La rivista

Politiche educative

UN MANIFESTO PER L’AUTONOMIA E LA CORRESPONSABILITÀ EDUCATIVA

Il convegno indetto da FLC CGIL di gennaio 2024[1] ha consentito, anche grazie alla pubblicazione degli atti, di ragionare più distesamente sulla ragione storico-politica degli Organi Collegiali e di ripercorrere attraverso l’analisi dei cinquant’anni intercorsi la storia di un tratto significativo della scuola italiana.

Il Coordinamento Genitori Democratici (da qui CGD), come osservatore appassionato se non “scientifico” di questa storia, non poteva non esserne profondamente coinvolto: Gianni Rodari che ha segnato il nostro DNA e la nostra nascita associativa, con Mario Lodi, Bruno Ciari e altri, pur non sottovalutando i rischi involutivi insiti nella normativa, furono protagonisti di un movimento per la partecipazione attiva negli Organi Collegiali.

Questi appaiono oggi, e forse sono, solo la testimonianza di una stagione di riforme democratiche; spesso sopravvivono in forme burocratiche, svuotate in buona parte del loro spirito originario. Tuttavia, essi racchiudono ancora potenzialità democratiche che non devono essere trascurate, e sarebbe perciò colpevole decretare un loro fallimento senza appello o decretarne il loro anacronismo, consentendone così l’abolizione o peggio una loro torsione antidemocratica e solo in versione aziendalista e funzionalista.

Certo la fase è molto diversa, lo dimostra, tanto per fare un esempio, una recente intervista sulla stampa alla prof.ssa Perla, che ha guidato la commissione ministeriale per la revisione delle Indicazioni Nazionali, che ha espresso chiaramente cosa si intenda nella politica ministeriale odierna per ascolto-condivisione-confronto concludendo con l’equazione pedagogica studio-coercizione; una fase ,dunque, che vede l’egemonia del neoliberismo e delle forze conservatrici, quando non apertamente reazionarie.

Rilanciare gli Organi Collegiali significa oggi schierarsi apertamente in un campo di battaglia per la democratizzazione della scuola sapendo che (e facciamo nostre le conclusioni che il prof. Baldacci portava al convegno dello scorso anno[2]) questa battaglia si colloca in un quadro politico-sociale problematico che richiede attenzione e cura delle forme di battaglia da adottare.

Aprire il dibattito sulla riforma potrebbe vederci subalterni a un’apertura in senso economicista che inquina gli spazi della democrazia scolastica o aprire a “consigli di amministrazione” con improbabili stakeholders come peraltro la riforma degli istituti tecnici induce a pensare.

Una determinazione attenta e ponderata delle strategie per rilanciare la partecipazione alla gestione scolastica non ci deve però impedire di riaffermare con forza il quadro dei valori etico-politici entro cui si collocava tale partecipazione. I valori sono quelli democratici, ché la partecipazione era originariamente pensata da realizzare nella concreta vita scolastica. Valori che sono inscritti nella Costituzione, che rappresenta il nostro riferimento ideale. Valori che non dobbiamo stancarci di ribadire con forza e di promuovere con decisione.

È questo il senso e la forza del Manifesto che qui viene lanciato e sottoscritto da tanti: per la scuola della Repubblica, quella dell’art. 3 della nostra Costituzione, la scuola del NON UNO DI MENO, la scuola dell’autonomia.

Avviamo allora un dibattito di massa col coinvolgimento di tutte le componenti.

Per vezzo antico dell’associazione mi piace rappresentare quanto emerso dal dibattito interno con i nostri associati e riportarlo con le loro parole: «Occorre, oggi più che mai, ritenere fondamentale questo istituto ma occorre apportare indispensabili rafforzamenti di partecipazione democratica.

Appare anche imprescindibile sottolineare che nessuno degli ambiti, che riguardano le autonomie scolastiche nel loro insieme, può essere affrontato in modo scollegato dagli altri.

Governance, Organi Collegiali, rapporti istituzionali, finanziamenti, rapporto pubblico/privato, valutazione di sistema, fanno parte tutti di un unico sistema macro. È necessario e urgente modernizzare e rendere reale ed efficace il percorso incompiuto dell’autonomia scolastica, attraverso una partecipazione condivisa e paritetica di tutte le sue componenti, in tutte le necessarie declinazioni.

Nell’affrontare il tema del potenziamento della partecipazione dei genitori occorre fare attenzione a non cedere alla tentazione di aprire a un loro coinvolgimento senza regole nella vita delle scuole (il post covid ha introdotto modalità nuove di partecipazione, ma non sempre esse hanno lasciato traccia); ciò può apparire come un’apertura notevole ma rischia, al contrario, di diventare una limitazione di fatto della democrazia rappresentativa nelle scuole.

