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Politiche educative

CSPI: UNA VOCE INASCOLTATA, UNA SCUOLA TRASCURATA. RIFLESSIONI E PROPOSTE

Faccio parte del CSPI e le proposte che avanzerò nel mio intervento nascono dall'esperienza vissuta in questo Organo Collegiale Nazionale. Il CSPI è l’unico organo collegiale effettivamente riformato e reso operativo dal 2016 a oggi. E questo – com’è ormai noto – non è avvenuto per scelta governativa ma in seguito all’iniziativa della FLC CGIL.

La nostra Organizzazione infatti promosse, a suo tempo, un ricorso che, dopo un lungo iter, condusse alla nomina di un commissario ad acta. Il Commissario stesso, sulla base di una sentenza favorevole al ricorso, si sostituì al Governo che, nonostante la sentenza, si incaponiva a non applicare il deliberato dei giudici.

Del CSPI faccio parte fin dalla sua rinascita e ne sono ancora componente come membro del suo ufficio di presidenza. Ebbene, in questi quasi 10 anni di attività il CSPI è stata l’unica sede in cui si è potuta far sentire la voce della scuola su tutti gli atti di amministrazione scolastica adottati dal Ministero dell’Istruzione attraverso l’emanazione di pareri obbligatori ma non vincolanti.

Lo scontro con il decisionismo ministeriale

Dobbiamo dire che la mole di lavoro svolta dal CSPI, piuttosto che essere apprezzata dai Ministri, a noi pare venga vissuta come un intralcio alla velocità del decisionismo governativo che mal sopporta la voce critica levata sugli atti adottati dall’amministrazione centrale. Basti pensare che nei primi 8 anni di legislatura il consiglio ha espresso ben 172 pareri, una media di circa 22 pareri l’anno. Nel 2023/24 a causa della foga riformatrice, o meglio de-formatrice, di Valditara i pareri espressi sono stati addirittura 43, molti dei quali con giudizi piuttosto severi come nel caso dell’introduzione del tutor per l’orientamento nella scuola superiore.

E infatti la prima cosa che dobbiamo denunciare è proprio la seguente. Al CSPI viene lasciato poco tempo per discutere con serenità e profondità delle questioni su cui si deve esprimere il parere. Si pensi che l’organo da esso sostituito e che ha operato fino al 2012, il CNPI aveva ben 45 giorni di tempo per esprimersi e molte più risorse a disposizione, se si considera che contava su 70 componenti. Con il CSPI si è passati a 36 componenti e a 20 giorni di tempo ridotti a soli 10 giorni per i provvedimenti aventi carattere di urgenza, trascorsi i quali il Ministro può procedere per la sua strada.

Se questi tempi ridotti potevano avere un senso durante gli anni della pandemia, averli confermati per legge a emergenza sanitaria superata è sintomatico di una precisa volontà politica: del parere del CSPI, potendo, se ne farebbe proprio a meno. E infatti 10 giorni sono del tutto insufficienti. La ristrettezza dei tempi impone che le riunioni si facciano giocoforza a distanza e che l’esame degli atti avvenga in fretta e furia sottoponendo quei pochi componenti rimasti a un forte stress da lavoro.

Va anche detto che la composizione del CSPI non risponde a criteri democratici e di rappresentatività sostanziale. I componenti eletti sono 18, in rappresentanza di docenti, ATA e dirigenti, e altri 18 sono di nomina ministeriale. I nominati in grandissima parte sono di fede politica corrispondente ai governi. E fin qui nessuno scandalo.

Ma quello che non va è che per lo più essi sono scelti fra dirigenti amministrativi, ispettori e dirigenti scolastici: attualmente su 18 nominati solo uno è un docente. E poi ci chiediamo quale sia il senso della presenza all’interno del consiglio dei rappresentanti delle scuole non statali se il CSPI non esamina provvedimenti relativi alle scuole paritarie? Perché mai un gestore della scuola non statale, come è successo anche recentemente, si esprime sul sistema di valutazione dei dirigenti scolastici della scuola pubblica?

Anomalie nella rappresentanza. I correttivi

Intendiamoci: noi siamo rispettosi di tutte le figure professionali e sia chiaro che non stiamo rivolgendo nessuna critica alle professioni che abbiamo richiamato; ma crediamo sia legittimo far rilevare la questione. La componente maggioritaria della scuola, un milione di insegnanti, nella parte di nomina ministeriale, è rappresentata per un diciottesimo.

Inoltre non possiamo fare a meno di sottolineare che la stessa composizione della rappresentanza delle professioni designate ed elette andrebbe rivista. Non ci spieghiamo come mai il personale ATA che nella scuola ammonta a 205.000 unità organiche abbia un solo rappresentante. E analoga riflessione va fatta sulla rappresentanza del personale della scuola dell’infanzia che ammonta a 80.000 unità organiche ma esprime un solo rappresentante.

Questi numeri dicono di una cultura ormai superata: quella che vuole considerare il personale ATA ancora marginale e il personale dell’infanzia come secondario e inferiore: è come se dicessimo che in medicina sono più importanti i geriatri che i pediatri.

Senza considerare che c’è una componente scolastica completamente ignorata. Ci riferiamo agli educatori. A questo proposito vorremmo sottolineare l’importanza del ruolo giuridico e sociale degli educatori e dell’ingiustificato silenzio che è calato su questa categoria. Basti pensare al ruolo fondamentale che queste istituzioni hanno svolto durante la pandemia dove le attività didattiche ed educative si sono svolte esclusivamente in presenza.

Dunque, sono necessari dei cambiamenti per rendere funzionale il CSPI: aumentare almeno a due terzi la rappresentanza delle professioni scolastiche riequilibrandola a favore di docenti, educatori e ATA, indicando fra la componente nominata delle precise professioni che privilegino i ricercatori e i pedagogisti e l’intellettualità che si occupa, a vario titolo, del fatto scolastico. E questo va detto forte e chiaro perché nel DDL sulla semplificazione del luglio scorso si dice esplicitamente che si vogliono rivedere le funzioni degli organi consultivi del Ministero.

E di organo consultivo il ministero ha solo... il CSPI.

Già alcuni esponenti dell’attuale maggioranza hanno tentato di riformare il CSPI in direzione di una maggiore presenza numerica della componente di nomina ministeriale. Cioè nella direzione esattamente contraria a quello che sarebbe necessario fare per dare snellezza e maggiore credibilità al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione.

Infine, dobbiamo ribadire quanto già espresso nell'relazione introduttiva: occorre restituire agli Organi Collegiali la funzione di tutela della libertà di insegnamento e dell’autonomia professionale. Occorre reinsediare gli organismi di garanzia che operavano a livello provinciale per i docenti del primo ciclo e nazionale per i docenti del secondo ciclo e per gli stessi dirigenti scolastici.

È misura ineludibile, questa, e qualsiasi governo rispettoso della Costituzione dovrebbe metterlo come primo punto del suo programma per la scuola. Sarebbe un gran bel segnale di rispetto e di democrazia per la libertà della scuola, che costituisce la libertà per tutti.

L'autore

Anna Maria Santoro

Ufficio di Presidenza CSPI (Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione)