parere[7] che dà evidenza di una non sufficiente motivazione per la revisione delle indicazioni del 2012, di una analisi normativa che si presenta incompleta e inadeguata, di numerosi rilievi sui contenuti didattici. Così come l’iter che ha portato alla revisione delle Indicazioni, a partire dalla costituzione della commissione ad hoc, è apparso ai più molto irrituale se non artatamente funzionale a un impianto ideologico. È stato infatti modificato il percorso che pure era delineato dalla normativa che prevedeva, per gli aggiornamenti delle indicazioni, la convocazione di quel comitato scientifico nazionale per l’attuazione delle indicazioni nazionali e il loro miglioramento. In sostanza quel comitato coordinato dal professor Italo Fiorin (di cui facevano parte dodici componenti di alto livello accademico e del mondo della scuola di diversa ispirazione culturale) così come previsto dall’art 3 del Regolamento 254 del 2012 aveva il compito di «indirizzare, sostenere e valorizzare le iniziative di formazione e di ricerca per aumentare l’efficacia dell’insegnamento in coerenza con le finalità e i traguardi previsti nelle indicazioni nazionali». L’aver dismesso la procedura ha segnato un intento chiaro di revisione culturale profonda che peraltro è stato più volte reso noto in diverse esternazioni sulla stampa dalla stessa presidente Perla e dallo stesso ministro Valditara che hanno appunto sostenuto che «il modello progressista va archiviato» reo di aver prodotto un relativismo pedagogico e una certa deriva sindacale identificati quali responsabili dell’attuale crisi del sistema scolastico. Di qui il ripristino di un certo verticismo, di una certa linearità, di una certa prescrittività. È apparso dunque chiarissimo che si stava mettendo in atto una revisione dell’intero impianto del sistema di istruzione (non sarà questa la sede per descrivere i diversi e numerosi provvedimenti legislativi e ordinamentali in atto che sono andati e continuano ad andare nella stessa direzione) con una intenzione dirigista assai lontana dalla concezione della comunità educante che progetta, con l’autonomia costituzionalmente conferitale, la propria proposta formativa nel rispetto dell’autonomia scolastica e della libertà di insegnamento. La scelta di aver ignorato quel percorso di miglioramento continuo presente nel testo del 2012 ha significato, oltre a imprimere una ben marcata identità alle nuove indicazioni, una compromissione di quello spazio di progettazione autonoma che veniva lasciato alle scuole quali protagoniste nell’intercettare i cambiamenti e i nuovi bisogni alla base delle singole proposte formative. E dunque tra le numerosissime analisi del documento che da più parti sono state fatte la compromissione degli spazi di autonomia scolastica ha fatto sì che il nuovo testo sia stato da più parti dichiarato inemendabile per la lesione di quel principio, costituzionale appunto, che non può essere messo in discussione da nessuna revisione e da nessuna commissione.
Autonomia, ma fino a certo punto
Per la verità il testo delle Indicazioni Nazionali 2025 in diversi passaggi riconosce la necessità di una autonomia delle scuole nella progettazione dei curricoli. Ma questo orizzonte è di fatto contraddetto da una curvatura tutta rivolta al passato che vede nelle conoscenze il fulcro dell’apprendimento e nel solo docente il centro dell’insegnamento. Nella sezione definita «l’organizzazione del curricolo di scuola – si legge – […] nel rispetto e nella valorizzazione dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, le Indicazioni Nazionali per la scuola dell’infanzia e per il primo ciclo propongono un cambio di paradigma rimettendo al centro la valorizzazione delle conoscenze che sono la base fondamentale per lo sviluppo delle competenze identificate nel Profilo dello studente. Per questo le Indicazioni Nazionali reintegrano pienamente la dimensione delle conoscenze offrendosi come un chiaro quadro di riferimento per la progettazione del curricolo verticale delle scuole».[8] Questo passaggio mette seriamente in discussione l’autonoma progettazione dei curricoli da parte delle scuole indirizzandole in modo improprio. Come del resto sembra comprimere la natura di costruzione dei curricoli un ulteriore passaggio presente nella stessa sezione laddove si legge: «Le Indicazioni Nazionali portano all’attenzione degli insegnanti il tema del curricolo verticale costruito anche grazie alla individuazione delle cosiddette ‘conoscenze essenziali’. Il principio da seguire nella costruzione del curricolo è, infatti, quello del non multa, sed multum. Non occorre insegnare tante cose (di italiano, di arte, di musica, di matematica, di tecnologia ecc.) non sempre comprese dagli studenti, ma poche ed essenziali conoscenze, approfondite in aula con grande accuratezza e dovizia di esperienze di apprendimento».[9]
