La rivista

Politiche educative

RINNOVARE ED ESTENDERE GLI STRUMENTI DI DEMOCRAZIA NELLA SCUOLA

Questo convegno è un’occasione di discussione che tiene viva una rete che esiste da tempo e che non dobbiamo allentare; anzi, se col sindacato e le associazioni (di studenti, docenti e genitori) i legami sono solidi e frequenti, è tra le forze politiche di opposizione che dobbiamo fare un salto di qualità, sulla scuola come abbiamo saputo fare sul salario minimo; oggi è possibile, parliamo lo stesso linguaggio e ci sono le condizioni per non ripetere gli errori politici e culturali del passato, che hanno contribuito a spianare la strada alla destra neofascista e liberista. Ma prima, permettetemi di ricordare che siamo a Roma a parlare, giustamente, di Organi Collegiali e di democrazia nella scuola, nella città in cui ci sono studentesse e studenti mobilitati, licei occupati che subiscono repressioni, provocazioni e minacce di bocciature, sospensioni, ritorsioni penali e pecuniarie. Dobbiamo essere vicini – sindacato, associazioni e forze democratiche – a questi ragazzi, concretamente e senza paternalismi, perché stanno difendendo i diritti di tutti noi e la speranza di un sapere critico, della scuola della Costituzione. Gli Organi Collegiali furono, com’è stato detto, il frutto di grandi lotte sociali, tra la fine degli anni '60 e la prima metà degli anni '70, prima della “grande gelata”; e, se vogliamo difenderli, rinnovarli, estenderli, è a partire da questa conflittualità dei giovani, che possiamo farlo. Conflitto, sì. Perché veramente tossica è la repressione, l’assenza del conflitto, con buona pace per la CISL. Il conflitto è l’essenza della democrazia, nella scuola come nella società.

Rimotivare le persone alla partecipazione democratica

Mi sia permessa un’amara ironia; siamo a 50 anni dall’istituzione degli Organi Collegiali, ma, in questo 2025, anche a 100 anni dalle prime “leggi fascistissime”, e non vorremmo attendere altri 50 anni, prima di conoscere una nuova espansione democratica. Gradiremmo evitare, cioè, che si riproponga un ciclo, magari peggiore di quello del Novecento.

Ma veniamo al vero tema di oggi: difendere gli strumenti di democrazia nella scuola, rinnovarli ed estenderli. Perché questo sia realistico, però, nel contesto storico in cui viviamo (dentro e fuori dalle scuole), non basta affidarsi a esercizi di ingegneria istituzionale o legislativa (pure necessari e inevitabili); occorre affiancare un enorme lavoro per rimotivare le persone, in carne e ossa, alla partecipazione democratica, riaccendere la scintilla del progetto collettivo. Perché la crisi degli Organi Collegiali è anche figlia del regresso generale di quella spinta che li aveva generati; così come di un trentennio di ideologia individualista (di cui l’involuzione familista e personalistica della presenza di molti genitori è un segnale evidente), e della crisi dei soggetti politici, largamente intesi. Ma anche della subalternità alle “esigenze del mercato”, che oggi è esasperata e rischia di produrre un attacco mortale alla scuola democratica e costituzionale; ma che è in atto da trent’anni, anche in ambiti politici che avrebbero dovuto contrastarla. Questo ha generato i processi di aziendalizzazione della scuola, nei fatti, come nel lessico; quest’ultimo è parte integrante dell’egemonia neoliberista, che bisogna rovesciare radicalmente, per quanto difficile possa essere. Dentro questo contesto va letto il tentativo di questa destra antisociale e illiberale, di stravolgere gli organi collegiali, spostando i poteri sui “dirigenti” (a proposito di lessico!) e, di fatto svuotandoli; per giunta – dato significativo – di farlo nel decreto semplificazioni. Il messaggio è chiaro: la democrazia non funziona, è troppo complicata, va sostituita con organi e funzioni sempre più esecutivi; cioè sempre più controllabili e subalterni. Ma la democrazia non è semplificabile e non dobbiamo permettere che venga compressa. Anzi, l’attacco alla complessità è, in sé, un attacco profondo alla democrazia e al pensiero critico. La democrazia si difende estendendola, ampliandola e, appunto, rimotivando al suo esercizio. Per riuscirci – com’è evidentemente condiviso tra noi – dobbiamo legare la battaglia per rinnovare gli organi collegiali, con quella contro la repressione delle proteste e contro la scuola di Valditara, ridotta ad “agenzia interinale” che sforni manodopera a basso costo. Alla controriforma a pezzi, che il governo sta attuando, dobbiamo rispondere con un disegno chiaro e generale, centrato sul sistema dell’istruzione pubblica, come strumento di emancipazione sociale e di liberazione umana; uscendo dal confine degli addetti ai lavori, parlando, invece, ai lavoratori, a nonne e nonni, genitori e cittadini. Uscire da questo confine, perché si può ribaltare l’egemonia neoliberista solo se la scuola torna a essere centrale per la democrazia. Cioè, può vivere la democrazia nella scuola, solo se la scuola vive nella battaglia democratica; tanto più quando la democrazia stessa è sotto un attacco frontale su scala globale – proprio per cancellare i caratteri delle Costituzioni democratiche – da parte di chi pensa a una scuola selettiva (su base di classe), per una società selettiva. Non si tratta solo del tradizionale liberismo dei privilegi; si tratta di una involuzione autoritaria, che parla di selezione globale, di miliardi di poveri, migranti, fragili e che vuole gestire l’ultima stagione fossile, nell’epoca del disastro ambientale.

