Il 12 Marzo, quando è stata pubblicata la bozza delle “Nuove indicazioni nazionali 2025” elaborata dalla Commissione presieduta dalla professoressa Loredana Perla, mi sono accinta a farne una immediata lettura in solitaria.
È un testo impegnativo da affrontare, come del resto tutti i testi programmatici di questa portata. In questo caso ho avvertito qualche problematicità in più rispetto alla complessità dei testi precedenti: in particolare una prima fatica è stata quella di provare a trovare un fil rouge che tenesse in coerente sequenza le affermazioni che via via leggevo.
Un’altra fatica trasformatasi subito in sofferenza e preoccupazione l'ho registrata nel non trovare in questo nuovo testo quelle coerenze assiologiche, psicologiche, culturali ancorate a un contesto educativo intenzionalmente predisposto dalle professionalità delle insegnanti già ben presenti negli Orientamenti del 1991. Constatare che il valore del contesto educativo che molteplici sperimentazioni (ASCANIO, ALICE, ORME) hanno contribuito a definire in termini di qualità della proposta educativa, lavoro di ricerca di decenni, considerato significativo al punto da informare non solo le Indicazioni Nazionali 2012 e 2018 ma anche il più recente documento europeo “Quality Framework” per l’educazione dell’infanzia, non avesse trovato adeguato richiamo nella proposta del 2025. Francamente una qualche domanda nella mia mente l’ha fatta sorgere: dimenticanze? Non ho dormito bene quella notte.
La forza dell’esperienza sul campo
La mia esperienza di insegnante di scuola dell'infanzia è stata fortunatamente segnata da Iincontri che mi hanno insegnato l'importanza del confronto, dell'approfondimento, del mettersi in ricerca, dal farsi guidare dai dubbi più che dalle pacificanti certezze.
E proprio per questo che, quando mi è stato proposto di scrivere un commento al capitolo dedicato alla scuola dell'infanzia nel nuovo testo, ho avvertito la necessità di confrontarmi con quelle maestre, certamente un po' “vecchio stampo”, ma con le quali si è lavorato a partire dall’esprimere il parere – come CNPI – al testo degli Orientamenti del ‘91, fino a dare suggerimenti (ampiamente accolti) alla definizione delle Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei, con la precisa convinzione che la scuola dell’infanzia o sa essere strategica cerniera educativa in continuità tra i servizi educativi e la scuola del primo ciclo o rischia fortemente di essere servente la scuola che viene dopo.
Abbiamo deciso di analizzare il capitolo Scuola dell’infanzia condividendo le considerazioni di carattere generale, relative all’impianto descritto nella bozza 2025 formulate dal professor Mauro Ceruti, facendoci guidare da quegli “assi portanti fondativi” contenuti già negli Orientamenti del ‘91 che avevano caratterizzato la prima significativa svolta culturale della scuola per i bambini e le bambine dai tre ai sei anni: da scuola materna a scuola dell’infanzia.
Un pensiero pedagogico smarrito
Gli Orientamenti 91 fanno esplicito riferimento a una società in movimento e a una scuola dell’infanzia che ha la responsabilità di formulare una proposta educativa rispondente ai principi costituzionali e informata dalla ricerca pedagogica che si è sviluppata negli anni, mettendo in guardia dal rischio di rispondere alle esigenze di una società che oggi coltiva immagini e progetti per l’infanzia che derivano spesso da richieste esterne e improprie, che sono solo proiezioni di ambizioni mal poste o di frustrazioni adulte, trascurando, spinta da un precocismo assurdo, aree di esperienza e di sviluppo, alterando così i ritmi dei tempi del gioco e dei sentimenti.
La nostra scuola è nata e si è strutturata sulle idee e sulle teorie di prestigiosi pedagogisti: Aporti, Agazzi, Montessori, Manzi, Lodi, De Bartolomeis, Rodari, Neri, Malaguzzi, Frabboni, Canevaro, Bertolini, Becchi, Scurati, Pontecorvo, Cerini. Trascurare i loro insegnamenti e la loro ricerca significa, conseguentemente, privare la qualità dei percorsi e delle esperienze educative di tutta la cultura pedagogica degli ultimi 150 anni. Questa constatazione trova –purtroppo – ricaduta nella bozza in quanto le finalità della scuola dell’infanzia che pur vengono, in parte, riprese: autonomia, identità e competenza, vengono trattate come finalità che il bambino raggiunge in forma separata e decontestualizzata. Inoltre, di non secondaria importanza, la quarta finalità “sviluppo della cittadinanza” che nelle Indicazioni in vigore significa primo esercizio del dialogo fondato sulla reciprocità dell’ascolto, l’attenzione al punto di vista dell’altro e alle diversità di genere, il primo riconoscimento di diritti e doveri uguali per tutti è rimasta…nella penna degli estensori.
