Prendendo le mosse dall’ecologia integrale proposta dall’enciclica Laudato si’ sulla cura della “casa comune”, attraverso cui Papa Francesco nel 2015 ha allargato lo sguardo alla devastazione del pianeta, alla distruzione delle specie che lo abitano, alla continua riduzione a “scarti” dei più poveri tra i suoi abitanti, è nata nel 2018 l’associazione Laudato si’, “un’alleanza per il clima, la terra, la giustizia sociale”, che ha avviato un tavolo di lavoro e confronto tra attivisti, studiosi, rappresentanti dell’associazionismo, per stendere un documento programmatico che provasse a tradurre politicamente i principi dell’ecologia integrale.
Da allora tanti sono stati i passi che l’associazione ha compiuto nella direzione di un cambiamento di paradigma così importante: ha lanciato una lettera appello sottoscritta da più di duecento intellettuali e attivisti, chiedendo un impegno a promuovere sui luoghi di lavoro, nelle istituzioni e nella società il discorso di giustizia sociale e ambientale, di mitezza e solidarietà tracciato dalla Laudato si’. Ha convocato un Forum nazionale sull’enciclica, dal quale percorso è nato il testo “Niente di questo mondo ci risulta indifferente”, una sintesi puntuale, ricca e documentata, esposta in modo piano, comprensibile e preciso, delle tematiche connesse con le emergenze del nostro tempo: climatica, sociale, sanitaria, educativa. E attorno al libro, l’associazione ha poi avviato un processo di formazione portando le elaborazioni dell’ecologia integrale nelle scuole, sui posti di lavoro, nei territori.
Ed è qui che comincia il nostro percorso di formazione. È infatti da poco stato presentato il corso di formazione di ecologia integrale "Gaia nella scuola" organizzato da Proteo Fare Sapere, FLC CGIL e l’associazione Laudato sì. Il corso si svolge online in modalità asincrona sulla piattaforma e-learning di Proteo ed è rivolto a docenti di tutti gli ordini di scuola e studenti e studentesse di scuola secondaria di II grado. L'obiettivo è accompagnare studenti e studentesse a cogliere in uno stesso orizzonte fenomeni apparentemente distanti e generalmente percepiti in un inquadramento specialistico, invitandoli ad acquisire conoscenze integrate e strumenti critici sulla complessità del mondo in cui vivono.
Abbiamo chiesto a Daniela Padoan, scrittrice, saggista, attivista e presidente dell’associazione “Laudato si’, qual è stato il percorso per arrivare fino a qui.
Il corso è nato come esito naturale della nascita dell’associazione, quando ci siamo raccolti attorno all’enciclica e abbiamo subito capito che mettere in campo un’azione politica avrebbe significato dover andare in direzione della formazione e dell’istruzione. Per questo abbiamo cominciato ad andare nelle scuole, dove abbiamo avuto subito l’impressione che ci fosse un vero e proprio buco, causato da un messaggio che non riusciva a passare. Ma l’urgenza c’era: non c’era più tempo. Dovevamo cercare l’attenzione degli studenti ma anche degli adulti, universo nel quale dilaga una forma di analfabetismo, fatto non soltanto di povertà educativa, ma anche di un eccesso di specialismi. Molti di noi conoscono benissimo la loro materia ma ignorano il resto. È invece quanto mai necessaria una visione complessiva che la modernità ci sta facendo perdere di vista. Quello che credo è che siamo di fronte a una sorta di scomparsa della realtà. E questo permette anche politiche di greenwashing, ecologismi di facciata di governi che sotto grandi discorsi nascondono interessi di ben altro tipo.
E questo è il compito della scuola
La priorità per noi è portare nella scuola e agli insegnanti l’idea che siamo in un momento storico complicato e grave, stiamo vivendo una crisi che non abbiamo strumenti per comprendere a pieno e che ci viene rimbalzata da tutte le parti fino a che diveniamo sordi alla sua realtà. La scuola ha questo compito: quello di restituire la realtà, dando agli studenti gli strumenti e loro interconnessioni. Insegnandogli, ad esempio, se parliamo di ambiente, che quando parliamo di rifiuti non parliamo solo di terra e mare ma anche di cielo. Un cielo che è pieno di rifiuti. E non solo di cielo, ma di una distruzione globale a cura dell’uomo che mette sempre e solo l’uomo al centro. Siamo di fronte ad un antropocentrismo che trova nella tecnologia la possibilità di esplodere. Col paradosso che la tecnocrazia sarà anche lo strumento per superare la crisi che la stessa tecnocrazia ha prodotto. Non si tratta di tornare al pauperismo, si tratta di ritrovare un senso del limite. E insegnarlo ai ragazzi. Insegnare loro l’idea della meraviglia e della bellezza che si sta perdendo. Perché se noi riduciamo tutto a merce, tutto a oggetto d’uso non ci sarà più l’idea della gratuità. Non ci sarà più il diritto della natura, che non è un diritto umano, perché la natura deve esistere anche in quanto tale.
