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Politiche educative

La nuova valutazione dei dirigenti scolastici tra prospettive e criticità

Sulla valutazione dei dirigenti scolastici sono state molte in queste settimane le prese di posizione delle organizzazioni sindacali rappresentative della dirigenza scolastica, a seguito del confronto avviato il 20 novembre 2024 sul nuovo sistema di valutazione previsto da una modifica dell’art. 25 del D.Lgs. 165/2001 che assegna al ministro dell’Istruzione «la definizione degli obiettivi strategici volti ad assicurare il buon andamento dell'azione  dirigenziale»  e l’individuazione dei soggetti che intervengono nella valutazione, «in  coerenza  con  la direttiva generale del Ministro dell'istruzione e del merito.»

Si tratta dell’ennesimo tentativo di articolare una valutazione dei dirigenti scolastici sostenibile e adeguata ai loro compiti e alle loro responsabilità. Da quando la dirigenza scolastica è stata istituita molte sono state infatti le sperimentazioni effettuate, ma nessuna di esse è poi decollata definitivamente.

La valutazione dei dirigenti scolastici fino al 2016

La dirigenza scolastica è stata istituita dal Dlgs 59/1998, uno dei decreti attuativi previsti dall’art. 21 della legge 59/1997, la cosiddetta legge Bassanini che ha introdotto l’autonomia scolastica.

Il decreto prevedeva l’integrazione di tre articoli nell’allora Dlgs 29/1993 – successivamente confluito nel Testo Unico sull’ordinamento del lavoro nella pubblica amministrazione, Dlgs165/2001 – che hanno definito ruolo e competenze dei dirigenti preposti alle istituzioni scolastiche autonome, modalità di reclutamento e valutazione del loro operato.

In particolare, l’art. 25 del Dlgs 165/2001 prevedeva che i dirigenti scolastici fossero valutati, tenuto conto della specificità delle loro funzioni, sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione regionale presieduto da un dirigente e composto da esperti.

L’art. 20 del CCNL Area V 2002-2005, aveva poi definito le caratteristiche della valutazione, prevedendo una serie di tutele per i dirigenti scolastici relativamente  alla necessità di una correlazione tra obiettivi assegnati e situazione effettiva dell’istituzione di titolarità, alla composizione e individuazione dei nuclei, tra cui un dirigente scolastico con almeno 10 anni di anzianità nel ruolo, all’obbligatorietà di un confronto diretto tra valutato e valutatore, alla possibilità di un contradittorio con l’amministrazione  prima di procedere a una valutazione negativa.

La valutazione dei dirigenti scolastici, definita contrattualmente in coerenza con la legge, era dunque una valutazione centrata sulle azioni del dirigente, basata su elementi oggettivi, effettuata da una pluralità di figure, tra cui un dirigente scolastico, partecipata dal valutato e finalizzata al miglioramento professionale.

Su questo modello è stato definito il Sistema Nazionale di Valutazione SIVADIS e, a partire dall’a.s. 2003/2004, sono state condotte una serie di sperimentazioni che in più di un decennio hanno visto diversi tentativi di messa a regime della procedura, mai definitivamente decollata per la carenza di valutatori esperti, l’assenza di risorse dedicate alla loro individuazione e formazione.

La valutazione dei dirigenti scolastici nella buona scuola

L’approvazione della legge 107/2015 del Governo Renzi, con i nuovi compiti e le maggiori responsabilità attribuite al dirigente scolastico rispetto all’efficacia didattica dell’istituzione scolastica cui è preposto (Atto di Indirizzo al collegio dei docenti per la redazione del PTOF e attribuzione del bonus ai docenti meritevoli), ha decretato la fine del modello di valutazione partecipato del SIVADIS, prevedendo un sistema che collegava la valutazione del dirigente scolastico ai nuovi compiti che la legge gli aveva attribuito.

