La lettura del materiale di dibattito pubblico delle Nuove Indicazioni 2025 non può essere un esercizio da compiere senza la giusta e doverosa attenzione. Il testo è corposo e ricopre una notevole importanza per il futuro della scuola italiana; non è, quindi, a cuor leggero che si possa adottare una posizione in merito, in ragione del fatto che, saranno le nostre bambine e i nostri bambini, le nostre alunne e i nostri alunni, i primi a esserne interessati.
Il principale ambito di interesse a cui questo contributo intende riferirsi è il processo di inclusione scolastica che il nostro Paese ha deciso di intraprendere fin dal 1971 con la Legge 118 e che ha visto una progressiva evoluzione fino a giungere alla, sicuramente perfettibile, situazione attuale. Sì, perché, come sostengono Booth e Ainscow (2000, 2002, 2011, 2016), in prospettiva inclusiva, ci sarà sempre qualcosa da poter migliorare in un contesto scolastico. Inoltre, pur partendo dall’indiscutibile assunto per cui l’Italia ha adottato determinate decisioni di natura socio-politica che Cottini e Morganti (2015) ritengono non si possano e non si debbano più mettere in discussione, alcuni studiosi hanno evidenziato il manifestarsi di contraddizioni come: il fenomeno di micro-esclusione evidenziato da D’Alessio (2011, 2013); il fenomeno di push e pull out rilevato da Demo (2014, 2015); il fenomeno di «bessizzazione» della scuola individuato da Bocci (2016); il ritorno a fenomeni di separazione fatto emergere da chi scrive (2020). A questo punto nasce però spontanea una domanda: se dei miglioramenti sono sempre possibili e se effettivamente il sistema manifesta alcuni elementi di criticità, perché le cose non dovrebbero essere modificate anche in prospettiva inclusiva? Questa domanda ne porta necessariamente con sé altre: in quale direzione operare le modifiche? Quali valori dovrebbero essere alla base del possibile cambiamento?
Un quadro di valori
Booth e Ainscow (2016), al fine di orientare un percorso di trasformazione sistemica verso l'inclusività, operano una dicotomizzazione tra valori inclusivi ed escludenti (Tabella 1). Tale distinzione concettuale è strettamente correlata alla visione di società che si intende promuovere attraverso le iniziative di cambiamento intraprese. In altre parole, il quadro valoriale adottato funge da bussola per definire la traiettoria evolutiva desiderata per il contesto sociale di riferimento.
Valori escludenti |
Valori inclusivi |
Gerarchia |
Equità |
Efficienza |
Bellezza |
Interessi personali |
Compassione |
Opportunismo |
Diritti |
Immagine |
Onestà |
Sfruttamento |
Sostenibilità |
Forza |
Saggezza |
Consumo |
Partecipazione |
Conformità |
Coraggio |
Sorveglianza |
Fiducia |
Autorità |
Amore |
Gruppo elitario |
Comunità |
Selezione |
Nonviolenza |
Determinismo |
Speranza |
Monocultura |
Rispetto per la diversità |
Ricompensa/punizione |
Gioia |
Tabella 1: Valori escludenti e valori inclusivi (Adattato da Booth e Ainscow, 2016, p. 11).
Uno dei primi valori posti a fondamento dei valori inclusivi risulta essere per gli autori e anche per chi scrive, l’equità.
Per comprendere il valore inclusivo dell’equità è sufficiente ripensare alla concezione espressa dai ragazzi della Scuola di Barbiana (1967), quando dicono che «non c’è nulla che sia più ingiusto quanto far parti uguali fra disuguali» (p. 55). Questa breve ma significativa frase, sebbene possa apparire utopica, disvela la sua pregnanza se letta con gli occhi di Antonella Galanti, la quale, in occasione di un evento di Proteo Fare Sapere Toscana a Tirrenia, il 22 ottobre 2016, ha dichiarato: «l’utopia è come un faro. Il faro non serve per andare al faro, ma per indicare la strada». In tal senso, l'equità, se anche si voglia considerare solo per la sua irraggiungibile utopia, si configura come un faro valoriale, capace di delineare percorsi e direzioni da seguire.
