Cultura

03 giugno 2024

Kill the Indian, save the man

“Storie di un conflitto irrisolto tra il Canada e i nativi”: recita così il sottotitolo di questo interessante volume di Piedavid Pizzochero. Una ricerca per ricostruire la storia delle minoranze etniche in Canada e della loro drammatica relazione con il white Canada. Tema su cui, giustamente sottolinea l’autore, per molto tempo si è taciuto, su cui è stato steso un velo di non detto. Al contrario dell’attenzione che negli anni è stata dedicata ai nativi nel resto del nord America, sul trattamento, sulla discriminazione subiti dalle minorante del Canada per molto tempo non si è parlato.

L’immagine di un Canada democratico, rispettoso dei diritti, che si è imposta nel mondo, ha fatto dimenticare le violenze che i colonizzatori europei, sin dal loro arrivo qui nel Seicento, hanno messo in atto nei confronti dei nativi. Solo recentemente, anche in seguito al viaggio nel 2022 di Papa Francesco in Canada e alle sue dichiarazioni, si è acceso il faro dei mass media sulla questione dei nativi in Canada. Il Papa, ci ricorda l’autore, nel corso del viaggio, in occasione di raduni pubblici, ha chiesto scusa per ciò che è accaduto, ha denunciato le responsabilità di chi ha «derubato le comunità e gli individui della loro identità culturale e spirituale» e in aereo, di ritorno dal viaggio, ha parlato di “genocidio”.  Il fatto che la chiesa abbia preso posizione sulla questione, ci spiega Pizzochero, è particolarmente importante perché a contribuire alla discriminazione degli indiani, dei métis (gruppo etnico minoritario che ha avuto origine perlopiù dall’unione tra autoctoni e francesi) e degli inuit fu nei secoli proprio la chiesa. Dopo un’introduzione storica che ripercorre i principali passaggi politici e legislativi che riguardano il rapporto tra i nativi e il resto degli abitanti del Canada, l’autore si sofferma infatti su un fenomeno in particolare, quello delle residential schools. Le residential schools erano collegi scolastici gestiti dalla chiesa e dal clero, che il governo canadese istituì nell’ultimo trentennio dell’Ottocento. Bambini, in genere di un’età compresa tra i 7 e i 16 anni, venivano “strappati” dalle loro famiglie, dai loro villaggi, dalle loro terre per essere inseriti qui e trasformati in “piccoli buoni cristiani”. L’iscrizione alle scuole era inizialmente su base volontaria, mentre successivamente divenne obbligatoria e autorizzò la “caccia” al bambino indigeno, come sostiene l’autore. L’obiettivo era cancellare la cultura delle minoranze attraverso le nuove generazioni.  I collegi chiusero definitivamente solo nel 1996 e fino ad allora i minori qui forzatamente inseriti, ci racconta Pizzochero, hanno subito abusi psicologici e sessuali, torture, stupri, sterilizzazioni, sono stati vittime di uccisioni individuali e collettivi. Per tanto tempo taciuti, questi crimini sono cominciati ad emergere a partire dalla fine degli anni Ottanta del Novecento, anche se una vera e propria commissione d’inchiesta governativa in Canada nasce solo nel 2008, la Truth and reconciliation commission. Prima di essa, e questo è un altro dei contenuti interessanti del volume, a denunciare il maltrattamento dei nativi e il fenomeno delle residential schools furono film, cortometraggi, documentari, serie tv, cartoni animati di produzione non solo canadese ma anche internazionale.

Pizzochero ci accompagna quindi nell’universo degli audiovisivi mostrandoci gli interessanti contributi che sono stati realizzati negli anni per trattare la drammatica questione. Uno per tutti l’italiano Oceano Canada, il documentario realizzato per la tv nei primi anni Settanta da Ennio Flaiano, in collaborazione con André Andermann.

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L'autore

Laura Detti