La successiva adozione della Direttiva ministeriale n. 36 del 18 agosto 2016 e delle Linee Guida collegate ha delineato le caratteristiche del nuovo sistema ai cui esiti corrispondevano 3 livelli crescenti di retribuzione di risultato.

Il sistema era basato sull’inserimento nell’incarico dirigenziale di obiettivi nazionali, obiettivi regionali, definiti dai direttori generali degli USR e inseriti nel Piano regionale di valutazione pubblicato nel sito web dell’USR, obiettivi desunti dalle aree di miglioramento organizzativo-gestionale individuate dal Rapporto di auto-valutazione dell’istituzione scolastica e direttamente riconducibili alle azioni del dirigente scolastico.

Prevedeva da parte del dirigente scolastico la laboriosa compilazione in una piattaforma informatica del Portfolio personale in cui riportare, oltre ai documenti fondamentali della scuola (tra cui PTOF, RAV, piano di miglioramento, programma annuale), documenti ed evidenze riconducibili a ciascuna delle azioni intraprese, individuate da un repertorio consultabile in piattaforma.

Attribuiva inoltre uno specifico peso all’apprezzamento dell’operato del dirigente scolastico da parte della comunità professionale (docenti della scuola), senza alcun contraddittorio con l’interessato.

Prevedeva la costituzione di appositi nuclei di valutazione regionali composti da un dirigente amministrativo, un dirigente scolastico e un esperto di valutazione, individuati dal coordinatore del servizio ispettivo regionale da appositi elenchi costituiti tramite un bando pubblico.

Ciascun nucleo, a cui erano assegnati un certo numero di dirigenti da valutare, era incaricato di esaminare tutta la documentazione caricata nel Portfolio, discuterla in un incontro in presenza con il valutato ed elaborare il giudizio valutativo da sottoporre al direttore generale dell’USR per la definitiva adozione.

La complessità della procedura, la difficoltà ad individuare nei documenti fondamentali della scuola e nelle aree di miglioramento del RAV  le azioni effettivamente ascrivibili al dirigente scolastico, l’eccessiva onerosità della compilazione del Portfolio, oltre a forti elementi di criticità evidenziati nella predisposizione del questionario da somministrare ai docenti per rilevare l’apprezzamento della comunità professionale sono le principali cause del fallimento di questo sistema, mai collegato alla retribuzione di risultato  e naufragato definitivamente quando, il 13 dicembre 2018, a margine della firma dell’ipotesi di CCNL dell’Area Istruzione e ricerca 2016-2018, è stata sottoscritta dalle parti  una dichiarazione a verbale che riconosceva la necessità di sottoporre il sistema di valutazione della dirigenza scolastica «ad uno specifico approfondimento in sede MIUR attraverso la modalità del confronto prevista dall’art. 5 del presente CCNL».

Il dirigente scolastico funzionario del Governo

Trascorsi più di cinque anni da quella dichiarazione senza che il confronto venisse aperto, complice anche il periodo della pandemia, il 31 maggio 2024, dalla  pubblicazione di un decreto legge recante Disposizioni urgenti in materia di sport, di sostegno didattico agli alunni con disabilità, per il regolare avvio dell'anno scolastico 2024/2025 e in materia di università e ricerca si è appreso che, in palese spregio dell’Accordo sottoscritto con le organizzazioni sindacali, il ministro aveva fatto inserire nel decreto un articolo con cui eliminava dall’art.25 del Dlgs 165/2001 e dal comma 94 della legge 107/2015 ogni riferimento ai nuclei di valutazione e introduceva un «nuovo sistema di valutazione dei risultati dei dirigenti scolastici adottato con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito» i cui obiettivi strategici risultassero coerenti con  la Direttiva Generale del Ministro.

La previsione di legge prima e, successivamente, l’esame del decreto attuativo di quelle disposizioni nel corso del confronto avviato sul nuovo sistema,  hanno confermato che  l’intento   del Ministro non era quello dichiarato di voler costruire una procedura semplificata e di basso impatto sul lavoro dei dirigenti scolastici, bensì quello di eliminare dalla valutazione dei dirigenti scolastici un elemento di garanzia e trasparenza rappresentato dalla pluralità  dei soggetti  a cui legge e contratto avevano assegnato la titolarità della procedura.

