La rivista

Attualità

Ponte sullo Stretto: mega opera o sogno impossibile?

Ponte sullo Stretto: una delle opere più discusse di sempre. L’idea è secolare ma solo negli anni ’80 è stata ripresa seriamente dal Governo e da allora ha già richiesto una spesa di milioni e milioni di euro per studi di fattibilità e progettazione. La legge di bilancio 2025 appena approvata aggiunge un miliardo e mezzo al finanziamento e chiude ufficialmente la copertura finanziaria totale dell’opera a 13,5 miliardi di euro. Un costo esorbitante. Il Ponte adesso si può fare. Sarebbe il ponte sospeso più lungo al mondo: con una campata unica di circa 3.300 metri, una lunghezza totale superiore ai 3,5 chilometri, una larghezza di 60 metri in grado di accogliere sei corsie stradali e due binari ferroviari, sorretto da torri alte 400 metri, garantirebbe il transito di seimila veicoli ogni ora e di 200 treni al giorno. Non quindi un’opera qualunque, non come una di quelle opere che si realizzano ogni giorno nel mondo ma un’impresa mastodontica che non tiene conto di tante, troppe cose: il rapporto costi/benefici, l’impatto ambientale, il rischio geologico, le alternative più sostenibili.

Ne parliamo con Gianfranco Viesti, economista e docente universitario.

Destinare tutti questi soldi pubblici a un’opera come il ponte sullo stretto non è una buona idea, lo ha dichiarato proprio lei recentemente. Un’opera mai costruita, un ponte che si innalzerebbe su un territorio ad alto rischio sismico, in una zona soggetta a forti correnti e venti, l’INGV ha dichiarato più volte di non aver mai emesso un parere sulla sua fattibilità. Secondo lei è stato fatto davvero un rapporto costi/pericoli/benefici?

Direi di no. Le stesse raccomandazioni espresse sul progetto presentato sono molto importanti. Non sono un ingegnere e quindi non posso avanzare nessuna competenza tecnica sul Ponte, tuttavia mi pare di capire che il progetto definitivo che attesti la fattibilità del ponte, cioè la possibilità che possa realmente essere costruito e che possa funzionare regolarmente, ancora non ci sia. Considerato che la sua realizzazione comprende una grandissima quantità di soldi e di lavori sul territorio, sia in Sicilia che in Calabria, di adduzione al ponte, il rischio è che quello di spendere un sacco di soldi per queste opere e poi rendersi conto che per motivi tecnici il Ponte non sia fattibile. Ma c’è un altro rischio, non meno importante e coinvolge l’aspetto contrattuale e amministrativo, ossia la circostanza che quello che si sta facendo consentirà alle imprese appaltatrici di avere grandi benefici economici ed un incasso certo anche nella possibilità che poi alla fine il Ponte non si faccia. Quindi io credo che prima di realizzare un’opera di questo tipo occorre essere matematicamente certi della sua fattibilità. Dagli esperti sappiamo che ci sono tutta una serie di problemi rispetto ai quali non è che per principio non si possa far nulla, perché le sfide dell’ingegneria si possono anche affrontare e superare, ma il buon senso e il principio di un buon uso dei soldi pubblici consiglia quantomeno di essere assolutamente certi della fattibilità del Ponte prima di iniziare qualsiasi lavoro propedeutico.

Un altro dei punti fondamentali: “il Ponte migliorerà la mobilità, sia tra le due Regioni che da e verso il Nord”, così si dice. Ma noi sappiamo già che probabilmente, addirittura, la peggiorerà…

Per costruire il Ponte si useranno delle risorse che sarebbe meglio destinare all’intero sistema ferroviario e per certi versi anche stradale della Calabria e della Sicilia: ecco, questo sicuramente non consentirà di migliorare la mobilità all’interno di queste due Regioni. Questo progetto è a mio avviso contestabile proprio per questo, perché parte dell’idea che basti intervenire su un punto di una rete di trasporto per migliorare l’intera rete. Non è così. La rete migliora attraverso tutta una serie di interventi che vanno, in questo caso, da Trapani ad Agrigento fino a Cosenza altrimenti l’utilizzo ferroviario e stradale del Ponte sarà molto limitato dallo stato delle infrastrutture attualmente insistente.

A proposito di questo, Matteo Salvini è stato al centro di numerose polemiche nei giorni scorsi per i malfunzionamenti alle reti ferroviarie, i disservizi e i ritardi, invitando i cittadini a “evitare di prendere i treni”. Come ministro dei trasporti sta sottraendo miliardi di risorse alle manutenzioni destinando tutti questi soldi al cantiere per il Ponte.

Il Ponte è parzialmente finanziato con risorse del fondo sviluppo e coesione destinante alle infrastrutture di trasporto e quindi impedisce la realizzazione di altre infrastrutture di trasporto. Inoltre costruire un ponte ferroviario non basta a dire che ci passeranno sicuramente dei treni sopra e al momento non c’è nessuna evidenza che ci dica quali e quanti treni passeranno realmente dal Ponte. Inoltre per lo stato attuale della rete ferroviaria, l’impatto positivo si avrebbe probabilmente solo sull’area di Catania, mentre sul resto della Sicilia e sulla Calabria ionica l’impatto sarebbe pressoché nullo.

