Politiche educative

30 settembre 2021

Resettare la formazione di terzo livello in Italia

Il 20 luglio la Camera ha approvato un disegno di legge per la “Ridefinizione della missione e dell’organizzazione del Sistema di istruzione e formazione tecnica superiore in attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza”. Il testo, risultato dall’unificazione di diverse proposte parlamentari, è stato trasmesso al Senato il 22 luglio. Si attende ora l’avvio della discussione.

Il testo innalza a livello legislativo, con poche modifiche, la disciplina degli istituti introdotta nel 2008 con un DPCM del 25 gennaio. Le novità riguardano essenzialmente: l’introduzione di un sistema di accreditamento iniziale e periodico; il finanziamento; la previsione di nuove aree tecnologiche; la strutturazione dei percorsi in due livelli; un’organizzazione innovativa degli istituti; la definizione dei requisiti dei docenti; l’istituzione di un Coordinamento Nazionale per lo sviluppo del Sistema.

La trasformazione dell’università elitaria in università di massa, avviata alla fine degli anni ’60 del secolo scorso, ha comportato in quasi tutti i paesi europei una riorganizzazione degli studi di terzo livello. La finalità che ci si riprometteva era quella di assicurare a tutti i giovani maggiore equità nell’ascesa della scala sociale. Consentendo loro di raggiungere i massimi livelli della formazione superiore si ritenne potesse mettersi in moto l’ascensore sociale in grado di rimuovere le originarie disparità economiche e sociali e assicurare pari opportunità dei giovani nel loro impegno futuro. Si fece spazio l’idea di scindere l’unico percorso formativo in due binari paralleli. Al tradizionale itinerario accademico fu aggiunto un canale spiccatamente professionalizzante.

In Germania le “Fachhochschulen”, riprese anche da Austria e Svizzera. Tipologie analoghe in Olanda, Belgio, Svezia e Finlandia. Nel Regno Unito videro la luce i “Polytechnics”. Francia e Spagna preferirono, invece, promuovere cicli brevi di istruzione terziaria professionalizzante all’interno dei tradizionali corsi accademici. Da noi, fallita l’esperienza, promossa da Ruberti, negli anni ’80, dei diplomi universitari, organizzati all’interno del sistema accademico con connotati professionalizzanti, nel 2010 si è dato avvio all’esperienza degli Istituti Tecnici Superiori (ITS) finalizzati a ben individuati sbocchi professionali. Nonostante il felice esito di questi istituti per l’occupazione degli allievi, l’esiguo numero degli iscritti non ha consentito, finora, di ritenerli quella seconda gamba del sistema di istruzione terziaria della cui necessità si avverte da tempo l’esigenza. Per colmare un vuoto, considerato oltremodo nocivo per la carenza delle molteplici professionalità richieste dall’evoluzione tecnologica, nel 2017 sono state messe in cantiere, negli atenei, anche alcune lauree con caratteristiche decisamente “professionalizzanti”. Anche in questo caso, tuttavia, la scarsità dei corsi attivati e degli studenti che li frequentano non riescono ad offrire visibilità e reale opportunità alternativa al tradizionale sistema accademico.

Questa situazione comporta le conseguenze negative messe bene in luce in una serie di studi e convegni richiamati nell’articolo più dettagliato che verrà pubblicato nel prossimo numero della rivista cartacea. Il PNRR inviato alla Commissione europea, si propone pertanto di affrontare con determinazione questo tema programmando con determinazione la riforma dell’Istruzione Tecnica Superiore. L’attuale quadro normativo del Sistema di Istruzione e Formazione Tecnica Superiore (IFTS) è stato ridefinito, da ultimo, con un DPCM del gennaio 2008. Gli ITS costituiscono, come indicato anche sul sito del Ministero, il segmento di "formazione terziaria non universitaria". Allo stesso obiettivo concorrono da qualche tempo, come si è detto, anche le lauree cosidette professionalizzanti. Il Ministero aveva avvertito la necessità di razionalizzare e coordinare i due filoni formativi e con un decreto del febbraio 2017 aveva istituito una Cabina di regia nazionale per l'armonizzazione e il coordinamento del sistema di istruzione tecnica superiore e delle lauree con scopo analogo. L'obiettivo era la creazione di un unitario sistema professionalizzante ordinato con due distinti ambiti: uno universitario e l'altro imperniato sull'istruzione tecnica superiore. Il testo del disegno approvato a luglio dalla Camera dichiara la finalità di ridefinire la missione e i criteri generali di organizzazione del sistema di Istruzione e formazione tecnica superiore.  La rilettura del testo da parte del Senato potrà confermare o riconsiderare i tanti tasselli di questo complesso quadro posti in opera dall’impegno dell’altro ramo del Parlamento. Alcuni hanno suscitato apprezzamenti, altri critiche condivisibili o meno. I senatori potranno senz’altro rendere il progetto più semplice e lineare nella sua articolazione e nella scrittura.

Non è luogo e momento per addentrarci in un esame di dettaglio delle tante disposizioni che meriterebbero qualche ulteriore riflessione o precisazione. Può essere però occasione propizia per considerare se la meritoria istituzione di un filone formativo tecnico di terzo livello debba comporsi attraverso l’auspicabile convergenza di due canali distinti, Università e Formazione Tecnica, o non sia opportuno interrogarsi sulla tipologia della formazione richiesta e sugli attori che meglio possano garantirla. In altri termini se anziché attestare la formazione tecnica di alto livello in due distinti canali che possono intersecarsi utilmente ma altrettanto facilmente scontrarsi o intralciarsi a vicenda, non sia opportuno ipotizzare un unico alveo nel quale ricomprendere tutte le risorse e le capacità disponibili per raggiungere lo scopo che tutti riteniamo necessario e indifferibile.

Per questa ragione non si può avere ulteriore riguardo per l’orgoglio di chi propende a conservare o riaffermare un ruolo protagonistico in tutto il campo della formazione avanzata. D’altronde la progressiva ma sempre più marcata deriva professionalizzante dell’università, il riconoscimento e l’esaltazione della sua terza missione e delle lauree professionalizzanti da un lato; l’ascesa dell’Istruzione Tecnica Superiore verso i più elevati livelli della formazione dall’altro, dovrebbero indurci a valutare se non sia il caso di far confluire tutte le energie disponibili, ancora spezzettate, in una filiera unitaria e chiederci quale sia, la linea di confine in grado di distinguere, pur nell’identica dignità, l’Università dall’Istruzione Professionale di terzo livello.

L'autore

Fabio Matarazzo