Direzione che, come anticipato, l’Italia ha deciso di scegliere ormai da tempo proprio in relazione a quel principio di equità che, come principio costituzionale (art. 34), ha aperto le porte delle scuole a tutti: ai Gianni e ai Pierini, ai figli dei dottori, ma anche ai figli di operai e contadini, a chi parlava italiano e a chi non lo parlava perché si esprimeva solo in dialetto, agli abili e ai dis/abili.
Una delle prime operazioni che si è ritenuto utile fare è stata quella di ricercare nel testo delle Nuove Indicazioni 2025 questa parola portatrice di un valore ritenuto indispensabile per l’inclusione. Nel testo la parola compare due volte: la prima in relazione «all’educazione alla libertà e all’apprendimento dei saperi che bambini e adolescenti incontrano a scuola. Ciò significa sviluppare la capacità di pensare in modo critico e autonomo, di riconoscere i diritti e i doveri propri e altrui e di comprendere l’importanza della giustizia e dell’equità nella società» (p. 10); la seconda, in relazione ai processi di valutazione, dove si sostiene che «il confronto tra docenti consente di definire criteri comuni e condivisi, assicurando equità e coerenza nel processo di presa di decisione» (p. 21). Va poi detto, per completezza di informazione, che il termine compare anche nell’Appendice n. 2 “Raccolta, analisi e sintesi dei documenti pervenuti”, dove l’equità è in relazione ai contenuti espressi dal documento OECD (2019) “Future of education and skill Learning Compass 2030”.
Questa ricerca, di fatto, non ha dato gli esiti sperati in quanto, seppur il documento collochi l’equità come valore da far comprendere alle studentesse e agli studenti e come principio guida nel processo decisionale collegiale legato alla valutazione scolastica, questa non è posta alla base delle finalità della scuola.
Talento e potenziale cognitivo
Per le Nuove Indicazioni 2025, la «Finalità principale della scuola è l’acquisizione delle conoscenze e delle abilità fondamentali per sviluppare le competenze culturali di base nella prospettiva dello sviluppo integrale della persona e dei suoi talenti. Il concetto di talento è intrinsecamente legato al potenziale cognitivo di ogni alunno che, se stimolato da un ambiente in grado di valorizzarne le potenzialità, può conseguire esiti positivi anche nelle situazioni di maggiore fragilità» (p. 10). Analizzando questo breve stralcio e restando ancorati al valore inclusivo dell’equità, appare dissonante lo sviluppo integrale dei talenti della persona, soprattutto perché questi vengono legati intrinsecamente al potenziale cognitivo e al conseguimento di “esiti positivi anche nelle situazioni di maggiore fragilità”. Anche la curvatura possibilista a favore delle persone con maggiori fragilità è posta in relazione agli esiti positivi che questa può raggiungere; ma allora, se gli esiti non fossero positivi? Se i talenti non fossero espressi con lo sviluppo di competenze culturali? Se il potenziale cognitivo non fosse in linea con la desiderabilità statistica? Ciò significherebbe forse che la finalità principale della scuola non potrebbe essere riferibile a queste diverse caratteristiche personali delle alunne e degli alunni?
I riferimenti alle potenzialità cognitive e al talento come elementi correlati sono riferimenti dal sapore amaro e lasciano spazio a interpretazioni certamente escludenti se non addirittura con qualche risvolto di pericolosità in quanto rivelano una pluralità di interpretazioni che le interconnettono a costrutti quali capacità, capacità intrinseca, dono naturale, dotazione innata e abilità, palesando una sottesa ambiguità concettuale. Al di là di tale equivocità semantica, l'impiego dei termini "potenzialità" e "talento" comporta implicazioni rilevanti per la teoria della giustizia sociale (Cohen, 2011; Dworkin, 2000; Rawls, 1999; Fishkin, 2014; Shields, 2016; Sher, 2012) andando a intaccare il valore inclusivo dell’equità. Il talento, inoltre, può essere concettualizzato sia come proprietà individuale innata e auspicabile, sia come vantaggio di natura sociale che facilita l'accesso a contesti favorevoli (Rawls, 1999), andando ancora una volta a compromettere il valore inclusivo dell’equità. In ambedue le prospettive, il concetto di desiderabilità evoca la descrizione goffmaniana (2003) dell'individuo ideale, il quale incarna un insieme di attributi che definiscono il criterio di desiderabilità sociale, avendo come contraltare quello della non desiderabilità.
