Attualità

07 luglio 2023

Il caso della scuola di Rovigo. Verità fasulle e verità nascoste

Gli insegnanti delle nostre scuole sono circa 900.000, gli studenti quasi 8 milioni ma è bastato un servizio di Tecnica della scuola che non ha svolto alcun “sondaggio” ma raccolto senza alcuna pretesa di scientificità poco più di 2.000 opinioni, per far scrivere al quotidiano Libero e consimili, a molti social, che l’80% dei docenti sono favorevoli alla politica di Valditara sulla valutazione, condotta, ecc.

Certo la gravità dei fatti e la loro narrazione (non meno importante dei fatti stessi) hanno concorso al risultato. La gravità di quanto è accaduto - ci riferiamo all’episodio del ferimento in classe di una docente a Rovigo - è indiscutibile. Per nessuna ragione la scuola può consentire che al proprio interno si possano verificare episodi così gravi senza che essi vengano analizzati approfonditamente e siano attuate conseguenti misure disciplinari ed educative. Cosa che, del resto, accade frequentemente, con la opportuna riservatezza e senza clamori, nelle nostre scuole.

I docenti, la valutazione, le strumentalizzazioni

Sull’episodio d Rovigo, un dato è certo. È mancata una nota ufficiale della scuola sui fatti, necessario una volta divenuti pubblici, e sulle decisioni assunte dalle sedi competenti. La valutazione scolastica ha certamente risvolti di riservatezza e discrezionalità che vanno preservati e che appartengono alle responsabilità dei docenti. Ma essi, essendo ben consapevoli degli effetti che una valutazione ha nella percezione della giustizia da parte dei genitori, degli studenti, della pubblica opinione, dovrebbero avvertire l’esigenza, in circostanze particolari, di spiegare le ragioni e il significato educativo delle decisioni assunte.

Il silenzio, infatti, lascia libero campo alle interpretazioni più bizzarre, alle speculazioni di ogni tipo, alla ricerca del sensazionalismo. Che poi, in assenza di tutto ciò, la decisione del Consiglio di classe venga modificata per esplicita richiesta e intervento del Ministro, crea ulteriori dubbi e perplessità sul ruolo e l’autonomia dei docenti del Consiglio di classe e del dirigente in causa. Ed è esattamente ciò che è accaduto.

Certamente Tecnica della scuola ha fiutato che l’argomento avrebbe avuto effetto e lo ha sfruttato con immediatezza. Ha lanciato un messaggio e raccolto in breve 2.100 risposte che sono diventate “sondaggio”, un nome che indica un censimento non casuale di dati riferiti a un campione prestabilito, che non c’entra nulla con il servizio del sito citato. E così l’opinione di un gruppo casuale di persone, pari a poco più di 2.000, di cui poco più del 50% docenti, è diventato un sondaggio sui docenti italiani (che sono circa 900.000) che premia a gonfie il ministro Valditara per il suo protagonismo sul caso di Rovigo e per le nuove misure annunciate sul voto di condotta e sanzioni disciplinari. I quotidiani di destra, Mediaset e i social hanno dato ampio spazio al “sondaggio” e anche lo stesso Ministro pare aver gradito questo “significativo“ riscontro (vedi sito MiM).

Io non so se questo fosse o meno l’obiettivo di Tecnica della scuola, ma questo è accaduto. Su una verità fasulla si è impostata una campagna di preventivo consenso alle misure che Ministro e Governo si preparano a varare.

I fatti accaduti sono preoccupanti e grave è anche il silenzio della “pedagogia ufficiale” che dovrebbe reagire alla deriva securitaria cui mira il Ministro.

Le domande da porsi

Sbagliato, ma rimediabile, che si sia persa l’occasione per aprire un dibattito pubblico sulla crisi educativa nel nostro Paese.

Che cosa sta succedendo nei nostri ragazzi, nella relazione genitori-figli, nel rapporto tra scuola e famiglie? Perché nel giro di un trentennio, un modello basato sulla corresponsabilità educativa e nella partecipazione alla vita della scuola, nella specificità dei diversi ruoli, è stato travolto da una deriva individualistica? Che risultato ha prodotto questo modello di relazioni che sembra oggi “naturale” ed è invece l’esito di un lungo processo di crisi ignorato pervicacemente fin dai primi gravi segnali e da ultimo, con estrema chiarezza e virulenza, dalla pandemia? Siamo sicuri che la risposta sia solo quella del “ritorno” alla severità, alla punizione, alle sanzioni aggravate?

Di tutto questo sarebbe importante discutere per poi valutare quali orientamenti assumere. Ma con questa impostazione che oscilla tra demagogia e richiami all’ordine, non accadrà nulla di tutto questo. Per queste ragioni l’intervento del Ministro che non è sbagliato in sé - ma dovrebbe sempre avvenire con la giusta riservatezza, rispetto dell’autonomia delle scuole e soprattutto dovrebbe essere funzionale a gestire bene il caso in questione e non ad accendere i riflettori dei media su se stessi -, apre a uno scenario che va contrastato duramente. Esso infatti, evoca e preannuncia una torsione autoritaria della scuola anziché l’apertura di una ricerca vera e partecipata sulle ragioni della crisi educativa e dei mezzi per uscirne. Questa visione rischia di spingere ancor più la scuola a chiudersi in se stessa e a cercare solo negli strumenti autoritari la propria “sicurezza”, mentre prestigio e valore sociale del proprio lavoro vanno di pari passo con il rilancio della scuola pubblica come parte fondamentale della applicazione della Costituzione nel nostro Paese, per realizzare gli obbiettivi di eguaglianza e libertà di ogni cittadino.

Questo è uno dei messaggi principali ereditati da don Milani, come è stato ricordato a Barbiana il 27 maggio scorso. Ma forse non è la preoccupazione principale del Ministro che pure è stato partecipe dell’evento.

E neppure la preoccupazione di tanti mezzi di comunicazione.

Altre verità

Accanto infatti al proliferare di queste verità fasulle, brilla il silenzio sulle verità che pesano assai più del sondaggio inventato sul voto in condotta: ci riferiamo alla notizia, vera e verificabile (Il Sole24 ore del 4 luglio) delle dimissioni dal comitato del Ministro Calderoli di quattro importanti personalità: Giuliano Amato e Franco Gallo, ex presidenti della Corte Costituzionale; Alessandro Pajno, ex presidente del Consiglio di Stato e protagonista di primo piano per l’assetto normativo dell’autonomia scolastica, e l’ex Ministro Franco Bassanini. Dimissionari eccellenti con motivazioni esplicite e tutte di merito sul testo del ministro Calderoli sull'autonomia differenziata. Una bocciatura politica destinata a pesare non poco sull’impresa del ministro leghista e anche un segnale dell’allarme delle più alte istituzioni dello Stato verso un provvedimento ritenuto pericoloso, dannoso per il Paese e non compatibile con la nostra Costituzione.

Non sappiamo quanto il Ministro Calderoli sia in grado di comprendere il livello così alto di stroncatura politica che ha ricevuto. Pensiamo invece che il Ministro Valditara, consapevole delle indiscutibili competenze dei “valutatori” e fervente assertore al ritorno della bocciatura, scriverebbe un bel quattro sulla pagella del suo collega Ministro.

Sempre che non preferisca le verità fasulle alle verità nascoste.

L'autore

Dario Missaglia