Cultura

30 marzo 2023

Di guerra in guerra, un libro di Edgar Morin

Pianeta, continente europeo in particolare. Oltre un secolo di guerre.

Il primo bombardamento aereo in Europa per terrorizzare le popolazioni civili fu quello della Luftwaffe che annientò Rotterdam nel maggio 1940, altri seguirono. Poi ci furono i bombardamenti alleati sulle città tedesche e l’orrore del nazismo e dei suoi abomini nei paesi occupati, soprattutto nell’URSS, talora occultò ai resistenti e agli antinazisti l’orrore di bombardamenti “nostri” che distruggevano città intere, colpendo donne, bambini, anziani più che i combattenti. Il nazismo fu criminale per la sua natura razzista e dispotica, questo non vale per le democrazie alleate, pur se restava e resta vero che, durante le loro (nostre) conquiste coloniali e nelle repressioni contro i colonizzati, abbiano commesso ciò che, a posteriori, bisogna definire “crimini di guerra”. Sono forse distinguibili in base a tre criteri: occasionali violazioni del diritto internazionale umanitario (senza istruzioni dal comando); strutturali crimini e violenze (decisi da ufficiali o generali); crimini di guerra sistemici, che nel conflitto fanno parte della strategia militare del governo, il quale ne è il decisore iniziale. Nel condurre motivatamente una guerra contro l’ignobile nazismo, accadde di occultare la barbarie dei bombardamenti americani, la barbarie del Gulag e dello stalinismo. C’è stato bisogno che passassero anni e decenni perché diventasse chiaro che, per quanto giusta fosse la resistenza al nazismo, la guerra del Bene comporta in sé del Male. Ora che la Russia ha ignobilmente aggredito e invaso l’Ucraina, paese che va giustamente aiutato e sostenuto nelle proprie indipendenza e sovranità nazionale, non è comunque peccato (capitolazione) parlare di cessate il fuoco, di negoziati e di pace.

Il grande sociologo e filosofo Edgar Morin (8 luglio 1921) ha 101 anni e ha fatto la seconda guerra mondiale. Nel novembre 2022 ha scritto un breve denso bellissimo saggio di storia contemporanea sulle guerre, partendo dalla propria esperienza personale. Inizia ricordando proprio che a inizio 1945, mentre era assegnato allo Stato maggiore della prima armata francese, si recò a Pforzheim, poco prima della effettiva ufficiale capitolazione di una Germania già vinta, e trovò la cittadina totalmente distrutta da un raid di 367 bombardieri della Royal Air Force con 17.000 civili uccisi (un terzo della popolazione) e altrettanti feriti, praticamente in contemporanea con l’annientamento della città d’arte demilitarizzata di Dresda (300.000 morti). Prosegue con dodici altri rapidi capitoli dal titolo significativo: isteria di guerra (riferendosi già al 1914-1918), menzogne di guerra, la “spionite”, la criminalizzazione del popolo nemico, la radicalizzazione dei conflitti (il cuore del problema: tutti i “noi” solo e contro tutti gli altri), le sorprese dell’inatteso, l’errore e l’illusione, la contestualizzazione, la dialettica delle relazioni fra Stati Uniti e Russia, Ucraina, la guerra, per la pace. Nella prima parte acuti e precisi spunti di riflessione sono generali e riguardano un po’ tutte le guerre del Novecento; via via che il coerente ragionamento prosegue crescono i riferimenti alla guerra in corso. Senza indulgenze: se la Russia putiniana è l’autrice di questa guerra, lo è al termine di un processo di radicalizzazione reciproca.

Come spesso accade nella storia, il nemico fortifica l’identità di una nazione e l’odio per il nemico è un cemento di unità nazionale.

Morin scrive il testo a fine 2022, in piena escalation militare, ma prova ad accennare ai termini di un negoziato credibile, certo che solo la pace alla lunga porterebbe pacificazione.

Evitiamo una guerra mondiale. Sarebbe peggio della precedente (quando ancora non esisteva il pervasivo decisivo rischio nucleare).

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