La stessa indicazione della coerenza degli obiettivi assegnati ai dirigenti scolastici con la Direttiva Generale del Ministro ne tradisce infatti le vere intenzioni.

La Direttiva del Ministro è un atto di natura politica attraverso il quale vengono delineati gli obiettivi strategici del suo mandato politico e definite le priorità per l’azione amministrativa e per la gestione, gli obiettivi che i titolari dei centri di responsabilità amministrativa del ministero (Capi Dipartimento e Capo di Gabinetto del Ministro) dovranno perseguire, gli strumenti di monitoraggio e valutazione relativi al conseguimento degli obiettivi assegnati.

Prevedere che siano i Capi Dipartimento, titolari di due centri di responsabilità amministrativa del ministero, a individuare gli obiettivi per la valutazione dei risultati dei dirigenti scolastici, in coerenza con gli obiettivi loro assegnati dalla Direttiva del ministro, dimostra che il nuovo sistema di valutazione intende curvare l’attività dei dirigenti scolastici e delle scuole autonome alle priorità politiche che i Capi Dipartimento sono incaricati di realizzare, trasformando così i dirigenti scolastici da funzionari dello Stato a funzionari del Governo di turno.

Nell’ottica dell’apparente semplificazione, la procedura si presenta senza adempimenti a carico dei dirigenti scolastici e si propone di verificarne le competenze professionali attraverso il raggiungimento di target e indicatori misurabili presenti in una piattaforma nazionale e riferiti a obiettivi specifici individuati annualmente dai Capi Dipartimento, quindi inequivocabilmente collegati agli obiettivi strategici ad essi assegnati dal Ministro.

La piattaforma è collegata al sistema informativo del ministero e ad altri sistemi informativi da cui vengono ricavati i dati necessari alla verifica del raggiungimento dei target e all’attribuzione dei punteggi differenziati, stabiliti dai Capi Dipartimento per ciascun target o livello di raggiungimento del target, per un punteggio complessivo di 80 punti.

La scelta di ancorare la valutazione a evidenze direttamente desumibili da dati oggettivi, se risponde all’obiettivo di non gravare i dirigenti scolastici con pesanti adempimenti,

tuttavia limita il perimetro della valutazione ai soli aspetti amministrativo-gestionali che rappresentano molto parzialmente la funzione e il lavoro dei dirigenti scolastici.

I dirigenti scolastici assicurano la gestione unitaria delle istituzioni scolastiche attraverso autonomi poteri di direzione, coordinamento e valorizzazione delle risorse umane finalizzati a garantire, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali della scuola, la qualità dei processi formativi, l’esercizio della libertà di insegnamento e della libera scelta delle famiglie, l’attuazione del diritto all’apprendimento.

Tali competenze, delineate dall’art. 25 del Dlgs 165/2001 e dal CCNL, non possono essere misurate attraverso obiettivi e target individuati centralmente dai Capi Dipartimento in armonia con le priorità strategiche definite dalla Direttiva del Ministro e riferiti a dati presenti nel sistema informativo del Ministero, tra l’altro senza alcun controllo preliminare da parte di un organismo indipendente sulla loro pertinenza e sulla congruità del peso attribuito ai singoli indicatori.

In aggiunta al punteggio conseguito attraverso quelli associati a ciascun indicatore presente nella piattaforma nazionale, la procedura prevede che ulteriori 20 punti siano attribuiti  dai Direttori Generali degli USR relativamente ai «comportamenti professionali e organizzativi dei dirigenti scolastici, con riferimento alla capacità di raggiungere i risultati in maniera trasversale a tutti gli indicatori connessi agli obiettivi assegnati”, tenendo conto “di eventuali risultanze di verifiche, effettuate anche attraverso visite ispettive, e di ulteriori elementi conoscitivi acquisiti nonché della complessità del contesto in cui opera il dirigente scolastico, garantendo una differenziazione dei giudizi».

