Cultura

08 giugno 2022

Crimini nazisti nella seconda mondiale. Una beffa alle vittime

Il 30 aprile 2022 il Governo ha proposto un Piano nazionale di investimento che, pur avendo come tema la “ripresa” e la “resilienza”, contiene un articolo, il n. 43, con il quale viene annunciata l’istituzione di un fondo atto al “ristoro dei danni subiti dalle vittime di crimini di guerra e contro l’umanità per la lesione di diritti inviolabili della persona, compiuti sul territorio italiano o comunque in danno di cittadini italiani delle forze del Terzo Reich nel periodo tra il 1 settembre 1939 e l’8 maggio 1945”. 

L’articolo in questione riguarda dunque non solo quanti hanno già in corso un contenzioso – su tale materia – con la Germania, ma anche quanti intendono intraprendere analoghe azioni contro quello Stato. A questi ultimi, però, il provvedimento ha posto un obbligo perentorio: avviare apposita causa contro la Germania entro 30 giorni a partire dalla data di emanazione del D.L., ovvero dal 30 aprile. Non rispettando questo termine, gli aventi diritto sarebbero automaticamente esclusi – ipso facto – dalla possibilità di beneficiare del “ristoro” previsto dall’Italia.

Purtroppo di questo provvedimento nessuno ha parlato, e infatti ben pochi hanno potuto accorgersi della sua promulgazione, inserito com’è, e vien da dire di proposito, del tutto fuori contesto rispetto al resto delle disposizioni del Decreto. 

La questione più che di natura monetaria, è di principio. È fin troppo prevedibile che essa contribuirà ad approfondire il solco già esistente che già separa i cittadini dalle Istituzioni repubblicane ma anche i cittadini tra di loro. Pertanto è quanto mai urgente coinvolgere l’opinione pubblica nel suo complesso per chiedere alle Camere di non convertire in legge la norma di cui all’art. 43 del DL n. 36/2022 senza i necessari emendamenti, preceduti da un congruo dibattito a beneficio dei cittadini italiani, che devono essere messi nelle condizioni di interrogarsi su uno dei temi cardine del nostro ordinamento.

Aggiungiamo ancora due considerazioni. 

La prima riguarda la platea interessata al provvedimento. Va ricordato che l’Italia – come si evince da una recente mappatura realizzata per un progetto in cui hanno collaborato alcuni Istituti storici della Resistenza, sezioni Anpi, Associazioni ed Enti locali –, ha conosciuto almeno “5616 episodi di violenza per un totale di 23.720 vittime” (G. Fulvetti, P. Pezzino, a cura di, Zone di guerra, geografie di sangue. L’atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia). A queste cifre, devono poi essere aggiunte quelle riguardanti tutti i soggetti sottoposti a deportazione forzata nei campi nazisti, fenomeno che ha colpito migliaia di concittadini ebrei, politici e militari nel lasso di tempo intercorso tra il 1943 e il 1945. 

La seconda considerazione chiama in causa le vittime e/o i loro familiari, i quali, interessati all’art. 43, nel caso in cui non fossero riusciti a ottemperare agli obblighi imposti entro la data stabilita, potrebbero non beneficiare più delle sia pure modeste somme di denaro predisposte dallo Stato italiano. 

A tale proposito va considerato che solo negli ultimi decenni il nostro Paese ha preso l’impegno di promuovere, d’intesa con la Germania, studi mirati a diffondere la conoscenza del fenomeno della deportazione e delle stragi nazifasciste in Italia. Capitolo, questo, a lungo occultato o rimosso dal dibattito pubblico. Di più: è cosa nota che molti di quei crimini relativi soprattutto alle stragi sono rimasti a tutt’oggi senza colpevoli, a causa dell’occultamento doloso dei relativi fascicoli negli “armadi della vergogna”. Eppure, quegli stessi eventi luttuosi sono oggetto ogni anno di cerimonie pubbliche che, patrocinate dalle Istituzioni ai più alti livelli, hanno l’obiettivo di tramandare la “memoria” dello sterminio e delle persecuzioni subite dal popolo ebraico, dai militari e dai politici italiani, come recita la stessa legge 211 del 20 luglio 2000.

Tali iniziative, che sembravano dimostrare, da parte del Paese, la volontà di fare i conti con la storia più recente, ai fini della costruzione di una memoria il più possibile condivisa, vengono oggi contraddette da un Decreto Legge che impone, in termini di tempo e di risorse, un “limite” a quei “crimini di guerra e contro l’umanità”. Di fatto il Governo, ricorrendo a una procedura che all’apparenza sembrerebbe di carattere burocratico, giudicherebbe quei crimini – con susseguenti risarcimenti – una sorta di avvenimenti “a scadenza” e non, come avevamo creduto, un dato permanente della coscienza morale e civile di un intero Paese. I fondi, per giunta, sono istituiti dall’Italia per risarcire vittime che hanno subito danni da parte delle forze del Terzo Reich: lo Stato ha accettato quindi di sostenere, al posto della Germania, tutto l’onere finanziario dell’operazione senza che ne sia stata data alcuna spiegazione. 

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L'autore

Francesca Baldini

Docente di scuola secondaria di secondo grado

L'autore

Filippo Biolé

Avvocato