Politiche educative

03 marzo 2023

Scuola, Università, Associazioni professionali: il punto sulla valutazione degli apprendimenti

Nel pomeriggio del 1 marzo, l’aula magna del Dipartimento di Scienze della formazione dell’Università Roma Tre ha ospitato l’iniziativa Scuola, Università, Associazioni professionali: il punto sulla valutazione degli apprendimenti. L’evento è stato promosso da Aimc, Cidi, Mce e Proteo Fare Sapere con il duplice intento di fare un resoconto dell’ultimo anno e rilanciare a tutto campo la valutazione formativa nella scuola. 

Questa iniziativa si inserisce nella già delicata fase in cui il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara non manca mai di esprimere posizioni regressive su valutazione, rapporto scuola-genitori, scuola-studenti, formazione dei docenti,... e ha avuto il pregio di fare chiarezza su questi temi e di invitare a una campagna di sensibilizzazione, aperta a tutta la scuola secondaria.

La Direttrice del Dipartimento di Scienze della formazione, Paola Perucchini, ci ha tenuto a inquadrare l’appuntamento all’interno di un più ampio progetto di ricerca-azione nell’ambito della valutazione, che vuole dimostrare come fare un’altra valutazione, formativa e descrittiva, sia non solo possibile ma sia anche da estendere a tutte le scuole. Il passaggio da una valutazione numerica a una descrittiva va inteso come un momento di rottura, soprattutto perché impone un ripensamento radicale delle pratiche didattiche.

Esistono nel panorama del mondo della formazione esperienze virtuose in questo senso. Un esempio, che ha fatto molto discutere, è quello del Liceo Morgagni di Roma, che da sette anni porta avanti una sperimentazione di classi senza voti. Una sperimentazione ambiziosa che non vuole limitarsi a sovvertire l’attuale modello di valutazione ma il sistema scolastico nel suo complesso e tendere alla costruzione di una scuola del benessere. Una valutazione puramente quantitativa e sanzionatoria, infatti, ha spesso come unico risultato il replicarsi quotidiano di un’ansia che rischia di essere devastante per le studentesse e gli studenti. Supportati da professori di psicologia e dell’Università La Sapienza di Roma, un gruppo di docenti del Liceo Morgagni ha messo a punto una prassi innovativa che consta di un assiduo dialogo professori-alunni, con la predilezione per i lavori di gruppo in classe, pochi compiti a casa, per favorire lo sviluppo di capacità organizzative, collaborative, relazionali e autovalutative. La valutazione numerica non è stata abbandonata del tutto: due volte all’anno i voti numerici hanno sintetizzato il percorso svolto fino a quel momento ma sono stati accompagnati da giudizi esplicativi. Costruire un senso di responsabilità in termini di autovalutazione vuol dire anche abbracciare una didattica diversa, che necessita di essere riorganizzata. E se la didattica viene ripensata è perché si parte dall’assunto che la classe sia un luogo anzitutto utile, che deve essere aperto e attivo ai fini della costruzione del sapere. Le discipline devono essere riconsiderate alla luce del raggiungimento di obiettivi trasversali, che poco hanno a che fare con il mero nozionismo e molto, al contrario, con la formazione di cittadine e cittadini e di un solido senso di comunità. Forse è proprio questo l’aspetto sfuggito alla stampa che si è soffermata sul caso Morgagni: il ripensamento della valutazione è secondario rispetto all’esigenza del ripensamento della didattica e del fare scuola.

Le studentesse e gli studenti non sono gli unici beneficiari della valutazione descrittiva. Al di là del riconosciuto impatto positivo sugli apprendimenti, anche i docenti sono chiamati a mettersi in gioco, ponendosi domande e sostanziando con gli alunni e le famiglie una relazione virtuosa di tipo dialogico. 

Un tema interessante, affrontato dal Professore Raffaele Iosa nel corso dell’iniziativa, è stata la correlazione tra la disabilità e la valutazione. Negli ultimi vent’anni, sempre più bambini in età scolare vengono classificati come disabili all’apprendimento e questo “patologizzare” un basso rendimento scolastico ha spesso l’effetto negativo di indurre i genitori e gli insegnanti ad abbassare le aspettative, con il risultato di compromettere ulteriormente la motivazione del bambino. Il dilagare della medicalizzazione e l’approccio separativo che ne consegue sono dilemmi molto seri per la valutazione. Si dovrebbe operare avendo sempre a mente che la bontà di un sistema educativo la si legge rispetto alla capacità di reale inclusione di chi fa più fatica.

Al termine del pomeriggio, si è tenuta la tavola rotonda “Cercando d’esser franco all’altro come al sé”. Culture della valutazione e relazione educativa, moderata da Carla Gueli (Università Roma Tre) e con Giuseppe Desideri (AIMC), Valentina Chinnici (CIDI), Davide Tamagnini (MCE) e Monica Fontana (Proteo Fare Sapere). Si è trattato di un momento di confronto vivace in cui sono stati posti temi centrali alla riflessione comune in materia di valutazione e di cultura della valutazione. Si è fatto più volte riferimento all’esperienza del Liceo Morgagni, la cui idea di valutazione testimonia non più una scelta solipsistica dell’insegnante ma una scelta collegiale, professionale e trasformativa. I tempi sono maturi per abbandonare l’ottica burocratica e sanzionatoria e per abbracciare una valutazione mite, franca e rispettosa. Al giorno d’oggi, un problema da porci con urgenza riguarda la valutazione degli alunni stranieri che va considerato alla luce della grave discrasia tra i documenti ministeriali in materia e cosa avviene nelle scuole che ancora non hanno orientato adeguatamente la loro capacità educativa. Di fronte alla carenza di mediatori linguistici e culturali e all’assenza di protocolli di accoglienza, si è suggerito di prediligere una valutazione interpretativa a partire dai diari e dalle narrazioni autobiografiche degli alunni stranieri. 

Talvolta, le maggiori resistenze a una valutazione inclusiva sono da parte di quei docenti che, intendendo il voto come esercizio di potere e di controllo, rimangono arenati alla loro zona di comfort. Serve, quindi, riportare al centro la dimensione politica dell’educazione e aiutare tutti i soggetti del mondo della formazione a riscoprire il senso e il valore del proprio percorso.

Un’altra urgenza ha a che fare con la selezione e con la formazione dei docenti, ora tutta tarata sul disciplinarismo della scuola secondaria di secondo grado. La formazione ministeriale, calata dall’alto e poco rispettosa dell’autonomia delle scuole, non centra l’obiettivo ed è disincentivante. Nel nostro paese, la valutazione degli apprendimenti e del sistema non fa parte del patrimonio culturale e pedagogico digerito della scuola. E se manca il coraggio di scommettere su una riforma della scuola rimane quanto mai necessario e urgente introdurre la valutazione formativa per tutti gli ordini.

L'autore

Ilaria Iapadre