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Cinquant'anno dopo, Brescia per la scuola antifascista

«L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento». L’articolo 33 della Costituzione Italiana, che non caso è anche il nome di questa rivista, enuncia un principio che garantisce l'indipendenza della scuola da ogni forma di condizionamento politico, religioso o ideologico, promuovendo una cultura del pensiero critico e della libertà intellettuale. Ancora, l’articolo 34 sottolinea che «La scuola è aperta a tutti» e che «L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita». Tutti i cittadini, cioè, sono uguali e tutti hanno uguale diritto all’istruzione anche indipendentemente dalla loro condizione economica o sociale.

La Costituzione Italiana entra in vigore il 1° gennaio 1948. Figlia della resistenza che ha liberato il Paese dall’occupazione nazifascista, antifascista lo è nell’anima. E lo è non solo perché vieta espressamente (e precisamente nella dodicesima disposizione finale) di ricostituire il partito fascista; nemmeno perché tutte le forze che contribuirono a scriverne il testo, anche la destra democratica, avevano una memoria condivisa, cioè sapevano che venivano dalla lotta al fascismo e non c’era bisogno di ribadirlo o ricordarlo a qualcuno: si era antifascisti per natura e nelle varietà delle posizioni politiche. Ma lo è anche e soprattutto perché proclama una serie di diritti fondamentali inviolabili, come la libertà di voto, il pluralismo dei partiti, un sistema di divisione e bilanciamento dei poteri dello Stato, tutti elementi che contrastano con l’idea che era stata del fascismo di partito unico, di stato gerarchico, di assenza di elezioni e pluralismo. L’antifascismo nella Costituzione, che ne dica  oggi la seconda carica dello Stato, è radicato nella struttura stessa del suo testo: nelle garanzie sulla libertà personale, nella libertà di associazione, nel divieto di creazione di gruppi paramilitari con scopo politico, oltre che nel già citato divieto di ricostituire il partito fascista. Durante la stesura della Costituzione, i padri costituenti mostrarono una notevole lungimiranza. La Costituzione cioè, come affermò Piero Calamandrei, giurista e deputato dell’Assemblea costituente, doveva essere «presbite e non miope» ovvero capace di vedere lontano e durare cento, duecento anni senza mai diventare obsoleta. È questo il motivo per cui, invece di enfatizzare esplicitamente l'antifascismo, i padri costituenti optarono per esprimere tale principio e l'antitotalitarismo attraverso principi universali e concreti nella Costituzione. Perché potessero durare per sempre.

Ma cosa c’entra questo con l’articolo 33 e la scuola?

Tutto.

Perché anche la scuola è antifascista nell’anima. Direi ancora, la scuola è antifascista per Costituzione. La scuola, infatti, secondo la visione costituzionale, deve essere un luogo di formazione civica, dove i giovani imparano a diventare cittadini consapevoli e responsabili. Questo obiettivo si realizza attraverso un curriculum che promuove valori che sono in diretta opposizione a quelli del fascismo: il pensiero critico, la libertà, l'uguaglianza, i diritti umani, la partecipazione democratica, la solidarietà e il rispetto reciproco. Questi principi sono fondamentali non solo per lo sviluppo personale degli studenti, ma anche per la costruzione di una società giusta e democratica. La missione educativa non può essere separata dall'impegno per la difesa e la promozione di questi valori, rendendo l'educazione un baluardo contro qualsiasi forma di autoritarismo e intolleranza.

E cosa c’entra questo con la strage di Piazza della Loggia?

Di nuovo, tutto.

Il 28 maggio 1974 quella bomba che esplode a Brescia, durante una manifestazione contro il terrorismo neofascista indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista, uccide otto persone e ne ferisce più di cento. Cinque delle vittime erano insegnanti iscritti all’allora CGIL Scuola. Alberto Trebeschi, Clementina Calzari Trebeschi, Giulietta Banzi Bazoli, Livia Bottardi Milani, Luigi Pinto. Quella bomba cerca di chiudere la bocca proprio a quei cittadini consapevoli e responsabili, scesi in piazza per manifestare sì il loro dissenso ma anche per fare valere i diritti di tutti. Cittadini consapevoli, insegnanti, militanti, operai, pensionati, persone che hanno scelto di essere lì e non potevano essere che lì, in quel tragico momento storico che vedeva il Paese scosso dall’avanzata del terrorismo nero, perché essere lì era naturale. Era giusto. Per la società giusta e democratica, per la scuola di tutti, per un Paese di tutti. Quest’anno ricorre il cinquantenario di quella strage la cui ferita sanguina ancora, perché al governo del Paese in questo momento si trovano le forze che non hanno mai tagliato i loro legami con coloro che quella bomba, cinquant’anni fa, l’hanno messa. Forze che vogliono riportare il Paese indietro ad allora. Per l’occasione la FLC CGIL non ha semplicemente celebrato questo anniversario, ma ha scelto di convocare in quegli stessi luoghi le assemblee generali, nazionale, della Lombardia e di Brescia: nella giornata del 27 maggio ha organizzato un incontro cui hanno partecipato studiosi, giornalisti, studenti ed esponenti del mondo sindacale nazionale e cittadino, non soltanto per riflettere sull’evento storico in sé, ma anche per interrogarsi sul ruolo della scuola pubblica oggi come presidio antifascista.