Tale prescrittività sembra poi essere mitigata, solo all’apparenza, laddove si esplicita che il curricolo «è un lavoro pratico, altamente decisionale, espressione del lavoro vivo degli insegnanti e dell’impegno di scuole che sono comunità educanti e professionali insieme».[10] Ci sembra di poter affermare però con una certa sicurezza che la costruzione di un curricolo non sia un lavoro pratico, ma come ben descritto nelle Indicazioni Nazionali del 2012 «espressione di libertà d’insegnamento e di autonomia scolastica» esso rappresenta nella sua costruzione «le scelte della comunità scolastica e l’identità dell’istituto. La costruzione del curricolo è il processo attraverso il quale si sviluppano e organizzano la ricerca e l’innovazione didattica»[11]. Ricerca e innovazione mai presenti nelle Indicazioni Nazionali del 2025 poiché questi due ultimi concetti invero rappresentano l’antidoto per eccellenza alla prescrittività.
Indicazioni o prescrizioni?
Bisogna partire dall’origine dell’autonomia scolastica e dalla definizione di curricolo per meglio comprendere come le Indicazioni Nazionali 2025 siano il frutto di un grave travisamento sia della norma sia delle teorie pedagogiche e delle prassi didattiche che ogni giorno le scuole mettono in atto. Dai passaggi citati, ma più in generale dall’impianto stesso delle Indicazioni Nazionali 2025, si evince quel ritorno al paradigma della linearità che ci suggerisce una percezione di prescrittività che però le indicazioni nazionali non hanno nella loro funzione normativa e regolativa. Vale la pena dunque descrivere la natura e la funzione delle indicazioni nazionali che è indissolubilmente legata alla nascita dell’autonomia scolastica. Autonomia che è introdotta nel sistema scolastico dal 1° settembre del 2000 e che si inserisce in una lunga stagione di riforme in senso autonomistico e di decentramento amministrativo nel nostro Paese. Stagione che vede il superamento del centralismo (a cui invece sembra di nuovo guardare l’attuale momento) a favore di un consistente spostamento di potestà deliberative dal centro agli organi periferici per far rispondere al bisogno di una conoscenza diretta e più precisa delle richieste e dei problemi da risolvere attraverso un processo di democratizzazione della pubblica amministrazione e del ricorso al concetto di sussidiarietà. In questo contesto si inserisce l’autonomia scolastica regolata dal DPR 275/1999 che indica l’insieme delle norme che regolamentano l’autonomia delle scuole attribuendo ad esse il compito, nell’ambito di un sistema unitario nazionale di istruzione, di rispondere alle esigenze del territorio e di favorire il successo scolastico. Questo percorso ha prodotto un cambiamento fondamentale anche negli approcci didattici: da un sistema centralistico basato sui programmi ministeriali si è passati alla progettazione curricolare a livello di scuola. Le Indicazioni Nazionali dunque sono il punto di riferimento per l’elaborazione del piano dell’offerta formativa, fondamentale per definire l’identità dell’istituzione scolastica autonoma. La progettazione didattica si concretizza nella stesura e nell’approvazione di un curricolo verticale e disciplinare che diventa a tutti gli effetti il cuore dell’offerta formativa. E certamente gli elementi distintivi dell’autonomia scolastica e vero nucleo centrale sono l’autonomia didattica, organizzativa, di ricerca, sperimentazione e sviluppo. La finalità dell’autonomia risiede dunque nella valorizzazione delle potenzialità di ogni alunno e nella traduzione di tali potenzialità in competenze (non in conoscenze). È l’art. 1 del DPR 275/99 a dirci la natura e lo scopo dell’autonomia che è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo culturale e si sostanzia nella progettazione e nella realizzazione di interventi di educazione, formazione e istruzione mirati allo sviluppo della persona umana, adeguati ai diversi contesti, alla domanda delle famiglie e alle caratteristiche specifiche dei soggetti coinvolti, al fine di garantire appunto loro il successo formativo. L’art. 4 del citato DPR 275/99 ci guida verso la definizione di autonomia didattica laddove recita che le istituzioni scolastiche «nel rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa delle famiglie e delle finalità generali del sistema, concretizzano gli obiettivi nazionali in percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e alla crescita educativa di tutti gli alunni, riconoscono e valorizzano le diversità, promuovono le potenzialità di ciascuno adottando tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo». Che l’autonomia sia indissolubilmente legata alla progettazione del curricolo è esplicitato all’art. 8 del Regolamento il quale prevede che ogni scuola, nel proprio Piano dell'Offerta Formativa deve determinare il curricolo obbligatorio per i propri alunni, integrando la parte stabilita a livello nazionale con quella di libera scelta della scuola. Questo approccio garantisce l'unità del sistema scolastico e, allo stesso tempo, valorizza il pluralismo culturale e territoriale, adattandosi alle esigenze degli studenti e del contesto locale. Mentre l’art. 16 del DPR 275/99 delinea le competenze degli organi della scuola che devono garantire l’efficacia dell’autonomia della scuola stessa.