Il bambino da riempire
Gli Orientamenti 91 al Capitolo I, punto 3 recitano: Il bambino soggetto di diritti. Segue un paragrafo molto denso che esprime come concetto di fondo il diritto alla qualità della vita individuando come ingrediente importante e basilare le qualità relazionali. Qualità della vita per il bambino significa trovare radici di sicurezza, di cura, di sviluppo, significa sentirsi parte del tutto e riuscire a dare il senso all’esperienza che sta vivendo. Questa visione di bambino soggetto di diritti è ampiamente confermata nelle Indicazioni del 2012, infatti nel paragrafo intitolato Bambini emerge una visione d'infanzia che esprime una grande ricchezza di curiosità ed emozioni, bambini pronti a incontrare e sperimentare nuovi linguaggi, che pongono a se stessi, ai coetanei e agli adulti domande impegnative e inattese, che osservano e interrogano la natura, che elaborano le prime ipotesi sulle cose, sugli eventi, sul corpo, sulle relazioni, sulla lingua, sui diversi sistemi simbolici e sui media, e sull’esistenza di altri punti di vista. Nella bozza bambini e bambine sembrano non aver riconosciute queste competenze già sviluppate a partire dalla nascita (più precisamente dal grembo materno) e proprio per questo si prevede debbano essere guidati da un adulto capace di colmare fragilità, di fornire conoscenze che ancora non hanno. È evidente il riferimento esplicito a una figura docente vista come guida per il bene del bambino, visione assolutamente difforme dall’idea di infanzia e di apprendimento delle teorie psicopedagogiche degli ultimi anni.
Un metodo disorganico
Negli Orientamenti 91 l’ultimo capitolo è dedicato a Lineamenti di metodo. Sono indicati a tal proposito alcuni connotati di metodo che vengono definiti essenziali: la valorizzazione del gioco, l'esplorazione e la ricerca, la vita di relazione, la mediazione didattica, l'osservazione, la progettazione, la verifica, la documentazione. Si evidenzia, scorrendo queste righe, come la figura dell'insegnante che emerge non sia da subito elemento propositivo e unica apportatrice di esperienze, ma debba invece essere attenta a osservare i giochi dei bambini, il loro modo di rapportarsi agli oggetti, ai compagni, agli adulti, all’ambiente. È un'insegnante che gioca con i bambini per scoprire i loro interessi, osserva, sostiene e coordina le loro iniziative di progettazione per favorire il proseguire e l'evolversi delle esperienze intraprese. Nelle Indicazioni del 2012 il paragrafo L’ambiente di apprendimento declina e contestualizza i lineamenti di metodo, accoglie e valorizza il curricolo implicito della scuola dell’infanzia (spazi, tempi, routine, materiali, attività di vita quotidiana) e costituisce la trama per l’organizzazione del curricolo che si «esplica in un'equilibrata integrazione di momenti di cura, di relazione, di apprendimento. Apprendimento che avviene attraverso l'azione, l'esplorazione, Il contatto con gli oggetti, con la natura, con il territorio, in una dimensione ludica».
Nella bozza 2025 troviamo alcuni di questi concetti disseminati disorganicamente nel testo, tanto da svilirne in generale la portata culturale e mostrando da parte della Commissione una non conoscenza delle evidenze rilevate da due sperimentazioni nazionali denominate ASCANIO e ALICE che hanno messo in luce come, proprio sull’intreccio tra curricolo implicito ed esplicito, l’insegnante può sostenere le curiosità e le esplorazioni dei bambini agendo intenzionalmente sull’ambiente per favorire esperienze, creare occasioni di apprendimento, facilitando l’organizzazione di ciò che i bambini via via vanno scoprendo.
Quale ambiente educativo?