Per questo voglio dire, con chiarezza, alle altre forze politiche di opposizione, che, a partire dalla scuola e dall’università, ma anche in termini generali, per costruire un’alternativa, in Italia e in Europa, serve scrollarsi di dosso i riflessi dell’egemonia neoliberista di questo trentennio (che ha favorito il disegno autoritario della destra estrema, anche in Italia); non si debbono, cioè, ripercorrere errori e cedimenti del passato, oggi all’opposizione e domani, quando sarà, al governo del Paese o degli altri Paesi europei.

Non sto parlando d’altro, rispetto agli Organi Collegiali, perché essi sono nati, appunto, in una fase estensiva; e, nel corso degli anni '80 e '90, è stato grave non accorgersi di quello che stava accadendo, rimanendo (mi si passi il termine) sdraiati nel còmfort di un’espansione democratica, che si considerava – un po’ positivisticamente – quasi inesauribile. Oggi è chiaro che quel còmfort non esiste più e, a livello popolare (perché genitori, insegnanti, personale ATA e studenti sono popolo) bisogna ricostruire il senso stesso, direi la grammatica di base della partecipazione democratica. Questa ri-motivazione, ma direi la costruzione di una nuova motivazione, ci chiede di pensare strumenti più ampi, che costituiscano anche una pedagogia democratica. Faccio un esempio: superare i limiti dei Consigli di classe, anche allargandone le rappresentanze, ma, soprattutto, affiancando assemblee dei docenti, degli studenti e dei genitori, che riflettano insieme dei percorsi educativi, dei problemi e dei conflitti, li condividano; ma che producano anche progetti formativi (non limitandosi a raccogliere offerte esterne). Perché la democrazia non è mai stata solo metodo, o solo controllo, ma anche progetto, pensiero collettivo. E, naturalmente, restituendo ai Collegi docenti la funzione didattica e pedagogica, con Presidi, non Dirigenti, in scuole più piccole; a questo proposito, vorrei ricordare che abbiamo presentato un DDL per riportare a 400 alunni il numero minimo per avere un’autonomia scolastica. Direi, più esplicitamente: ogni scuola un Preside. Questi sono solo alcuni spunti, e proposte, nel merito; tra l’altro, già in parte contenute nella relazione e in diversi interventi. E penso, anche, che la nostra azione non debba essere, su questo tema, solo emendativa del decreto “semplificazioni”; ma che ci sono le condizioni per elaborare noi (questa rete) una proposta organica di riforma e allargamento degli organi collegiali.

Quello che mi preme sottolineare, per concludere, è, appunto, la rete che qui, grazie alla FLC CGIL, sta continuando a vivere e che è essenziale tenere salda e, magari, allargarla. È la rete che vuole rinnovare e difendere la scuola della Costituzione; e lo fa – mentre la destra la vuole smontare – rilanciando il principale strumento della democrazia nella scuola, dunque rovesciando il disegno autoritario. Praticando il conflitto, e restando vicini ai giovani che lo esprimono, nelle loro forme, coi loro linguaggi.

L'autore

Giuseppe Buondonno

Responsabile Scuola Segreteria Nazionale di Sinistra Italiana