La necessità di un rilancio degli Organi Collegiali e degli spazi di collegialità all’interno delle scuole tocca inevitabilmente un tema più ampio che è quello della ridefinizione dei poteri tra gli organi di governo e di rappresentanza nelle scuole e, più specificamente, del difficile equilibrio tra i poteri del Dirigente scolastico e quello degli Organi Collegiali.
Poco meno di 30 anni fa l’articolo 21 della legge Bassanini (L. 59/97) – precisamente il comma 15 dell’articolo 21 – aveva previsto che l’introduzione dell’autonomia scolastica fosse accompagnata da una riforma degli Organi Collegiali a livello nazionale e periferico che tenesse conto del mutato contesto organizzativo, della specificità del settore scolastico e valorizzasse l’autonomo apporto delle diverse componenti, delle specifiche professionalità e delle specifiche competenze in esso presenti.
Lo stesso articolo 21 delegava il compito al Governo, nel rispetto di ben precisi criteri: innanzitutto armonizzando composizione e funzioni dei nuovi organi con le competenze attribuite all’amministrazione scolastica centrale e periferica e alle istituzioni scolastiche autonome (non si citano i DS); inoltre procedendo alla razionalizzazione degli organi esistenti, razionalizzazione collegata all’obiettivo più generale riferito a tutta la Pubblica Amministrazione di superare la frammentazione delle procedure, garantire maggiore efficienza dell'azione amministrativa, eliminando le duplicazioni di funzioni. Come sappiamo tutti, quella delega non è mai stata attuata, non è stata realizzata la riforma degli Organi Collegiali a livello di istituzione scolastica, né sono stati attivati gli Organi Collegiali territoriali e regionali. Si è tentato di fare lo stesso con il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione, divenuto Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione con il decreto legislativo 233/1999, che sopravvive come è noto solo grazie a una sentenza del Consiglio di Stato del 2014 (a seguito del ricorso della FLC CGIL) che ne ha imposto il rinnovo.
Le insidie della legge delega
Parliamo oggi di Organi Collegiali, perché il disegno di legge 1192 recante Misure in materia di semplificazione normativa, precisamente l’art. 8 del DDL 1192 Delega al Governo in materia di istruzione al comma 1, lettera e) prevede una revisione della disciplina degli organi collegiali della scuola, ricollegandosi evidentemente alle previsioni dell’art. 21 della Bassanini ma con un elemento dissonante che salta immediatamente agli occhi dalla lettura dei criteri generali di quella delega perché: l’art. 8, comma 1, lettera e), dopo aver richiamato il principio dell’autonomia scolastica (fermo restando il principio dell’autonomia), indica il perimetro entro il quale si colloca questa revisione: definire compiti e responsabilità, eliminando duplicazioni e sovrapposizioni e ridefinendone il rapporto con il ruolo, le competenze e le responsabilità dei dirigenti scolastici, come disciplinati dalla normativa vigente.
È proprio in quest’ultima frase che si nasconde l’aspetto più insidioso della delega che, apparentemente, professa il rispetto dell’autonomia scolastica, mentre invece intende depotenziarla, attribuendo più poteri al Dirigente scolastico, modificando radicalmente il modello di leadership partecipata e prefigurando un modello gerarchizzato in cui il rapporto tra Dirigente scolastico e Organi Collegiali possa trasformarsi in un rapporto di subordinazione e controllo.
Sappiamo bene che nella disamina delle problematiche della dirigenza scolastica, queste vengono attribuite da alcuni all’esistenza di limiti e condizionamenti delle prerogative dirigenziali da parte degli organi collegiali e che una possibile soluzione viene individuata nel loro ridimensionamento, attraverso una riduzione dell’autonomia e delle prerogative che la norma attribuisce a questi organi, nell’errata convinzione che l’autonomia del Dirigente scolastico possa in tal modo dispiegarsi con maggiore efficacia nel perseguire la qualità del servizio di istruzione.
Un ulteriore esempio di questa errata convinzione è dato dalla procedura di valutazione dei dirigenti scolastici che il ministro Valditara si accinge a licenziare.