Negli Orientamenti 91 al capitolo II, punto 3, vengono introdotti i sistemi simbolico culturali. «Nella scuola dell'infanzia avviene un primo incontro con l'organizzazione delle conoscenze e con i sistemi simbolico culturali che esprimono il livello di sviluppo culturale di una società». L'ambiente educativo non accoglie il bambino per confinarlo in una situazione di generica socializzazione, non può essere la scuola dell’infanzia semplicemente un vivaio di relazioni umane, ma un contesto in cui è promosso l'incontro con i saperi, con i primi alfabeti, intesi con un concetto largo. Non, dunque, come strumenti propri di altre età, ma piuttosto come strumenti che consentono al bambino di compiere prime forme di osservazione, di interpretazione, di riorganizzazione della realtà. È attraverso queste modalità via via più formalizzate che il bambino incontra la cultura. Gradualmente, in maniera molto aperta sarà accompagnato a mettere in campo tutto sé stesso con le sue memorie, il suo modo di conoscere la realtà e quindi le sue intelligenze (Cerini, Nuovi Orientamenti per la scuola dell’infanzia, Valore Scuola 1991). È in questa cornice di riferimento che trovano significato i campi di esperienza. Deprivati di questa importante “premessa” e decontestualizzati dall’intreccio con il curricolo implicito e i lineamenti di metodo, i campi di esperienza appaiono ridotti a micro-discipline (per ognuno dei quali, ricordiamo, è previsto il raggiungimento di competenze e obiettivi specifici raggiungibili attraverso suggerimenti metodologici). Nella bozza 2025 questo passaggio sui campi di esperienza disvela compiutamente l’idea di bambino, di apprendimento, di saperi, di società che la Commissione che ha redatto la bozza possiede. Ed è proprio in questo passaggio che alcuni insegnanti, non avendo riscontrato una grande manipolazione nella stesura dei campi hanno ritenuto che la scuola dell’infanzia «non sia molto toccata» dalla bozza 2025. Questa visione, che purtroppo circola, è molto pericolosa e fuorviante. I campi di esperienza così decontestualizzati possono essere un ottimo eserciziario e non hanno nulla da che scambiarsi col progetto contenuto negli Orientamenti 91, integralmente recepito nelle Indicazioni 2012, dove i campi di esperienza venivano pensati come gli occhiali che l'insegnante aveva a disposizione per leggere le esperienze quotidiane dei bambini e accompagnarli verso l'incontro con i sistemi simbolico culturali. L'incontro con la cultura mediato da un insegnante colto e facilitatore. Se è pur vero che queste forme coercitive di didattica esistono ancora, è anche vero che, se questa bozza rimane così com’è, non si potrà più dire a chi vede il bambino come il bicchiere vuoto da riempire: attenzione la proposta di Indicazioni nazionali dice altro.
Manca la comunità professionale
Negli Orientamenti 91 veniva affermato che «essere insegnante di scuola dell’infanzia comporta oggi un profilo di alta complessità e di grande responsabilità e richiede la padronanza di specifiche competenze culturali, pedagogiche, psicologiche, metodologiche e didattiche unite a una aperta sensibilità e disponibilità alla relazione educativa con i bambini». Questo profilo professionale viene ripreso nelle Indicazioni del 2012 dove si ribadisce la necessità di avere insegnanti motivati, preparati, attenti alle specificità dei bambini e dei gruppi di cui si prendono cura. Insegnanti che riflettono su ciò che fanno e si sanno interrogare collegialmente sulle ragioni delle scelte compiute in funzione della costruzione di un ambiente educativo accogliente, sicuro, ben organizzato, capace di suscitare la fiducia dei genitori e della comunità. Manca dunque la prospettiva collegiale di un team di docenti accomunato da precisi stili educativi ispirati da criteri di ascolto, accompagnamento e presa in carico del mondo del bambino, dei saperi personali di ognuna e ognuno. Anche in questo caso manca l’idea di comunità professionale che cresce arricchita dal confronto, dalla formazione continua, dalla riflessione sulla pratica, dal rapporto con i saperi e la cultura. Nelle Indicazioni 2025 è evidente il riferimento a un insegnante singolo che riveste un ruolo generico di guida, considerato in partenza non competente, tanto che vengono suggerite pratiche didattiche a mo’ di desuete abitudini di di programmazioni – perfette o quasi sulla carta – mai concretizzate nel quotidiano (per fortuna per quei bambini che sanno ancora essere ostili a ciò che non li incuriosisce autenticamente!). Quello sulla professionalità degli insegnanti è un passaggio che ferisce chi della propria professionalità ha fatto, insieme a moltissime colleghe, una ragione di orgoglio e di responsabilità per essere e sentirsi sempre di più e meglio rispettosi dei diritti dei bambini ad avere adulti professionalmente considerabili punti di riferimento certi.