I Direttori Generali degli USR assegnano i 20 punti a loro disposizione senza alcuna trasparenza e con un’indicazione sommaria delle aree di intervento, (la capacità di raggiungere i risultati in maniera trasversale a tutti gli indicatori connessi agli obiettivi assegnati), senza precisarle preliminarmente e utilizzando una rubrica valutativa dei comportamenti generica che non consente una differenziazione oggettiva dei punteggi (es. utilizzazione delle risorse strumentali e finanziarie in modo sufficientemente adeguato 3 punti - in modo coerente  4 punti - in modo coerente ed efficace  5 punti; oppure sa sempre valorizzare le specifiche professionalità presenti nell’istituto  4 punti, sa sempre valorizzare efficacemente  le specifiche professionalità presenti nell’istituto 5 punti).

Si tratta con tutta evidenza dell’aspetto più controverso e insidioso della procedura, perché affida alla piena discrezionalità del Direttore Generale dell’USR la determinazione del punteggio finale che collocherà il dirigente scolastico in uno dei tre livelli corrispondenti alla retribuzione di risultato.

La procedura prevede inoltre che, in caso di disaccordo sul punteggio conseguito, il dirigente scolastico possa presentare un’istanza di riesame e che, se al termine del contraddittorio – obbligatorio in caso di valutazione negativa (meno di 31 punti) – il disaccordo permane, possa ricorrere ad un organismo di garanzia nazionale di durata annuale, presieduto da uno dei capi dipartimento e composto da due direttori generali e due dirigenti scolastici con almeno 10 anni di anzianità.

Ad esito dell’istruttoria, che prevede l’audizione delle parti, l’organismo esprime un parere che, anche qualora dovesse contenere una proposta di modifica della valutazione di prima istanza, non è vincolante per il valutatore che può confermarla.

L’assenza di efficacia dei due strumenti di tutela  rappresenta un ulteriore elemento di criticità di una procedura priva di garanzia e di trasparenza, non affidata a un collegio di valutatori esperti ma totalmente nelle mani dell’amministrazione che stabilisce discrezionalmente gli obiettivi, ne definisce la rilevanza assegnando a ciascuno degli indicatori che li rappresentano un determinato punteggio, attribuisce un punteggio ai comportamenti professionali del dirigente sulla base di una sommaria rubrica valutativa, decide se accogliere o meno eventuali reclami.

Le prospettive

Si tratta di criticità denunciate dalla FLC CGIL nel confronto con l’amministrazione e riprese nei giorni scorsi dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) che, nella seduta del 4 febbraio 2025, ha espresso un parere negativo sullo schema di decreto ministeriale. 

Nell’evidenziare la declinazione della valutazione essenzialmente piegata sugli aspetti amministrativi, il CSPI ne ha rilevato il carattere monocratico, sottolineando la necessità di recuperare la dimensione della collegialità della valutazione, cancellata dal decreto legge 71/2024. 

L’isolamento e la condizione di subordinazione dei dirigenti scolastici che il sistema di valutazione intende determinare è parte di un progetto politico più ampio che, con la revisione delle funzioni e delle prerogative degli organi collegiali affidata al governo da un disegno di legge delega attualmente in discussione in parlamento, è finalizzato ad esercitare un controllo diretto da parte del Governo sull’attività dei dirigenti scolastici e, attraverso di essi, sulle scuole. La conseguenza sarebbe lo smantellamento progressivo dell’autonomia scolastica tutelata dalla Costituzione e il suo asservimento agli indirizzi e al controllo della politica, nazionale e territoriale.  Il percorso non è però concluso. C’è ancora tempo e modo per respingere i processi in atto che, come è evidente, non riguardano solo i dirigenti scolastici ma tutta la scuola e la sua libertà.