Un quadro complesso quello dell’autonomia e del rapporto con la costruzione dei singoli curriculi che vede le indicazioni come quadro unitario del sistema e il curricolo come frutto dell’autonomia scolastica stessa. Complessità che appare ora decisamente semplificata oltreché dall’impianto generale anche dal linguaggio decisamente assertivo che sembra far coincidere le indicazioni per il curricolo con il curricolo stesso. Sembra sparita infatti la dimensione dialogica tra la cornice generale e il curricolo di scuola con uno schiacciamento prescrittivo delle nuove indicazioni che, a ragione, molti hanno definito nuovi programmi. Linguaggio prescrittivo che a tratti si fa esortativo nella promozione enfatica di quella identità nazionale e di quel risveglio patriottico già a partire dalla scuola dell’infanzia. La linea pervasiva della prescrittività e del rispetto delle regole più che della co-costruzione dei percorsi di insegnamento/apprendimento è molto evidente nella declinazione del concetto di libertà presente nella premessa generale alle nuove Indicazioni Nazionali. Si legge infatti nella sezione “Libertà, cura di sé ed etica del rispetto” che a scuola si impara l’educazione alla libertà che è «sviluppo del senso morale e comprensione del principio di autorità» e che «grazie al lungo allenamento all’autogoverno garantito negli anni di frequenza scolastica, e in virtù delle ‘regole’ (regole di comportamento, ma anche regole tratte dai contenuti e dai metodi delle stesse discipline, come, p.e., le regole di grammatica o le regole dei giochi in palestra), l’allievo interiorizza il senso del limite e un’etica del rispetto verso il prossimo».[12]
Libertà dunque come rispetto dell’autorità e delle regole. La libertà stessa che si curva alla prescrittività. Che evidentemente fraintende e infrange anche normativamente il senso stesso dell’autonomia scolastica e della libera costruzione dei curricoli.
[1] https://www.mim.gov.it/-/pubblicato-il-testo-delle-nuove-indicazioni-per-la-scuola-dell-infanzia-e-primo-ciclo-di-istruzione-materiali-per-il-dibattito-pubblico
[3] https://www.mim.gov.it/documents/20182/8782792/m_pi.AOODGOSV.REGISTRO+UFFICIALE%28E%29.0028754.30-06-2025.pdf/6e3d92b7-bf67-f396-1910-485aee1fbc24?t=1751275912422
[4]Perla Loredana e Galli Della Loggia Ernesto. Insegnare l’Italia. Una proposta per la scuola dell’obbligo. Scholé 2023
[5] Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del Primo Ciclo 2012, pag. 15
[6] https://www.mim.gov.it/documents/20182/0/INDICAZIONI_NAZIONALI_7_7_2025.pdf/63802aed-f9f4-dd6e-f427-c45aa9222f31?version=1.0&t=1751893295452
[7] Consiglio di Stato, 17 settembre 2025, n.00829/2025
[8] Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’Infanzia e del Primo Ciclo 2025, pag. 21
[9] Ibidem
[10] Ibidem
[11] Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del Primo Ciclo 2012, pag. 12
[12] Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’Infanzia e del Primo Ciclo 2025, pag. 8