Si potrebbe giungere a considerare il legame intrinseco tra potenzialità cognitiva e talento come una nuova categoria di persone, bambine e bambini, alunne e alunni, una categoria che, manifestando queste due caratteristiche intrinsecamente legate, corrispondano a un “gruppo elitario” che rappresenta la desiderabilità e che per Booth e Ainscow si colloca come valore escludente e che potrebbe portare a processi di gerarchizzazione tra gli individui, dove un gruppo risulterebbe egemone rispetto a quello che non manifesta in maniera congiunta queste caratteristiche.
L’idea di inclusione delle Nuove indicazioni, seppur con punti di avanzamento anche apprezzabili, non è capace di eliminare le ombre rintracciate nella finalità della scuola. Anche se leggiamo: «Va poi compiuto un lavoro decostruttivo su discorsi e contesti. Tutte le organizzazioni – e la scuola è fra queste – sono entità sociali complesse, orientate da precisi mandati istituzionali e abitate da culture latenti, trama dei sistemi simbolici agiti, vissuti, espressi dagli insegnanti e dai diversi operatori»” (p. 14) e appaia innegabile la necessità di fare un lavoro di decostruzione dei discorsi e dei contesti, quello che lascia perplessi è la direzione verso cui compiere questa operazione decostruttiva e, vista la finalità principale della scuola, quali siano i mandati istituzionali, quali siano le culture latenti presenti nelle Nuove Indicazioni 2025 e quali siano le trame che si tesseranno su un ordito così opaco.
Bibliografia
Bocci F. (2016). Didattica inclusiva. Questioni e suggestioni. In F. Bocci, B. De Angelis, C. Fregola, D. Olmetti Peja, U. Zona, Rizodidattica. Teorie dell’apprendimento e modelli inclusivi (pp. 15-69). Lecce-Brescia: Pensa Multimedia.
Booth T., Ainscow M. (2000). Index for Inclusion: developing learning and participation in schools. Bristol: CSIE.
Booth T., Ainscow M. (2002). Index for Inclusion: developing learning and participation in schools. Bristol: CSIE; trad. it. di E. Valtellina (2008), F. Dovigo, D. Ianes, D. (Eds), L’index per l’inclusione. Promuovere l’apprendimento e la partecipazione nella scuola, Erickson, Trento.
Booth T., Ainscow M. (2011). Index for Inclusion: developing learning and participation in schools. Bristol: CSIE; trad. it. Dovigo, F. (2014) (Ed). Nuovo Index per l’inclusione. Percorsi di apprendimento e partecipazione a scuola. Roma: Carocci Faber.
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Cohen, G. A. (2011). The currency of Egalitarian Justice, and other essays in political philosophy. Princeton: Princeton University Press.
Cottini L., Morganti A. (2015). Evidence-Based Education e pedagogia speciale. Roma: Carocci.
D’Alessio S. (2011). Inclusive education in Italy. A critical analysis of the policy of integrazione scolastica, Rotterdam: Sense Publishers.
D’Alessio, S. (2013). Disability studies in education: implicazioni per la ricerca educativa e la pratica scolastica italiane. In R. Medeghini, S. D’Alessio, A.D. Marra, G. Vadalà, E. Valtellina, Disabiliy Studies. Emancipazione, inclusione scolastica e sociale, cittadinanza (pp. 89-124). Trento: Erickson.
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