Cultura

06 marzo 2024

Il capitalismo sovrano ha i giorni contati?

Il pamphlet "L'uso dell'economia. La sinistra italiana e il capitalismo (1989/2022)" di Antonio Calafati, docente di Economia e esperto di città, parte da molto lontano, per spiegare quella che definisce come una “sconcertante metamorfosi”, che ha portato negli ultimi decenni la Sinistra italiana (o quella che dovrebbe essere la Sinistra italiana) ad abbracciare il “paradigma mercatista”.

Parte dalle origini del capitalismo e della democrazia, alla fine del ‘700, quando con mere congetture i primi economisti (Adam Smith in primis) ipotizzavano che tendenzialmente il capitalismo funzionasse talmente bene da garantire ai lavoratori un salario almeno in grado di assicurarne la sussistenza. 

C’è voluto più di un secolo (e numerosi studi empirici, tra i quali spiccano le pionieristiche “inchieste” nell’industrializzata Manchester del liberale Tocqueville e del comunista Engels a metà Ottocento) per certificare che non è così, e che il “capitalismo sovrano” non funziona perché lasciato libero riduce alla fame parte della forza lavoro, soprattutto nei periodo di crisi e disoccupazione di massa. È stato lo stesso liberalismo, spinto dalle forze socialiste, a introdurre correttivi, limiti e norme che portassero a quello che Calafati chiama “capitalismo sociale”, ovvero la democrazia che usa il capitalismo e l’economia (non il contrario), che in Europa è stato applicato nel secondo dopoguerra, normando e regolando il mercato, anche con l’intervento diretto dello Stato nell’economia come produttore di beni.

Negli anni ‘80 era però ormai chiaro a tanti studiosi che quel modello di gestione politica ed economica non era sostenibile, perché si basava su uno sfruttamento delle materie prime energetiche (non infinite) pagate a costi iniqui ai paesi in via di sviluppo, nonché sullo sconquasso ambientale. Il rapporto Our Common Future è del 1987 e avrebbe dovuto orientare la Sinistra a rilanciare sui suoi temi forti: una tassazione ancora più progressiva, una regolazione più forte del “mercato del lavoro” (estendendo la contrattazione collettiva ancora di più), la messa in sicurezza del benessere dei lavoratori in periodi di crisi (anche con meccanismi pensionistici redistributivi), un investimento maggiore dello Stato per rafforzare i beni comuni, a cominciare da Sanità e Istruzione, un rilancio dell’urbanistica e della gestione delle città. Il tutto includendo la questione ambientale nelle proprie proposte.

Calafati ha facilità nel dimostrare che la Sinistra, nei suoi anni al potere o in appoggio a “governi tecnici” ha abbracciato l’approccio contrario, in modo stupefacente adottando il “paradigma mercatista”, che pareva ormai smentito dalla Storia, allargando le maglie del precariato, diminuendo il perimetro del Pubblico nella gestione di beni e servizi, smettendo di tentare di regolare le città con i piani regolatori e l’edilizia pubblica.

Ad aiutare questo processo, ovviamente, è intervenuto il crollo dei regimi socialisti nell’Est Europa nel 1989 e l’impreparazione teorica della classe “intellettuale” ex comunista (“tanto scientifico era stato il suo marxismo, quanto scientifico è ora il suo liberalismo"), ma Calafati mette sotto accusa anche i grandi giornali liberali (il Corriere della sera e La Repubblica), che hanno accompagnato l'egemonia di questa nuova Sinistra mercatista negli ultimi 35 anni. Anche la sinistra radicale, peraltro, secondo l'autore ha fallito, automarginalizzandosi e cullandosi in uno sterile identitarismo. 

La sua analisi distruttrice e radicalmente democratica finisce, nell’ultimo capitolo di conclusioni, con una nota di ottimismo sul futuro, perché secondo l’autore il “capitalismo sovrano” non funziona e lo ha già dimostrato (e occorre dire che le crisi degli ultimi anni sono lì a testimoniarlo una volta ancora) e perché le nuove generazioni faranno saltare metaforicamente le teste, senza ricorrere alla violenza, di un’elite che non parla più con le persone, in un rifiuto della democrazia che ricorda quello dei liberali che nell’Ottocento si opponevano al suffragio universale.

Il libro è ricco di spunti di riflessione e - come accade nei migliori pamphlet - a volte semplifica e taglia con l’accetta dove si potrebbe invece distinguere e approfondire, ma parla certamente a tutti quelli che non si rassegnano ad un mondo diseguale.

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L'autore

Lorenzo Cassata