È possibile che la Commissione che ha elaborato la bozza 2025 non abbia per nulla conoscenza e memoria di questo lavoro che è stato fatto in 50 anni e più di ricerca professionale sul campo?
Sarebbe stato necessario…
In questo periodo, In tanti si sono chiesti se fosse così urgente e necessaria una rivisitazione delle Indicazioni del 2012, già integrate dal documento sui nuovi scenari del 2018 e dalle Linee guida sull’educazione civica. Di certo sarebbe stato urgente completare il quadro dei nuovi scenari con l’introduzione di un preciso capitolo concernente lo zerosei.
Negli ultimi dieci anni si è assistito a una vera e propria svolta nelle politiche europee rivolte ai servizi per l’infanzia. Da un approccio orientato prevalentemente all’espansione quantitativa dell’offerta si è passati a una visione in cui prevale decisamente il riconoscimento del forte valore educativo dei servizi zerosei. La Commissione e il Consiglio Europeo considerano lo zerosei il periodo più importante e decisivo di tutta la vita di ogni persona. Nella Raccomandazione del 22 maggio 2019 relativa ai sistemi di educazione e cura di alta qualità della prima infanzia (ECEC – Early Childood Education and Care) si legge: «L’apprendimento è un processo graduale: gettare solide basi nei primi anni è il presupposto per sviluppare competenze a livello superiore e per garantire il successo educativo-formativo, oltre a essere essenziale per la salute e per il benessere dei bambini. Pertanto, l’educazione e la cura della prima infanzia devono essere considerate come la base d’istruzione e di formazione e devono costituire parte integrante di tutto il percorso educativo». Numerose ricerche nazionali e internazionali attestano che la frequenza del nido e della scuola dell’infanzia può contribuire a favorire il pieno sviluppo delle potenzialità infantili sul piano cognitivo, relazionale e sociale, contrastando gli effetti di condizioni disuguali di partenza e di povertà educativa. Un ulteriore passo avanti del Consiglio Europeo è la Raccomandazione del 14 giugno 2021 che istituisce un sistema Europeo di garanzia per i bambini vulnerabili (European Child Guarantee) per il superamento della povertà minorile e la prevenzione del disagio. Tale Raccomandazione ha l’obiettivo di combattere l’esclusione sociale mediante l’accesso effettivo a una alimentazione sana, a un alloggio adeguato, alla educazione e cura della prima infanzia, all’istruzione, all’assistenza sanitaria. Il nostro paese con le “Linee pedagogiche per il sistema integrato zerosei” (DM 22 novembre 2021, n. 334) e con gli “Orientamenti nazionali per i servizi educativi per l’infanzia” (DM 24 febbraio 2022, n. 43) si conferma, almeno dal punto di vista del pensiero pedagogico all’avanguardia nella educazione all’infanzia. Il nido d’infanzia deve entrare a far parte del sistema scolastico a tutti gli effetti. Si rende necessario ridefinire un percorso curricolare che deve ampliarsi a partire da tre mesi di vita del bambino con servizi educativi di qualità.
Purtroppo, non c’è traccia nella bozza per le Indicazioni nazionali 2025 di tali documenti. Peccato. Avremmo potuto vantare un primato europeo nei confronti della cura e della educazione per la prima infanzia[1].
Bibliografia
Orientamenti 1991 - Decreto Ministeriale 3 giugno 1991.
Progetto ASCANIO, Servizio Scuola Materna (MPI) Circolare Ministeriale 70 del 24 febbraio 1994.
Progetto ALICE, Servizio Scuola Materna (MPI) - Circolare ministeriale n. 112 Prot. n. 1700, Roma, 23 aprile 1999.
Regolamento per l’Autonomia delle Istituzioni Scolastiche - DPR 275 del 8 marzo 1999.
Commissione per il riordino dei cicli scolastici presieduta da Tullio De Mauro - Dichiarazione di conclusione dei lavori 12/09/2000.
Indicazioni Nazionali 2007 - Ministero P.I., D.M. 31 luglio 2007.
Indicazioni Nazionali 2012 – D.M. 254 del 16 novembre 2012.
Nuovi Scenari 2018, Nota 3645 del 01/03/2018.
Bozza Nuove Indicazioni Nazionali 2025 del 11 marzo 2025.