Si afferma questo senza nulla togliere all’importanza del volontariato, ma si è consapevoli che esso non può sostituire la “rappresentanza elettiva” che può e deve fare gli interessi dell’intera collettività.

Occorre far percepire l’importanza di questo strumento potenziandone i livelli partecipativi e collegandolo più strettamente alla vita del territorio.

Le leggi che hanno riguardato il comparto scolastico negli ultimi decenni rendono indispensabile rafforzare i livelli rappresentativi di genitori e studenti, mettendoli in comunicazione tra loro e con i territori di appartenenza, affinché in quei tavoli, in cui le istanze possono essere discusse ed è possibile incidere fattivamente sulla vita della scuola, si possa arrivare a una valutazione ampia, di rete, condivisa democraticamente e forte di un’elaborazione complessa.

Dunque non si tratta di ridurre il numero degli istituti interni agli Organi Collegiali ma, casomai, di renderli normativamente istituiti e più efficaci.

All’interno delle scuole questo aspetto riguarda sicuramente i Comitati Genitori, che devono essere obbligatori e avere il loro naturale avvio, la relativa dignità e peso decisionale all’indomani dell’elezione dei rappresentanti di classe.

Il potenziamento e il collegamento tra il comitato genitori e la rappresentanza dei genitori nei Consigli di istituto che ne deriverebbe renderebbe molto più efficace l’azione della componente genitoriale.

Risulta quindi indispensabile procedere alla ricostituzione dei distretti territoriali e provinciali; il D.lgs 233/1999 infatti li ha aboliti istituendo solo il livello regionale. Gli Organi Collegiali territoriali devono interfacciarsi col territorio, le sue istituzioni, il terzo settore, e essere in grado di guidare e controllare i processi di integrazione tra scuola e territorio.

Se si immagina la scuola come elemento centrale di un territorio, e a essa si legano e si collegano percorsi pedagogici, didattici, culturali, organizzativi per gli studenti e per i cittadini che lì vivono, non si può scindere la questione della governance da quella della rappresentatività e, più ancora, della corresponsabilità educativa tra tutte le componenti.

Il monitoraggio naturale di un percorso partecipato e trasparente così delineato, non può che avere il suo naturale riscontro nel bilancio sociale, istituto da sempre auspicato.

La vera natura della corresponsabilità educativa si delinea con chiarezza esaminando vari elementi: 

  • il parere dei genitori nella stesura del PTOF,
  • l’azione collettiva delle componenti scolastiche nel loro insieme, dirimente nella scelta dell’indirizzo di politica scolastica e dei partner istituzionali e non,
  • il sostegno forte al concetto di pubblico e di Stato indispensabile per garantire pari opportunità a tutti.

Ai genitori e agli insegnanti spetta prendere in considerazione il fatto che la scuola va diventando sempre più, anche sotto l’aspetto dello spazio fisico e della organizzazione interna, un luogo in cui non sono attivati soltanto processi di trasmissione culturale ma anche di educazione, relazionalità, di formazione in senso ampio. Il fenomeno delle classi sovraffollate, la carenza di laboratori e spazi comuni di studio, confronto, sperimentazione, il dimensionamento scolastico che riduce il personale docente, la dirigenza, compromettendo la governance della scuola, sono tutti elementi di criticità che rischiano di avere una ricaduta negativa anche sul ruolo della scuola.

Vanno esaltati i valori della libertà, dell’uguaglianza, della pari dignità, del bene comune, della solidarietà, della partecipazione. Pensiamo anche a quanto la scuola sia diventata un centro di multiculturalità e quanto sia importante un confronto con culture “altre” per la ricerca di valori comuni. Appare pertanto assolutamente incomprensibile la chiusura verso il giusto riconoscimento della cittadinanza a quelle bambine e bambini, figlie/i di immigrati, che sono nati nel nostro Paese e/o frequentano le nostre scuole, integrati perfettamente.

Né possiamo sottrarci a una lettura dei processi di trasformazione delle famiglie, processi inarrestabili e ineluttabili, per capire il contesto in cui si inserisce ogni tipo di rapporto sociale».

Che questo sia l’avvio di un grande dibattito democratico.


[2] Si rimanda allo SPECIALE di Articolo 33 dedicato al convegno citato, dedicato ai cinquant’anni degli Organi Collegiali https://www.articolotrentatre.it/rivista/ottobre-2024

L'autore

Angela Nava

Presidente nazionale CGD (Coordinamento Genitori Democratici)