La legge di bilancio taglia i fondi alla transizione ecologica, al Green Deal, alla conversione ma finanzia un ponte il cui impatto ambientale è potenzialmente devastante. Ci sono alternative più sostenibili agli attuali traghetti e al Ponte stesso?

La costruzione del Ponte potrebbe avere senz’altro un impatto ambientale molto forte nelle aree dove vengono realizzati i piloni e le opere di adduzione, ma d’altra parte nessuna opera è a impatto zero. Le alternative possibili vanno considerate e non è affatto detto che per attraversare lo stretto sia necessario farci un ponte sopra. Le alternative più sostenibili agli attuali mezzi di trasporto ci sono, e sono i traghetti alimentati a carburante alternativo e non a combustione, traghetti più grandi sui quali possono salire i treni direttamente senza sganciare i convogli; nel PNRR erano previste delle risorse per l’ammodernamento dei mezzi di trasposto nello stretto. Si può senza dubbio ricavare molto dall’efficientamento dell’imbarco, utilizzando cioè tecnologie moderne e sistemi digitali per consentire alle auto di traghettare con attese ridotte al minimo rispetto ai tempi odierni e ai treni di avere un sistema combinato ferro mare con strutture di interscambio che consentano loro di ridurre i tempi attuali di attraversamento. E anche un servizio migliore di coincidenze e attese, come si fa in qualsiasi parte del mondo.

Abbiamo già detto tante cose: il Ponte non solo non migliorerebbe la mobilità, potrebbe non essere sostenibile da un punto di vista ambientale e… potrebbe non migliorare nemmeno le economie del Sud. Federlogistica ha fatto presente che il Ponte potrebbe diventare un muro al transito delle navi da crociera ma anche alle navi impegnate nel trasporto merci e container costrette teoricamente, una volta costruito il ponte, a circumnavigare tutta la Sicilia anche solo per raggiungere Messina o Catania partendo da Napoli. Una scelta che potrebbero semplicemente non fare. E questo danneggerebbe non poco le economie delle due Regioni.

Si, c’è un evidente problema delle altezze, un problema destinato ad aumentare tra l’altro perché l’innovazione tecnologica nel trasporto marittimo tende a privilegiare navi sempre più grandi e sempre più alte. Ci possono essere problemi soprattutto per Gioia Tauro legati all’altezza del Ponte e alla transitabilità sotto al Ponte. È uno dei tanti temi da tenere in considerazione.

Qualora il Ponte si facesse davvero, visto il pesante indebitamento pubblico dell’Italia, come si può garantire la sostenibilità finanziaria di un progetto così costoso?

Questo vale per tutte le grandi opere, specie per quelle di trasporto. E le grandi opere di trasporto si fanno per stimolare l’economia ovunque, non solo dove l’economia è già forte, quindi non accetto le obiezioni di chi, ad esempio, afferma che dato che il Ponte si farà in due regioni deboli avrà sicuramente un impatto economico debole. C’è poi, come dicevo, il reale rischio che per questo Ponte si comincino i lavori e non si finiscano mai, che rimanga un cantiere aperto. Le implicazioni sociali, economiche di questo fallimento sarebbero catastrofiche. Il nostro Paese è pieno di cantieri aperti e mai completati: ci sono tanti cantieri che possono essere completati, ma questo rischia di essere non completabile. Nel frattempo però si sarebbero distrutti due territori di pregio, un sito unico al mondo. A mio avviso la vera questione non è Ponte si Ponte no, ma quale sia il modo più opportuno di spendere 15 miliardi a vantaggio della Sicilia, della Calabria, e quindi dell’intero Paese e quello che penso è che, prima di fare il Ponte, vadano fatte altre opere in quei territori.

Si parla di questo Ponte come un simbolo di connessione culturale e sociale. Si spendono così tanti soldi per unire due regioni e poi si va avanti con la legge per l’autonomia differenziata che tra gli altri danni andrebbe a infliggere duri colpi proprio alle politiche industriali, ambientali, del trasporto soprattutto del Mezzogiorno, dividendo a tutti gli effetti l’Italia… non è un controsenso?

Dal punto di vista strettamente politico è un progetto senza senso, un progetto bandiera di un esponente politico che è il principale nemico dello sviluppo del Mezzogiorno, quindi è chiaramente un feticcio che nasconde una iniziativa politica costante da parte della Lega che è contraria agli interessi del Mezzogiorno. In sé la questione delle grandi opere simbolo ha il suo interesse, la storia del nostro Paese è stata segnata da alcune opere (si pensi all’Autostrada del Sole) che non solo ne hanno cambiato il suo funzionamento ma sono diventati un simbolo di una parte del Paese. Il punto è che questa argomentazione non è coerente con chi la sostiene, cioè qualcuno che non agisce per gli interessi del Mezzogiorno e che, anzi, in qualsiasi sede e in qualsiasi questione di dibattito parlamentare si è mostrato sempre contro gli interessi del Sud.

Un vero controsenso.

L'autore

Elisa Spadaro