Attualità

13 aprile 2022

Philippe Meirieu e le elezioni presidenziali francesi, una sfida al mondo della scuola: rabbia, collera, scoraggiamento, ma no alla rassegnazione

Cosa c’entra la scuola, il suo presente e il suo futuro, con le elezioni francesi del 10 aprile 2022?

C’entra eccome, e il caso francese potrebbe applicarsi a tutte (o quasi) le esperienze europee. Ne è consapevole Philippe Meirieu, che la sera stessa del risultato del primo turno delle elezioni presidenziali ha voluto segnalare, con uno scritto su Café pedagogique, la sua rabbia e la sua tristezza. Chi è Philippe Meirieu? È uno studioso che molti pedagogisti conoscono certamente per le sue idee rivoluzionarie sulla didattica, sulla valutazione, sul pensiero divergente. Egli ha lavorato molti anni come docente di scuola media, prima di dirigere scuole e istituzioni universitarie. Per molti è il più grande pedagogista europeo vivente. Negli anni ’90 teorizzava già la scuola di oggi e del futuro. Meirieu coniuga la vita dell’aula alle grandi teorie pedagogiche e ci illumina con teorie ed esempi concreti di percorsi, strategie e lezioni. Citiamo qui alcune sue opere: Una scuola per l'emancipazione. Libera dalle nostalgie dei vecchi metodi e da suggestioni alla moda, Armando Editore 2020; Fare la scuola, fare scuola. Democrazia e pedagogia, Franco Angeli 2015; I compiti a casa. Genitori, figli, insegnanti: a ciascuno il suo ruolo, Feltrinelli 2015.

“Come non essere profondamente tristi questa sera?”, si chiede dunque Meirieu. E prosegue: “Il secondo turno delle elezioni presidenziali vedrà di fronte Emmanuel Macron e Marine Le Pen. Il primo, con il suo ministro dell’istruzione, ha profondamente distrutto la scuola fin dal 2017; lo ha ribadito in questi ultimi giorni manifestando la volontà di bombardare il servizio pubblico mettendo sistematicamente in concorrenza persone e istituiti. La seconda incarna il contrario del progetto di scuola della Repubblica: l’esclusione contro l’educazione, la vittoria del sé contro l’apertura all’alterità, la fascinazione dell’autoritarismo contro la formazione alla democrazia, la xenofobia contro la fraternità”. Insomma, si chiede ancora il grande pedagogista: “Come ci siamo arrivati? Come non essere in collera vedendo che i difensori del servizio pubblico dell’educazione non sono riusciti a farsi intendere per costruire una narrazione alternativa? Com’è stato possibile lasciare che il dibattito pubblico ignorasse perfino largamente lo stato delle cose sull’istruzione e si lasciasse abbindolare dalle proposte più demagogiche per opporre insegnanti a genitori?”.

Non siamo riusciti a farci capire, scrive il pedagogista, e per coloro che lavorano ogni giorno per più emancipazione e più solidarietà nelle scuole “il secondo turno delle elezioni presidenziali costituisce una prova, e a ben guardare la prova di uno scacco”. Qual è dunque l’analisi che Philippe Meirieu propone? Scrive: “Non abbiamo saputo dire ai nostri concittadini fino a qual punto la politica di Jean-Michel Blanquer”, ministro macroniano dell’Istruzione, “è stata una catastrofe per il futuro dei ragazzi e del nostro Paese: riducendo gli apprendimenti ad automatismi, lasciando crescere terribili ineguaglianze nel sistema scolastico, caporalizzando il personale…”. E con una punta di autocritica prosegue: “abbiamo permesso che si instillasse la peste dell’identitarismo, delle logiche da capro espiatorio e di un crescendo di odio”.  Certo, avverte il pedagogista, “gli insegnanti non sono gli unici responsabili della destrizzazione alla quale assistiamo. I media, soprattutto, sono responsabili del crescendo populista, lo sono i finanzieri che speculano sulla demagogia, gli errori passati di una sinistra paralizzata dai baronati… hanno tutti contribuito a modellare quel che stiamo vivendo”.

Quale soluzione dare a questa collera? Come mettersi all’opera, dunque? “Gli insegnanti hanno sempre giocato un ruolo storico nella storia della Repubblica”, scrive. “E per l’immensa maggioranza si sentono esclusi dal secondo turno delle elezioni presidenziali. Certo, alcuni non disperano: sanno che nel registro dell’umano, nulla si gioca mai in modo definitivo; sperimentano nel quotidiano che, per ognuna e ognuno, resta sempre qualche possibilità. E allora ci dicono che occorre ricostruire le forze e rimettersi all’opera”. Per Philippe Meirieu, “oggi gli insegnanti hanno un profondo sentimento delle loro responsabilità: la loro delusione non minerà affatto la loro determinazione. Non è una questione di simmetrie, per loro, sarà difficile scegliere tra un avversario politico che hanno combattuto lealmente e il rischio di una estrema destra il cui progetto è chiaramente contrario ai valori di libertà, uguaglianza, e fraternità iscritti sui portoni delle scuole”, e che derivano dalla straordinaria tradizione illuministica francese. Il grande pedagogista conclude con un appello al voto “costretto”, più che utile, per Macron, non senza naturalmente citare una ferita lancinante al suo stato d’animo e alla sua mente per la decisione rispetto al male minore, pur sapendo che qualora riconfermato, “il suo quinquennio sarà molto duro da combattere”. Per questa ragione egli esorta la “costruzione di una grande alleanza con i genitori, con i movimenti per l’’educazione popolare, le comunità territoriali. La priorità dell’istruzione dev’essere guadagnata palmo a palmo contro ogni logica di selezione e dobbiamo far cessare ogni inutile discussione per costruire, con tutte e tutti, un progetto alternativo di emancipazione e solidarietà. Per tutti gli educatori, la tristezza e la collera sono legittimi. Lo scoraggiamento è possibile. Ma la rassegnazione è esclusa”, conclude il grande pedagogista.

L'autore

Pino Salerno