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Voci dalla scuola

Il lavoro dimenticato. Gli ausiliari, tecnici e amministrativi

Da quello che parve una specie di anatema, «in Italia ci sono più bidelli che carabinieri», le cose hanno preso una direzione precisa: la figura del collaboratore scolastico pare la grande assente da qualsiasi dibattito sulla scuola. E non c'è solo la questione di organici che si contraggono - non è raro trovare piccoli plessi con un solo collaboratore a svolgere attività plurime - a fronte di mansioni che spesso si moltiplicano, ma anche di come questi stessi organici vengono concepiti e strutturati, seguendo criteri contabili spesso disgiunti da un'analisi concreta delle esigenze delle singole istituzioni scolastiche. A farne le spese sono soprattutto le scuole più piccole e con molti plessi decentrati, già nel mirino di accorpamenti e ridimensionamenti. C'è da riflettere anche su una sorta di dogana dei ruoli per cui il collaboratore scolastico, l'addetto di segreteria (cui, peraltro, sono demandati compiti sempre maggiori e gravosi, persino il tentativo di “disbrigo pratiche” pensionistiche) non hanno spazi analoghi a quelli dei docenti - che ultimamente non vanno certo in overdose di poteri decisionali - dentro le istituzioni scolastiche. Nel contesto attuale pare assai flebile la linea di rappresentanza che mantengono dentro il Consiglio d'istituto. I Decreti delegati avevano già questo limite, ma le mutate condizioni lavorative dei collaboratori scolastici - così come delle segreterie nella scuola dell'autonomia - hanno reso questo deficit di partecipazione ancora più manifesto e insopportabile. Qui non si tratta di inventarsi soltanto nuovi organi collegiali, ma piuttosto di creare una consapevolezza diversa del ruolo strategico del personale non docente nelle fasi di concepimento dei processi educativi, potenziandone l'integrazione nella vita partecipata della scuola. Occorre davvero che al personale non docente sia riconosciuto a pieno titolo il ruolo di lavoratore della conoscenza. È evidente che questa “parte oscura” del mondo della scuola dà un contributo esiziale al successo formativo.

Abbattere frontiere gerarchiche

L'adeguamento stipendiale mai risolto, il carico di lavoro divenuto inaccettabile, il numero ridottissimo del personale rispetto alle reali esigenze scolastiche sono soltanto una parte della questione. Progettare una scuola che sia veramente formativa passa anche dall'abbattimento di frontiere gerarchiche tra lavoratrici e lavoratori. Non dimentichiamo che può essere un buon antidoto unitario contro la logica di verticalizzazione gerarchica dei rapporti tra i docenti obiettare sulla necessità invece di creare una rete orizzontale di relazioni tra tutti i lavoratori della conoscenza. Sono importanti, ora più che mai, i momenti di coinvolgimento e condivisione collegiale nella gestione e nella progettazione delle attività scolastiche del personale ATA, non solo perché, spesso, da loro dipende il buon esito di molti percorsi educativi, ma anche perché la loro conoscenza dei meccanismi di funzionamento della scuola a livelli spesso assai poco percepiti, può diventare una risorsa strategica e utilissima per tutti. C'è la necessità di un canale di comunicazione efficace tra tutte le componenti scolastiche e mentre le RSU sono chiamate a una rottura di certi paradigmi costitutivi, superando arcaismi come tu sei il bidello, tu sei l'insegnante, l'addetto di segreteria, c'è una resistenza corporativa ancora troppo radicata a consentire una democratica partecipazione di tutte le componenti della scuola. Non esistono, non sono mai stati concepiti i luoghi né gli strumenti di un confronto autentico e orizzontale tra tutte le lavoratrici e i lavoratori impegnati nel settore della conoscenza.

Eppure, lo svolgimento delle attività educative non prescinde mai da un ruolo prefissato e indispensabile del personale non docente, sia per quanto concerne orari e supporto logistico, sia per quanto attiene i tempi e i luoghi della realizzazione dei singoli percorsi. E non è mai abbastanza valorizzato il ruolo di queste lavoratrici e di questi lavoratori nelle consuetudini che garantiscono la sicurezza negli ambienti scolastici.

All'indomani della pandemia di Covid questa parte vitalissima della scuola ha dovuto sobbarcarsi un carico di lavoro enorme, senza il quale le attività scolastiche sarebbero state seriamente a rischio, e certo il contributo assai pro tempore del personale cosiddetto “organico Covid” - i termini, talvolta, denotano una scarsa attenzione ai ruoli e alle persone - ha dimostrato quanto sia urgente rivederne seriamente il peso specifico dentro le istituzioni scolastiche.

La vera riforma è la scuola comunità

Proprio nell'evidenza di questo stato di cose c'è la necessità urgente di valorizzazione professionale della figura del personale Ata, amministrativo, tecnico, ausiliario, non si può richiedere un po' di competenze digitali in più per esaltarne il ruolo a sostegno della macchina amministrativa, non si possono mantenere decine di migliaia di lavoratori in un limbo che non prevede nessuna forma di partecipazione decisionale, nessun confronto operativo. È una visione miope. Le collaboratrici e i collaboratori scolastici svolgono ruoli relazionali non codificati ma essenziali affinché le attività educative abbiano buon esito. Hanno contatti con gli insegnanti, con gli alunni di ogni ordine e grado intrecciano rapporti stretti, sono uno strumento di comunicazione insostituibile con le famiglie, svolgono un'assistenza alla persona fondamentale per gli alunni in difficoltà. Questo lavoro oscuro va riconosciuto, valorizzato, deve essere oggetto di formazione specifica in ingresso e in itinere. Nessuno, immagino, voglia il personale non docente con specializzazioni pedagogiche, psicologiche o educative, ma una parte di queste competenze questi lavoratori le maturano sul campo, e di questo bisogna prendere atto in positivo con una riqualificazione del loro ruolo, con stipendi adeguati, con la garanzia di una maggiore partecipazione agli aspetti decisionali e con canali di accesso, almeno per certe situazioni, agli organi collegiali loro preclusi. Ipotizzare spazi di discussione unitari e istituzionali per le lavoratrici e i lavoratori della scuola sono un passaggio decisivo, tra altri, per una vera riforma del sistema dell'istruzione. Perché se la scuola è luogo elettivo di democrazia e partecipazione, istituzione di formazione sociale dentro cui avviene la maturazione della personalità del cittadino, pare quanto meno curioso che al proprio interno si proceda ad escludendum di una sua componente vitale e determinante.

L'autore

Giovanni Carbone

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