Cosa stiamo perdendo
È accaduta una cosa imponderabile: il regno dei manufatti ha sorpassato il peso complessivo degli organismi creati, della natura. Al computo dei regni esistenti si è aggiunto il regno artificiale. La maggior parte di questo regno si è costituita dall’inizio del XX secolo, cioè negli ultimi cento anni: a inizio secolo era il 3% dei regni naturali viventi (animale e vegetale).
Dall’inizio del Novecento, abbiamo più che dimezzato il numero di animali che popolavano il pianeta. Oltre 28mila specie animali e vegetali - il 25% dei mammiferi, il 14% degli uccelli, il 40% degli anfibi, il 34% delle conifere, il 33% delle barriere coralline - sono a rischio di estinzione.
Secondo uno studio sulla distribuzione della biomassa complessiva sulla terra calcolata in gigatonnellate di carbonio, il 70% di tutti gli uccelli del pianeta è ormai rappresentato dal pollame. Il 60% dei mammiferi è rappresentato dal bestiame - parola che già nel suo etimo contiene la riduzione a pluralità indistinta di corpi asserviti, nominati come bovini, suini, ovini, caprini, equini.
Ciò che resta della biomassa dei mammiferi è formato per il 36% dagli esseri umani e solo per il 4% dagli animali selvatici (dagli elefanti alle tigri, dai castori alle balene).
E non finisce qui…
Papa Francesco ha scritto nell’enciclica: «ogni anno scompaiono migliaia di specie vegetali e animali che non potremo più conoscere, che i nostri figli non potranno vedere, perse per sempre». C’è il senso di una ineluttabilità che lascia annichiliti. Nel 2018 è morto l’ultimo rinoceronte bianco maschio rimasto al mondo. Si chiamava Sudan, aveva 45 anni e viveva in una riserva in Kenya. Al mondo adesso restano solo due esemplari femmina. La possibilità di preservare la specie passa dalla riuscita della fertilizzazione in vitro.
Secondo il Global Assessment Report on Biodiversity and Ecosystem Services dell’IPBES, almeno un milione di specie viventi sono in via di estinzione, su una stima delle specie esistenti di circa 8 milioni.
Sono le cifre di uno sterminio.
Per non pensare poi all’inquinamento. Una gran parte del regno artificiale è composta di rifiuti. Esistono intere isole galleggianti negli oceani fatte dalla plastica raccolte dalla corrente: mettendole insieme viene fuori quasi un continente. Nell’oceano Pacifico c’è un’isola di plastica grande tre volte la Francia.
Tutto questo va portato nelle scuole
Perché l’educazione e la formazione si declinano anche in testimonianza. E l’insegnamento del senso del limite, specie nei confronti della natura, pone anche i ragazzi nella condizione di non rimanere intrappolati in gerarchie del disprezzo che, se ci pensiamo, sono poi all’origine del razzismo. La scuola ha il compito di evitare che questo accada. E deve restituire anche l’idea della cura, della casa. Perché nel momento in cui iniziamo a capire che il mondo è anche una nostra responsabilità, iniziamo ad agire anche nel nostro piccolo in modo responsabile e a pretendere che tutti lo facciano. Possiamo insegnare ai ragazzi a non arrendersi. A guardare avanti. Se diamo anche solo uno sguardo all’Unione Europea e al diritto europeo capiremmo che oltre al Green Deal ci sono direttive che sarebbe importante accogliere. Dal 3 luglio è entrata in vigore la direttiva europea plastic free, il provvedimento che mira a ridurre il consumo di plastica monouso e a limitare la sua dispersione nell'ambiente e negli oceani. Ma l’Italia ha subito protestato. Da poco è stata votata praticamente all’unanimità dal parlamento europeo una risoluzione contro l’allevamento in gabbia: una battaglia storica, di cui quasi nessuno parla. Bisogna parlarne. Bisogna sensibilizzare.
Il corso
E siamo arrivati quindi al corso.
Costituito da 18 video lezioni strutturate su 2 temi principali, un primo blocco sull’intreccio della crisi climatica, ambientale e pandemica, un secondo blocco sulla cultura dello scarto: un’idea di scarto ampia che va dallo scarto del nostro consumo, allo scarto della produzione industriale fino anche gli scarti della società, il processo che porta a ridurre a spazzatura una parte degli esseri umani.
Il fil rouge, anzi, il cerchio è l’ecologia integrale, che altro non è che un invito a una visione integrale della vita, a partire dalla convinzione che tutto nel mondo è connesso e che, come ci ha ricordato la pandemia, siamo interdipendenti gli uni dagli altri, e anche dipendenti dalla nostra madre terra. Nel momento in cui capiamo che tutto è un cerchio e quindi che ogni nostra azione ha una conseguenza, probabilmente faremo qualcosa per cambiare le nostre azioni. E uscire dai cerchi distruttivi che stanno distruggendo il nostro Pianeta. E che “niente di questo mondo ci risulta indifferente”(LS2).
Come fare per partecipare al corso.