Senza la pretesa di illustrare in maniera esaustiva la complessa procedura prevista, basti soltanto sottolineare che quella procedura, in cui la figura del dirigente scolastico risulta fortemente curvata sugli aspetti amministrativo-gestionali, prevede l’attribuzione di un punteggio sulla base dati oggettivi desumibili dal sistema informativo del ministero. Si tratta di dati inerenti all’attività amministrativo-gestionale e all’attività di direzione del Dirigente scolastico nelle quali ricoprono un ruolo centrale l’apparato amministrativo da una parte, gli Organi Collegiali dall’altra (solo per fare qualche esempio: tempestività dei pagamenti, adesione alle reti di scuola, adempimento degli obblighi di pubblicità degli atti amministrativi, adesione alle sperimentazioni).
Anziché criticarne il difficile o inesistente collegamento con le azioni direttamente ascrivibili al Dirigente scolastico, da parte di alcuni si è preferito piuttosto evidenziarne i limiti che sarebbero determinati dalla partecipazione di altri soggetti alle decisioni da assumere o alle procedure da definire, come se l’inadeguatezza di quel modello di valutazione dipendesse dal fatto che i dati sono il risultato di un processo decisionale partecipato, eliminando il quale, la valutazione potesse risultare sostenibile.
Nell’architettura della autonomia scolastica delineata dalla norma i compiti e le responsabilità dei docenti, nella dimensione collegiale e individuale della loro funzione, sono quelli della progettazione e della realizzazione del processo di insegnamento e apprendimento; sul versante amministrativo-gestionale i compiti del Direttore dei servizi generali e amministrativi sono quelli di direzione dell’apparato amministrativo, tecnico e ausiliario che a quei processi devono fornire il supporto tecnico e strumentale che ne consente la realizzazione; le funzioni del Consiglio di istituto sono quelle di indirizzo, programmazione e controllo sull’utilizzo risorse.
Su questi tre versanti si esercitano i poteri di direzione, coordinamento e valorizzazione delle risorse umane del Dirigente scolastico, finalizzati a garantire la qualità dei processi formativi, nel rispetto delle competenze degli Organi Collegiali, della libertà di insegnamento, dell’autonomia operativa del Direttore dei servizi.
Si tratta di un modello organizzativo che non prevede un rapporto gerarchico tra le diverse figure, perché l’autonomia scolastica può dispiegarsi e rafforzarsi solo con l’equilibrio delle funzioni che la norma affida a ciascuna di esse.
Partecipazione vs gerachia
Pensare che uno svuotamento dei poteri degli organi decisionali della scuola compensato dall’assunzione di maggiori responsabilità da parte dei dirigenti scolastici possa migliorare la governance delle istituzioni scolastiche, significa non riuscire a cogliere i pericoli che corre la stessa dirigenza scolastica, che risulterebbe indebolita rispetto alle pressioni esterne e permeabile al controllo diretto da parte dell’amministrazione centrale e del governo.
L’occasione che oggi la FLC CGIL e Proteo Fare Sapere offrono alla discussione su un rilancio della funzione degli Organi Collegiali all’interno della cornice dell’autonomia scolastica è perciò molto preziosa perché consente anche di riflettere sul modello organizzativo che è necessario promuovere e consolidare dentro le scuole e sul ruolo che in questo modello è necessario affidare al Dirigente scolastico.
Non esistono vie di mezzo: l’alternativa alla leadership partecipata è una regressione verso un modello gerarchico e centralizzato in cui il dirigente scolastico diventa lo strumento del controllo dall’alto sulle scuole.
L’autonomia delle scuole e degli Organi Collegiali è l’autonomia del dirigente scolastico: senza l’una non può esistere l’altra.
Nella discussione che si aprirà a breve in parlamento per l’approvazione del disegno di legge e la definizione del perimetro della delega prevista dall’art. 8 sulla revisione della disciplina degli Organi Collegiali, il nostro obiettivo dovrà pertanto essere quello di ricondurre i criteri della delega a quanto indicato trent’anni fa dall’art. 21, eliminando ogni riferimento alla ridefinizione delle competenze in rapporto a quelle del Dirigente scolastico.
La battaglia che ci accingiamo a ingaggiare per il rilancio degli Organi Collegiali non è però una difesa aprioristica dell’esistente, perché rispetto a cinquant’anni fa è profondamente mutato il contesto socio-culturale e sono cambiate le condizioni della partecipazione.
Deve essere, soprattutto per i Dirigenti scolastici, una battaglia per difendere e rendere effettivamente agibili gli spazi di collegialità e di democrazia all’interno delle scuole.