È stata una giornata molto emozionante, non si può negare. E non solo per il video profondamente toccante proiettato in apertura, o per la presenza dei parenti delle vittime, o per l’intervento accorato di tutti i partecipanti. Nemmeno per l’emozione nella voce e negli sguardi degli studenti che sono stati premiati per i loro lavoro, o per la preziosa mostra foto documentale Non potevano essere che lì e la toccante dichiarazione antifascista votata all’unanimità da tutta l’assemblea. È stata una giornata molto emozionante perché si respirava forte il senso di essere lì, la scelta di essere lì, e il legame profondo che in qualche modo ci univa tutti alle vittime di quella strage. Il senso di appartenenza, di fede, di onore e voglia di fare, di esserci. Ed esserci “oltre l’odio”, come ricorda sempre e lo fa anche in quest’occasione Manlio Milani, sopravvissuto alla strage, presidente dell'associazione familiari dei caduti di piazza Loggia, e tra i fondatori della Casa della Memoria. Esserci per dovere di memoria e giustizia, mai vendetta, perché quella bomba che ha colpito tutti non porti altra violenza ma alle responsabilità dell’oggi.

Desidero soffermarmi un momento sulla testimonianza portata dagli studenti perché quello che hanno fatto e che fanno tutti giorni è davvero importante. In previsione dell’assemblea, FLC CGIL e Proteo Fare Sapere hanno indetto il concorso “Verso il 28 maggio”, iniziativa che ha voluto raccogliere il contributo educativo, culturale e civile che le scuole che in questi anni hanno espresso ricordando la strage, attraverso la realizzazione di materiali informativi, poesie, video. Tutte le scuole che hanno partecipato hanno ricevuto una menzione e le tre prescelte per la particolare significatività dei materiali prodotti (Istituto Comprensivo Ic Nord 1 - Brescia, Plesso 28 maggio / Istituto Comprensivo Botticino - Brescia, / Liceo delle Scienze Umane “F. De André” - Brescia) sono state invitate all’iniziativa. Lo straordinario lavoro svolto, coordinato dall’impegno degli ottimi docenti che hanno seguito i ragazzi, ha apportato un significativo valore all’assemblea, ricordando, ancora una volta, che la scuola può fare davvero la differenza e che i ragazzi possono davvero brillare come un faro anche nella notte così estremamente scura. In quelle ore abbiamo avuto la possibilità di visitare una di queste realtà, la scuola “28 Maggio”, in cui bambini e docenti hanno allestito un museo sulla strage. Un museo permanente, dove non soltanto ogni cosa è fatta e curata dai ragazzi nei minimi dettagli, ma dove loro fanno da guida (e sono molto più preparati di tanti politici), portandoci per mano nel viaggio della memoria, con il loro microfono e la loro emozione d’esserci. «I nostri bambini sono una ricchezza» ci ha detto la dirigente in occasione della visita, «e questo luogo, aperto a tutti, di cui loro sono i custodi, è un tesoro per tutta la città». E vi assicuro che è davvero così.

È stato molto importante essere a Brescia, in quest’occasione. Oggi che non c’è più bisogno di bombe perché ben altri e più sottili sono i mezzi con cui si può chiudere la bocca a qualcuno, impedirgli di pensare e diffondere le sue idee. Oggi che come cinquant’anni fa si vuole imporre un modello di scuola autoritario, selettivo ed esclusivo, una scuola subordinata all’ideologia di chi ci governa, piegata alle logiche di mercato, una scuola competitiva che educa al successo, il cui obiettivo è costruire capitale umano. Una scuola che non garantisce più libertà di insegnamento perché il docente deve essere “neutrale”, una scuola che non tutela, perché se quello stesso docente subisce un’aggressione fascista, non riceve nemmeno una parola di vicinanza, tantomeno di condanna verso gli aggressori. «Alberto Trebeschi, Clementina Calzari Trebeschi, Giulietta Banzi Bazoli, Livia Bottardi Milani, Luigi Pinto erano dei bravi insegnanti, rispondevano a quella pedagogia militante che ha provato a graffiare e modificare la scuola tradizionale» ha detto Gianna Fracassi, segretario generale della FLC CGIL. Rendere vivo quel sacrificio significa portare avanti anche il loro lavoro. La scuola deve continuare a essere, un presidio di democrazia, deve continuare ad essere antifascista per costituzione. Una possibilità deve esistere. Le nuove generazioni vanno educate alla partecipazione, ma spiegando che in quel congegno fragile e imperfetto che è la democrazia risiede l’unico antidoto al pensiero unico, alla censura, alla violenza. E che non bisogna mai aver paura di sostenere le proprie idee con le armi del dialogo e del confronto. Don Milani diceva che scuola non deve servire a formare una classe dirigente, ma una massa cosciente. Virginia Woolf diceva che deve educare le nuove generazioni l’arte di comprendere l’altro, non comandarlo, né sovrastarlo. Come lo traduciamo oggi? Nel concetto della scuola della costituzione. «Una Costituzione antifascista esige una scuola antifascista e un’educazione antifascista ha detto Massimo Baldacci, presidente di Proteo Fare Sapere Nazionale e gli insegnanti ne sono i partigiani. Devono esserlo in quanto partigiani della democrazia. Perché essere partigiani significa parteggiare, schierarsi, prendere posizione».

Il 28 maggio eravamo tutti in piazza. Quella piazza, che cinquant’anni fa all’improvviso fu solo “sangue e vuoto”, era piena di volti commossi e fieri d’esserci. Anche in quella piazza, come allora, tantissimi i giovani. Oltre l’odio, oltre la paura, per ricordare e testimoniare che la conoscenza non si spezza. 

Tutti i video realizzati per il centenario sono disponibili sul canale YouTube di FLC CGIL e su Collettiva.

L'autore

Elisa Spadaro